THOMAS KUHN: LA STRUTTURA DELLE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE

RIFLESSIONI SUL LIBRO DI THOMAS KUHN: LA STRUTTURA DELLE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE[1]

-PENDOLI O PIETRE DONDOLANTI? GLI ESEMPI DI KUHN
-IL PARADIGMA: FUNZIONE ED ESSENZA
-IL FUNZIONAMENTO DEL PRESUPPOSTO
-INTERNALISMO
-LA SCIENZA NORMALE: L’ATTIVITÀ GUIDATA DAL PARADIGMA STABILE
-INSEGUENDO I ROMPICAPO
-IL RUOLO DELLA CRISI
-LA DEFINIZIONE DI UN VOCABOLARIO?
-INCOMMENSURABILITÀ E IRRAZIONALITÀ NELLA TRANSIZIONE FRA -PARADIGMI
-INTIMITÀ DEL PARADIGMA
-SMETTERE DI SAPERE
-UN VERSO NELLA PSICHE
-ALCUNE CONCLUSIONI: LA RAZIONALITÀ RITROVATA

PENDOLI O PIETRE DONDOLANTI? GLI ESEMPI DI KUHN

Nell’esemplificare il succedersi dei paradigmi scientifici, Kuhn ci racconta molti episodi di storia della scienza, come l’ispirazione data a Galileo dagli scolastici in base alla quale divenne possibile vedere come un pendolo ciò che prima era soltanto una pietra dondolante;[2] o la concezione dell’elettricità come un fluido che può scorrere nei conduttori, e non come un effluvio che emana dai non conduttori;[3] o ancora l’idea che le onde di luce dovessero basarsi su un sostegno materiale chiamato etere, ed il tentativo di inserirne gli effetti nelle equazioni di Maxwell;[4] senza dimenticarsi di quello che secondo Kuhn “è forse il nostro più completo esempio di rivoluzione scientifica”:[5] il passaggio dalla teoria delle affinità elettive all’idea di Dalton per cui la relazione fra gli atomi dei reagenti chimici deve essere espressa da due numeri interi.[6]

IL PARADIGMA: FUNZIONE ED ESSENZA

Kuhn indica il paradigma come un sapere condiviso da una certa comunità scientifica ed in grado di guidare la ricerca definendo le questioni concrete da affrontare e i metodi per gestirle. Eccone un esempio:
“…il paradigma Frankliniano suggerì quali esperimenti sarebbe valsa la pena condurre e quali no, in quanto rivolti a fenomeni secondari o troppo complessi dell’elettricità. Soltanto col paradigma il lavoro divenne di gran lunga più efficace, in parte per via della fine dei dibattiti fra scuole diverse che si concludevano in continue ripetizioni sui fondamentali, e in parte perché la sicurezza di essere sulla strada giusta incoraggiò gli scienziati a intraprendere lavori più precisi, esoterici ed impegnativi.”[7] [8]
Se la funzione guida del paradigma è molto chiara, altrettanto non si può dire della sua essenza. Nel poscritto del 1969, nel rispondere ad alcune critiche che gli sono state mosse, Kuhn suddivide il concetto di paradigma in due componenti principali, delle quali la prima è denominata matrice disciplinare ed è costituita da elementi prossimi al sapere discorsivo, fra cui i valori, i presupposti metafisici del discorso scientifico, e le espressioni simboliche per mezzo delle quali si può usufruire della potenza del linguaggio matematico.
La seconda componente del paradigma, quella più caratteristica della visione di Kuhn, viene indicata con il termine exemplars, e consiste in una conoscenza tacita, automatica e non disponibile alla volontà umana, in quanto collocata in zone della mente più profonde ed inconsce rispetto alla normale razionalità operativa.
Kuhn si richiama a Wittgenstein[9] per chiarire che il paradigma può svolgere la sua funzione anche senza la consapevolezza di cosa esso sia esattamente. Gli scienziati possono condividere un paradigma pur senza essere in grado di descriverlo compiutamente, così come si è in grado di affermare che un certo oggetto è una sedia pur senza la necessità di dire esattamente l’essenza della sedia.[10]

L’articolo integrale é stato pubblicato sul sito filosofiprecari.it

 

  1. [1]La versione presa in esame è quella in lingua originale: Kuhn, T. S. (1996) The structure of Scientific Revolutions, third edition, Chicago, The University of Chicago Press.
    Dove non è indicato diversamente, i riferimenti di pagina nelle note seguenti sono riferiti a quest’opera. La traduzione delle citazioni è a cura dell’autore di questo articolo.
  2. [2]Pagg. 119-120
  3. [3]Pag. 14
  4. [4]Pagg. 73-74, 107
  5. [5]Pag. 133
  6. [6]Pagg. 130-135
  7. [7]Pag. 18
  8. [8]Può essere utile considerare il controesempio di un sapere che non ha tale effetto guida: “Ma anche se questo tipo di raccolta dei fatti è stata essenziale per l’origine di molte scienze significative, chiunque esamini, per esempio, gli scritti enciclopedici di Plinio o le storie naturali di Bacone del diciassettesimo secolo scoprirà che ci conduce in un pantano.” Pag. 16
  9. [9]“Cosa abbiamo bisogno di sapere, chiedeva Wittgenstein, per poter impiegare termini come sedia, o foglia, o gioco inequivocabilmente e senza provocare discussioni? Questa domanda è molto vecchia e generalmente gli si è risposto dicendo che noi dobbiamo conoscere, consapevolmente o istintivamente, cosa sono una sedia, una foglia o un gioco. Noi dobbiamo, sarebbe a dire, cogliere un qualche insieme di attributi che tutti i giochi e soltanto tutti i giochi hanno in comune. Wittgenstein, comunque, concludeva che, dato il modo in cui usiamo il linguaggio e il tipo di mondo in cui lo applichiamo, non c’è bisogno che esista un tale insieme di caratteristiche. […] Per Wittgenstein, in breve, giochi, sedie, e foglie sono famiglie naturali, ciascuna costituita da una rete di somiglianze sovrapposte e incrociate. L’esistenza di tale rete è in grado di spiegare a sufficienza il nostro successo nell’identificare gli oggettti o le attività corrispondenti.” Pagg. 44-45
  10. [10]“Gli scienziati possono […] essere d’accordo sull’identificazione di un paradigma senza essere d’accordo su, o senza nemmo tentare di produrre, una completa interpretazione o razionalizzazione di esso. La mancanza di un’interpretazione standard o di una riduzione in regole concordata non impedirà al paradigma di guidare la ricerca.” Pag. 44