Gilbert Simondon e l’innesco dell’individuazione dei cristalli

Nel suo libro sull’individuazione, Gilbert Simondon si propone di definire dei modelli di individuazione tratti dal mondo fisico per poi riproporli in ambito psicologico e sociale. L’individuazione puó essere intesa come il processo di formazione dell’individuo, e uno dei tratti che Simondon ne mette in luce é l’esistenza di ció che potremmo chiamare innesco dell’individuazione, e che puó essere compreso riferendosi al caso della formazione dei cristalli.

Il punto di partenza é la concezione molecolare della materia. Allo stato liquido succede che le molecole sono in un continuo moto disordinato, e chiaramente la loro posizione ed il loro orientamento una rispetto alle altre é casuale. L’intensitá del moto con cui le molecole sbattono corrisponde alla temperatura. Piú la temperatura é alta, piú le molecole sbattono violentemente le une contro le altre. Man mano che la temperatura si abbassa gli urti delle molecole diventano meno violenti, e nasce la possibilitá che esse si dispongano in strutture geometriche ordinate dismettendo il movimento libero che le caratterizzava nella fase liquida. Piú correttamente potremmo dire che nel corso dell’inserimento in un reticolo cristallino, il movimento libero si converte in vibrazione. Con un po’ di semplificazione possiamo immaginarci la molecola libera che si infila con un certo angolo fortunato in una cavitá ai bordi del reticolo cristallino, e inizia a sbattere ripetutamente fra i due lati di questa cavitá rimanendovi incastrata. A questo punto la molecola é parte del reticolo cristallino.

La geometria del reticolo cristallino é conseguenza della forma delle molecole, ed inoltre ad ogni singolo tipo di molecola possono corrispondere diverse strutture geometriche del reticolo (allotropia). Ad esempio lo zolfo puó formare reticoli rombici oppure a forma di ago (1). Il punto chiave é che le molecole di una massa di zolfo priva di struttura cristallina (e per questo motivo detta amorfa, nel senso che é priva di una forma interna regolare) hanno bisogno di sbattere nel modo giusto nel punto giusto di un reticolo cristallino giá esistente per potersi agganciare a tale reticolo. Quindi c’é bisogno che un pezzo di reticolo si sia giá formato perché altre molecole vi si aggiungano. Lá dove un frammento minimo di reticolo cristallino é presente in una massa amorfa, questo frammento svolge la funzione di punto di partenza, di innesco della cristallizzazione. L’immissione di un innesco ottaedrico in una massa amorfa di zolfo provocherá dunque la cristallizzazione ottaedrica di tutta la massa, mentre l’immissione di un innesco prismatico provocherá la cristallizzazione prismatica di tutta la massa.

Gilbert Simondon, L'individuazione alla luce delle nozioni di forma e d'informazione.

Gilbert Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione.

In queste poche righe ho cercato di focalizzare al massimo il ruolo dell’innesco. L’argomentazione di Simondon implica anche delle considerazioni sul livello energetico necessario per l’accesso alle diverse strutture cristalline, e dunque una riflessione sul concetto di energia potenziale. Nel libro di Simondon la discussione della cristallizzazione dello zolfo si trova alle pagine 106-109. Ho volutamente trascurato la formazione degli inneschi di individuazione, che vengono anche chiamati germi di cristallizzazione.

1) Si tratta della forma alfa, ortorombica, e della forma beta, monoclina.

Riferimento bibliografico:
Gilbert Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione, (Milano-Udine 2011: Mimesis).

JAAK PANKSEPP E L’ARCHEOLOGIA DELLA MENTE: ALCUNE PREMESSE STORICHE

Nel libro L’Archeologia della mente Panksepp prende le mosse da una ricostruzione storica del modo in cui le emozioni sono state escluse per lungo tempo dall’indagine scientifica. Secondo Panksepp la corrente di pensiero del comportamentismo, i cui fondatori sono John B. Watson e B.F. Skinner, é uno dei principali responsabili del mancato studio delle emozioni nel corso del ventesimo secolo. L’impostazione positivista del movimento comportamentista é stata di eccessiva chiusura nei confronti del contenuto mentale non direttamente osservabile, ritardando cosí il progresso dello studio delle emozioni, il quale avrebbe potuto essere condotto senza aspettare le tecnologie di laboratorio a noi contemporanee, come dimostrano i lavori di diversi studiosi del passato. Sia Charles Darwin che William James ebbero visioni dell’emotivitá piuttosto avanzate, pur senza il contributo delle moderne tecniche neuroscientifiche. Pavlov riconobbe l’importanza delle emozioni nei suoi famosi lavori sui riflessi nei cani. Nel lavoro di Freud la dimensione emotiva é irrinunciabile e riceve una principale concettualizzazione in termini di un polo positivo e di uno negativo fra loro contrapposti. Edward Thorndike formuló la famosa “Law of Effect” utilizzando le parole satisfaction e discomfort, che chiaramente suggerivano stati mentali e tonalitá emotive, ma i comportamentisti preferirono usare termini piú oggettivi ed osservabili quali reward and punishment. In generale, a seguito dell’influenza del comportamentismo furono eliminati tutti i riferimenti a stati affettivi e motivazionali, e si accettarono solo descrizioni oggettive in terza persona. Studiare gli stati mentali e le emozioni era difficile, nel passato, per mancanza di evidenze empiriche, ma la possibilitá di affrontare piú approfonditamente l’argomento a livello sistemico ci sarebbe stata.

La rivoluzione cognitiva degli anni settanta del novecento ha dato enfasi alle parti del cervello che funzionano in modo piú simile al software di un computer, ovverosia al lavoro di processazione delle informazioni. Con ció si é riportata l’attenzione sulla mente intesa come attivitá riflessiva invisibile, ma é rimasto il pregiudizio che trascura le emozioni. Quando il cognitivismo guarda ad esse, tende a considerarle come un sottoinsieme dei processi cognitivi, ma questi sono tipici della corteccia cerebrale, che é la parte piú recente del cervello, mentre le emozioni risiedono in strutture evolutivamente piú antiche, e giá in ció rivelano una natura intimamente diversa.

Al giorno d’oggi, ci dice Panksepp, ci troviamo in una situazione in cui esistono i mezzi tecnici per lo studio dell’esperienza emotiva, ma permane l’abitudine anacronistica di trascurarla, non piú motivata dall’assenza di metodi di indagine rigorosi. Questo é connesso col fatto che molti studiosi delle neuroscienze hanno una formazione di stampo comportamentista oppure cognitivista.

Panksepp propone una ricostruzione storica in cui é centrale il ruolo di quello che poi fu chiamato Berlin Biophysics Club, sotto l’influsso del quale fu ufficialmente dismessa nell’ottocento la teoria dei quattro fluidi risalente ad Ippocrate.

LE EMOZIONI NON SONO UN’INTERPRETAZIONE RIFLESSIVA

Sul finire dell’ottocento William James e Carle Lange svilupparono indipendentemente una teoria di tipo read-out secondo cui le emozioni sarebbero una sorta di interpretazione riflessiva di un comportamento che funziona in modo automatico e indipendente da esse. Walter Cannon nel 1927 notava che questo non poteva essere vero, in quanto non ci sono i tempi tecnici perché la mente possa generare un’emozione costantemente al passo con un comportamento da essa separato. Le emozioni non potevano essere una sorta di interpretazione a posteriori, ma dovevano originarsi in modo integrato col comportamento. Paul MacLean sviluppó questo concetto estesamente arrivando a definire un sistema limbico inteso come un antico strato del cervello comune a tutti i mammiferi, ma le sue teorie furono accantonate a causa di alcuni errori secondari. Panksepp considera il proprio approccio convergente con quello di MacLean e si ritiene un follower di Cannon e Darwin nel loro riconoscere le emozioni come dirette manifestazioni di attivitá specifiche del cervello.

Troppi Fiori

Ispirazioni, metafore e riflessioni sull’amore; e sugli effetti collaterali.

“Finalmente ho capito a cosa serve il vento.
Ad asciugare le lacrime senza rovinarle con le dita.”

Troppi Fiori

Troppi Fiori

In ufficio c’è un Van Gogh coi girasole.
Nel corridoio una ragazza chiede ai petali una risposta.
Il capotreno ha una corona di rose in testa,
il vagabondo ha una viola nel taschino,
e nei tuoi occhi è un tulipano nero.
Ma troppi fiori non va bene.
Troppi fiori non è la verità.

 

1 – Da quando ti ho incontrato, sul tram mi siedo al primo posto, e non mi volto.

13 – Con te ho trovato quello che non riesco a dire.

25 – Dopo te il mio cuore ha cambiato forma.

38 – E fu così che accese nelle sue stanze la radio e la lasciò accesa per sempre. Per tenere lontano il silenzio.

49 – Gli equilibristi sul filo non possono sbagliare un passo. I perseguitati dall’amore, ogni giorno, ogni secondo, non possono sbagliare nemmeno un pensiero.

68 – Quando un uomo è abituato ad uscire dal nero te ne accorgi. Non nella notte in cui si rotola fra il letto e il posacenere, per venire a capo di una donna. Ma quando nel mattino arriva la prima luce. La differenza sta lì: non bisogna fare una risata rumorosa, ma un sorriso contenuto, mettendosi a lavorare in silenzio.

72 – IL FANTASMA DELL’OPERA. All’opera ci sono tanti personaggi stasera. Alcuni cantanti sono grassi, altre sono belle donne. Alcuni hanno la spada e dichiarano vendetta, altri hanno un fiore e dichiarano amore. La storia comincia, diventa importante e poi finisce. L’orchestra tocca l’apice e il pubblico applaude. Gli attori si tengono per mano e fanno un inchino. Un uomo in platea si alza, si gira, e si mette il cappotto. Il regista e i critici salgono sul palco. Anche qualche giornalista. Si formano gruppi di gente che parla. La tensione della performance è passata. I tecnici vanno a togliere i cavi. Qualche luce si spegne. Il rumore delle chiacchiere scende piano. Una voce da lontano si dà appuntamento al ristorante. Non rimane nessuno. Soltanto il fantasma del principe azzurro è rimasto seduto ad aspettare in mezzo al palco. E quando è sicuro di non essere sentito, lui la chiama, e riprendono a parlare.

79 – Poi ti rendi conto che non serve diventare matti. Di una persona basta capire due o tre cose.

83 – Le persone non cambiano quando sbagliano, ma quando vedono i propri errori.

93 – Quando andavi a scuola c’erano lunghe file di numeri e segni alla lavagna. Dovevi fare tutte le somme senza dimenticarti di nessun pezzo. Si faceva così per trovare il risultato.
Con le emozioni è diverso. Devi cancellare dalla lavagna tutte le parole e tutte le figure. E stare ad aspettare.

98 – Le anime perse esistono. Lo capisci con certezza dopo averne incontrata più d’una. E da quel momento, come puoi non rendere questa ricerca il centro della tua vita? Per poi prendertene cura.

99 – Te ne accorgi da come parlano. Più raramente da come scrivono. Mettono le parole in modo diverso. Hanno dei gesti, delle pose. Hanno un loro dialetto comportamentale da cui vieni influenzato. E loro assorbono ciò che è tipico di te. Sono l’uno percento. Sono persone dotate di uno stile. Quando le incontri ti lasciano un segno.

 

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C’era la pianura

C’era la pianura. Era come se ci fosse sempre stata la pianura. Era come se ci dovesse sempre essere la pianura. Niente colline, niente palazzi, nemmeno nuvole, soltanto la noia di fili d’erba tutti uguali. Un vento monotono che non portava nessun rumore. Nessun oggetto che saltava fuori dal paesaggio. Stavolta ho tenuto il vizio fuori dai coglioni. Niente di che, s’intende, parlo solo di bacco e tabacco. L’unica golosia che mi sono concessa è stato un chilo di mele. Quelle non fanno male e mi tengono occupato. Ho voluto tenermi tutta la mia lucidità e guardare fino in fondo questa pianura.
Senza lasciarmi andare. L’ho guardata a lungo, con pazienza, senza irritazione. E poi non so come, dopo una notte, una mattina e mezzo pomeriggio, ho sollevato lo sguardo e mi sono ritrovato di nuovo in una foresta di fiori rossi e frutti arancioni, altissima verso il cielo e ricca dei versi degli animali.

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CADERE NEL VIZIO

Il tempo è una prateria, sopra ci sta un cielo, e tu sei a cavallo. Nella prateria ci sono trappole nascoste, e là dove lo zoccolo inciampa, è in quel punto esatto che si innesta il vizio. La fantasia costruisce all’orizzonte palazzi luminosi e colorati. E’ bello guardare quelle architetture e cavalcare per raggiungerle un giorno. Ma bisogna anche guardare dove appoggia il passo il nostro cavallo.

il fumo

cadere nel vizio

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DUE MOMENTI DI UN DOLORE

UNA FERITA DIVERSA

Sbattevano le onde,
sbattevano da tempo su una roccia
che si sosteneva da sola nel mezzo del mare.

Questa roccia aveva un cuore
che si spezzava spesso,
e aveva il suo bel da fare
a ricomporne i pezzi.

Almeno poteva dire
di avere imparato come farlo:
come ricomporlo,
il proprio cuore.

Ma ora la ferita è più profonda,
non è nel cuore:
è nella testa.

EPPURE…

…eppure il sale delle onde è ancora dolce
a questo pensiero,
che ancora ha voglia
di vento,
di tempesta,
di sussurri.

No, non è ancora il momento della stanchezza.

La voglia di vita è ancora troppa,
e di conseguenza gli errori futuri saranno gli stessi del passato.

Ma sono davvero errori?

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