La ruota delle emozioni di Plutchik

Nell’immagine potete vedere la ruota delle emozioni cosí come é stata impostata da Robert Plutchik. Questa figura é stata ottenuta dalle otto emozioni che Plutchik considera fondamentali. Le emozioni di qualitá opposta si trovano in posizioni contrapposte di 180 gradi. Abbiamo dunque la gioia opposta a dolore/tristezza (sorrow in inglese), la rabbia opposta alla paura, l’accettazione opposta a al disgusto, e la sorpresa in opposizione all’attesa. Plutchik é stato uno psicologo americano di impostazione psicoevoluzionistica, molto influente nel campo dello studio delle emozioni. Per una sintesi del suo pensiero puoi leggere questo post.

Robert Plutchik e la teoria psicoevoluzionistica delle emozioni

Come altri post che ho pubblicato di recente, anche questo si propone di sintetizzare il testo di uno studioso attivo nel campo della psicologia delle emozioni. Tale lavoro di sintesi è svolto nell’ottica di introdurre il lettore al testo divulgativo che ho pubblicato di recente sulle neuroscienze affettive: “Le emozioni di base secondo Panksepp”. In questa occasione prenderemo in considerazione l’articolo “The Nature of Emotions”1 di Robert Plutchik, che è stato uno psicologo statunitense particolarmente influente nel campo delle emozioni.

All’inizio dell’articolo citato, Plutchik osserva che vi sono alcune difficoltà specifiche dello studio delle emozioni. Tali difficoltà nascono dal fatto che noi siamo in grado di controllare le nostre emozioni in modo cosciente ed inconscio, dalla tendenza di parte del mondo scientifico ad escludere dallo studio queste entità così poco precise e adatte allo studio quantitativo, e da difficoltà aggiuntive di ordine linguistico, in quanto non tutti usiamo allo stesso modo le stesse parole per le stesse emozioni. Per questi motivi lo sviluppo di una teoria delle emozioni sulla base dei report verbali appare difficile, ma ciò non rende lecito escludere le emozioni dal campo dei nostri studi.

Nel descrivere i tratti fondamentali delle emozioni Plutchik sottolinea la compresenza di una dimensione comportamentale e psicologica delle emozioni, nonché il particolare sentire ad esse collegato, ed il ruolo degli stimoli specifici che le attivano. Nella sua concezione, di impronta nettamente evoluzionistica, le emozioni non sono eventi isolati ma fenomeni caratterizzati da un alto livello di integrazione con le situazioni vissute dall’individuo. L’alto livello di interazione fra emotività ed aspetti cognitivi fa sì che non abbia molto senso considerare il processo emotivo come una catena, chiedendosi che posizione esatta vi occupino le funzioni cognitive.

Plutchik tenta di generalizzare teoricamente l’effetto delle emozioni concependole come se fossero il ripristino un equilibrio che è stato alterato, ed arriva a definirle come un sistema di comportamento omeostatico, a feedback negativo.

LA POSIZIONE EVOLUZIONISTICA

Nell’articolare la propria posizione evoluzionistica Plutchik cita John Paul Scott, notando che vi sono alcuni tipi di comportamento molto diffusi sia negli organismi evoluti sia in quelli più semplici: il mangiare, la reazione di fuga-o-lotta, la sessualità, il prendersi cura, e l’investigazione. Plutchik ci segnala che non è facile connettere queste modalità di comportamento osservabili dall’esterno con meccanismi interiori o stati di coscienza. A tale riguardo è opportuno notare che il merito di Jaak Panksepp è proprio quello di aver stabilito questa connessione, grazie all’individuazione di sette sistemi emotivi situati nelle parti più antiche del cervello.

Confrontando i sistemi emotivi di Panksepp coi moduli di comportamento elencati da Plutchik, si vede che alla reazione di fuga-o-lotta corrispondono i due sistemi emotivi di paura e rabbia. Nel sistema di Panksepp inoltre l’eccitazione sessuale e la cura sono due sistemi emotivi fondamentali, così come pure la ricerca/voglia di fare, che appare simile a ciò che Plutchik chiama investigazione. Al comportamento del mangiare invece non corrisponde nessun sistema emotivo nel sistema impostato da Panksepp. Plutchik enumera tra le reazioni emotive anche il piacere, il disgusto, il dolore, che Panksepp non considera come facenti parte il novero delle emozioni. Plutchik si riferisce anche alla depressione come se fosse un’emozione, mentre Panksepp la considera come un problema di bassa attività cronica del sistema emotivo della ricerca/voglia di fare, a seguito di prolungati stimoli negativi da parte della pena della solitudine.

Per quanto riguarda l’impostazione evoluzionistica complessiva, a mio avviso Plutchik spinge l’analogia molto in basso nella scala evolutiva, forse troppo, facendo riferimento agli organismi unicellulari e scegliendo di citare un passo di Darwin dove si parla di rabbia, terrore, gelosia ed amore manifestati dagli insetti. Simili parallelismi possono essere interessanti per fare luce sui fattori ambientali esterni che provocano lo sviluppo dei sistemi emotivi, ma non ci aiutano a capire quanto sia esteso ad altre specie animali il nostro sentire le emozioni. Nel discorso di Panksepp l’analogia emotiva tra esseri umani ed animali è molto più circostanziata a mammiferi ed uccelli, con i rettili in possesso soltanto delle emozioni più primitive, e con una somiglianza relativa ad organismi semplici come i gamberi circoscritta all’effetto di quegli elementi chimici che negli umani sono droghe d’abuso.

L’ATTEGGIAMENTO VERSO LE NEUROSCIENZE

Per quanto riguarda il dato neuroscientifico,2 Plutchik sembra porlo in contrapposizione con una teoria di ampio respiro sulle emozioni, temendo forse una tendenza riduzionista che potrebbe originarsi nell’approccio neuroscientifico. A mio avviso le neuroscienze possono contribuire in modo concreto allo sviluppo di una teoria generale delle emozioni, soprattutto prendendo in considerazione anche la posizione di Panksepp, e non soltanto quella di Ledoux e Damasio, come invece sembra fare Plutchik.

L’elettrostimolazione del sistema emotivo della paura non basta certo a darci una teoria soddisfacente della paura, ma una teoria soddisfacente della paura deve accordarsi coi dati di queste pratiche di elettrostimolazione. Ciò fornisce un vincolo ed un supporto non indifferente allo sviluppo di una teoria matura sulle emozioni.

Sempre per quanto riguarda il campo degli studi neuroscientifici sulle emozioni, va notato che Plutchik segnala il ruolo importante che sarebbe rivestito dall’amigdala, la quale però secondo Panksepp avrebbe più che altro la funzione di canale di trasferimento delle emozioni, e non di sorgente. Il luogo di origine delle emozioni sarebbe da indicarsi più correttamente in alcune zone del tronco cerebrale, ad esempio nel grigio periacqueduttale (GAP, o PAG in inglese).

LE OTTO EMOZIONI PRIMARIE E LA FIGURA DEL CIRCOMPLESSO

Plutchik nota che alcuni studiosi delle emozioni avrebbero riconosciuto una somiglianza fra la nostra percezione dei colori e quella delle emozioni. In particolare, sia i colori sia le emozioni sarebbero mescolabili a formare le più diverse combinazioni. Sulla base di questa concezione Plutchik imposta una rappresentazione grafica delle emozioni che a partire da un circolo di otto emozioni primarie sviluppa una struttura chiamata circomplesso delle emozioni.

Plutchik dispone le emozioni primarie in cerchio, mettendo in posizione di vicinanza quelle simili, ed in opposizione di 180 gradi quelle di significato opposto. Nella ruota delle emozioni così ottenuta abbiamo la gioia opposta a dolore/tristezza (sorrow in inglese), la rabbia opposta alla paura, l’accettazione opposta a al disgusto, e la sorpresa in opposizione all’attesa. Successivamente Plutchik dispone le emozioni simili a quelle primarie, ma di intensità inferiore, sull’esterno, mettendole tanto più lontane quanto meno sono intense. Seguendo lo stesso principio, le emozioni simili ma più intense sono disposte all’interno della ruota delle emozioni primarie. In questo modo si ottiene una specie di fiore i cui petali possono essere uniti verso il basso creando una sorta di cono. È questa la struttura che prende il nome di circomplesso.

È abbastanza chiaro dal discorso di Plutchik che la scelta di quali siano le emozioni di base (così come il disporle in un circomplesso) è una scelta parzialmente arbitraria, fondata sul giudizio degli esperti di settore e sulla lunga tradizione esistente in letteratura, ma non su dati sperimentali chiaramente oggettivi. Plutchik non si basa su dati di natura anatomica, come accade invece negli studi delle neuroscienze affettive, ed il risultato è che vi sono molte differenze fra le emozioni di base principali individuate da Plutchik e quelle individuate da Panksepp.

Rabbia, paura e tristezza sono i punti in comune, e fanno anche parte di molte altre liste di emozioni impiegate negli studi psicologici. Anche la gioia è comunemente indicata come emozione fondamentale, ma essa non ha un esatto riscontro tra i sistemi emotivi individuati da Panksepp. Può essere considerata come manifestazione di varie combinazioni dei quattro sistemi emotivi a valenza positiva: cura, sessualità, gioco, ricerca/voglia di fare. Il disgusto è secondo Panksepp un affetto di natura più sensoriale, e non un’emozione. La sorpresa è considerata da Panksepp un fenomeno con un elevato contributo cognitivo, e non un emozione di base. L’accettazione può forse essere messa in correlazione con la cura, mentre il senso di attesa potrebbe essere messo in connessione con la ricerca/voglia di fare, ma soltanto se lo consideriamo connesso ad un senso di desiderosa anticipazione.

CONCLUSIONI

Come già nel caso di Paul Ekman, anche nel considerare la posizione di Robert Plutchik notiamo che il confronto con il sistema di Panksepp introduce ad una comprensione più sistematica delle emozioni fondamentali. In Panksepp si ritrova l’impostazione evoluzionistica presente in Plutchik, ma consolidata con l’individuazione anatomica dei sistemi emotivi fondamentali. L’impostazione di Panksepp consente di distinguere con più significatività tra le emozioni fondamentali, le emozioni derivate, ed altri affetti di natura non emotiva. La sua visione consente di comprendere meglio la sorgente dell’esperienza emotiva interiore e quindi di rintracciarne con più sicurezza la manifestazione in altre specie animali diverse da noi. Per quanto riguarda il ruolo fondativo delle emozioni rispetto al tessuto sociale, si tratta di un tema riconosciuto da Plutchik, ma che in Panksepp riveste una posizione più centrale, soprattutto nel caso di mammiferi ed uccelli. Per un approfondimento vi invito alla lettura di “Le emozioni di base secondo Panksepp”.

1Robert Plutchik, The Nature of Emotions, American Scientist, vol. 89, Issue 4, (2001/07), 344-350. doi: 10.1511/2001.4.344

2Si tenga presente che Plutchik scrive nel 2001, soltanto 3 anni dopo l’uscita del libro di Panksepp: “Affective neuroscience.” Nella biografia dell’articolo di Plutchik a cui mi riferisco Panksepp non è presente, mentre è presente un riferimento al pensiero di Antonio Damasio, che comporta importanti differenze rispetto al lavoro di Panksepp. Per quanto riguarda Damasio, questi condivide con Plutchik l’impostazione per cui le emozioni contribuiscono a ripristinare una situazione considerata omeostatica.

Paul Ekman e le emozioni di base

Paul Ekman è un teorico delle emozioni famoso per i suoi studi sulle espressioni facciali. La sua ricerca ha consentito di individuare alcune espressioni riconosciute da individui appartenenti a culture molto differenti fra loro. Questo fatto suggerisce che tali espressioni siano un fenomeno di origine innata. Ne segue che il processo di sviluppo culturale dell’esperienza emotiva non avviene in libertà completa, ma prende le mosse a partire da una predisposizione di natura biologica predefinita.1 2

Le espressioni facciali delle emozioni di base

Le espressioni facciali delle emozioni di base

Le emozioni collegate alle espressioni facciali innate sono dette “emozioni di base”, formula che sta a indicare lo svolgimento di una funzione vitale fondamentale. Le emozioni di base sono un modo con cui l’organismo affronta situazioni ricorrenti quali ad esempio il pericolo dei predatori, oppure la competizione per il cibo o per il partner. Ciascuna emozione di base si caratterizza per le situazioni specifiche che ne provocano la manifestazione, per il comportamento che ne scaturisce, e per i cambiamenti fisiologici collegati.3 4

La visione teorica di Paul Ekman si distingue proprio per essere incentrata sull’idea delle emozioni di base. Altri due studiosi importanti che partono da questa premessa sono Carroll Izard e Jaak Panksepp. Un approccio alternativo a quello delle emozioni di base si focalizza sul processo con cui l’organismo valuta la situazione ambientale (in tal caso non si assume come ipotesi di lavoro che il ventaglio di tutte le possibili emozioni si possa ricondurre ad un piccolo numero di emozioni di base.) Questo approccio incentrato sul processo di valutazione (appraisal) è ben esemplificato dal modello componenziale di Scherer.

La lista delle emozioni primarie proposta da Ekman si è ampliata nel corso del tempo. Inizialmente comprendeva paura, rabbia, gioia, disgusto, sorpresa e tristezza. Successivamente si è ampliata fino ad includere divertimento, rabbia, disprezzo, contentezza, disgusto, imbarazzo, eccitazione, paura, senso di colpa, orgoglio del risultato, sollievo, tristezza/sofferenza, soddisfazione, piacere sensoriale, vergogna. Tali emozioni, precisa Ekman, sarebbero più precisamente intendibili come famiglie di stati emotivi simili. Da questo elenco Ekman esclude l’interesse, in quanto ritiene si tratti più esattamente di uno stato cognitivo. Vengono esclusi anche l’amore parentale, l’odio, e la gelosia, in quanto si tratterebbe di schemi emozionali durevoli5 nel corso dei quali ci potrebbero essere diverse manifestazioni di emozioni primarie.

Tra parentesi, vale la pena ricordare che le principali emozioni di cui parla Ekman sono anche alla base del noto film della Pixar “Inside Out”, di cui non a caso Ekman è stato consulente scientifico.

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Fra le più significative somiglianze interculturali riscontrate nel corso dei suoi studi, Ekman cita la perdita di una persona significativa, che è in ogni cultura un antecedente tipico della manifestazione di tristezza. Il danno fisico o psicologico è invece un tipico antecedente della paura. Purtroppo è difficile accrescere l’evidenza disponibile in tale campo d’indagine, per via delle ambiguità intrinseche all’impiego interculturale dei questionari. Similmente è difficile impiegare lo strumento dei questionari per stabilire la specificità del vissuto di ciascuna singola emozione.

Sebbene le emozioni possano manifestarsi anche in assenza di altri individui, Ekman ritiene che il loro ruolo sia collegato anzitutto alle situazioni sociali. Secondo Ekman le emozioni hanno un ruolo cruciale nello sviluppo delle relazioni interpersonali (sia nell’infanzia che nel corteggiamento) e nella modulazione dell’aggressione. Egli cita il caso dei malati che a causa di paralisi non sono in grado di assumere espressioni facciali o che non sono in grado di gestire o riconoscere la modulazione del parlato collegata all’emotività: questi individui hanno gravi difficoltà di relazione interpersonale.

Le emozioni informano i nostri conspecifici a riguardo di ciò che sta accadendo, e tale informazione riguarda sia quello che succede dentro la persona, sia ciò che è avvenuto prima, sia le possibili conseguenze. Dall’espressione di disgusto, ad esempio, capiamo il tipo sensazione provata dalla persona che stiamo osservando, capiamo pure che essa ha appena incontrato qualcosa di sgradevole al gusto o all’olfatto, e che probabilmente se ne allontanerà nel minor tempo possibile.

Benché le espressioni facciali e vocali siano manifestazioni delle emozioni, possiamo avere sia il caso di emozioni che non vengono espresse, sia il caso di espressioni simulate che non corrispondono ad emozioni realmente provate. Vi sono comunque differenze tra le espressioni sincere e quelle falsificate, ed è dunque possibile distinguerle, soprattutto nel caso delle espressioni facciali.

Qui vale la pensa aprire una breve parentesi e ricordare che Ekman è l’autore del famoso libro “I volti della menzogna”. In questo libro Ekman si dilunga molto sulle varianti di sorriso che si possono assumere per dissimulare la menzogna. Vi sono molte emozioni che intervengono quando quando non si dice la verità, e vi sono molti modi per dissimularle. Ad esempio, è tipico di chi sta raccontando una menzogna la diminuzione dei gesti illustrativi (che accompagnano e rafforzano i significati) e l’aumento dei gesti incompleti o fuori posto. Frequenti in chi sta mentendo sono anche le tirate oratorie, o le pause improvvise che lasciano intravedere la mancanza di un ricordo reale. Tirando le somme, si può dire che i segni della menzogna sono molteplici, ma anche che sono spesso ambivalenti, possono avere significati diversi, e vanno interpretati sulla base del contesto e della persona particolare con cui si ha a che fare.

Tornando alle emozioni di base, Ekman ritiene che la loro valutazione da parte degli individui possa avvenire secondo due modalità differenti. Ci può essere un riconoscimento automatico, rapido, di tipo inconscio, ed un riconoscimento più lento e cognitivamente mediato. Ekman non è però in grado di individuare le strutture anatomiche esatte che sottostanno a tali processi.

Ekman riconosce che ciascuna emozione di base può essere collegata a specifiche attivazioni del sistema nervoso autonomo, in preparazione a comportamenti determinati quali la fuga e l’attacco. Questo punto di vista è in contrasto con la visione di chi pensa che le emozioni siano esclusivamente un costrutto sociale. Esistono infatti degli studi che mostrano come gli schemi di attivazione del sistema nervoso siano simili anche tra culture differenti.6

Questo breve riassunto della concezione delle emozioni secondo Ekman è proposto come approccio al lavoro più profondo sviluppato dalle neuroscienze affettive di Jaak Panksepp. Se si legge il lavoro di Ekman dopo aver studiato Panksepp, il lavoro di Ekman appare come un primo abbozzo di ciò che si rivelerà essere un affresco più vasto ed organico. Il lavoro di Panksepp, in maniera speculare, appare come una sorta di upgrade del lavoro di Ekman, riuscendo a spiegare diversi nessi causali che nel discorso di Ekman sono soltanto intuiti.

La visione di Panksepp, come quella di Ekman, si sviluppa attorno all’idea che vi siano alcune emozioni di base, ma è molto più approfondita da un punto di vista neuroscientifico e individua un diverso set di emozioni di base, che sono la paura, la rabbia, l’eccitazione sessuale, la cura, la pena della solitudine, il gioco, e la ricerca/voglia di fare. Chi scrive ha pubblicato un libro divulgativo sulle emozioni di base secondo Panksepp, di cui si possono leggere le prime pagine online.

1Il riferimento principale per la stesura di questo articolo è: Paul Ekman , Basic Emotions, Capitolo tre in T. Dalgleish and M. Power (Eds.). Handbook of Cognition and Emotion. Sussex, U.K.: John Wiley & Sons, Ltd., 1999.

2Le espressioni nella fotografia sono state impiegate in questo studio: Ekman, Paul, E. Richard Sorenson, and Wallace V. Friesen. “Pan-cultural elements in facial displays of emotion.” Science 164.3875 (1969): 86-88.

3All’inizio della sua carriera Ekman adottava una concezione secondo cui le emozioni sarebbero descrivibili con due assi basati sui concetti attivo-passivo e piacevole-spiacevole. Successivamente, tale concezione ha lasciato posto all’idea che vi siano alcune emozioni di base qualitativamente ben distinte fra loro.

4 L’espressione “emozioni di base” può anche servire per distinguere le emozioni primarie dalle combinazioni che ne derivano (emozioni secondarie).

5Nota che vi sono teorici, come Izard e Panksepp, secondo i quali le emozioni sono assimilabili ad un processo continuo. Non a caso Panksepp inserisce la cura nel novero delle emozioni di base.

6Va comunque segnalato che non a tutte le emozioni è chiaramente associata una specifica attivazione del sistema nervoso autonomo, come ad esempio nel caso di sorpresa e godimento. Oltre all’attivazione del sistema nervoso autonomo, Ekman ipotizza anche un’attivazione del sistema nervoso centrale, in modo da poter rendere conto delle specificità di ciascuna emozione per quanto riguarda le dinamiche di memoria, immaginazione, e aspettativa.

Le emozioni facciali di Ekman interpretate con le neuroscienze

Paul Ekman ha lavorato sulle espressioni facciali delle emozioni. In questo post riporto un estratto del libro “Le emozioni di base secondo Panksepp”, nel quale lo studio delle emozioni tramite le espressioni facciali viene messo in relazione con le più recenti scoperte delle neuroscienze affettive.

“Il ruolo delle emozioni come fondamento della dimensione sociale è molto chiaro nel discorso di Panksepp, e costituisce una novità rispetto all’analisi delle emozioni che si può trovare in altri campi di ricerca. Se prendiamo ad esempio gli studi collegati all’analisi statistica delle espressioni facciali, vediamo che una tipica lista delle emozioni fondamentali è costituita da rabbia, paura, disgusto, gioia, tristezza (1). Rabbia e paura sono elementi in comune col discorso di Panksepp, il quale però non considera il disgusto come un sistema emotivo ma come un più primitivo affetto sensoriale. La gioia può essere collegata al gioco o al sistema della ricerca/voglia di fare, ma è chiaro che questi due concetti impiegati da Panksepp rendono molto più esplicitamente l’idea di un coinvolgimento col mondo fisico e sociale che non è invece scontatamente incluso nel concetto di gioia. Notiamo poi che la tristezza identificata per mezzo delle espressioni facciali di per sé può anche essere concepita come un sentimento individuale, mentre Panksepp parla di una pena della solitudine che si origina con tutta evidenza dalla situazione sociale. Inoltre, nelle liste di emozioni comunemente impiegate è assente la cura, il cui significato sociale è profondo ed evidente.”

Jaak Panksepp è stato il fondatore delle neuroscienze affettive. Per un’introduzione al suo lavoro puoi leggere il libro “Le emozioni di base secondo Panksepp”, che ho pubblicato di recente.

 

(1) – Paul Ekman, “What Scientists Who Study Emotion Agree About,” Perspectives on Psychological Science Vol. 11-1 (2016), 31-34, doi: 10.1177/1745691615596992