Alcuni spunti dal caso di Bergamo
A me piace camminare come forma di esperienza fondamentale, e il mio stile di vita si posiziona al polo opposto di un mondo costruito in funzione dell’automobile privata. Amo i voli low cost, adoro studiare negli scompartimenti dei treni e mi piace soffriggere cipolle e carote nelle cucine degli ostelli. Credo in un uso parsimonioso degli spazi e delle risorse, nella cultura dello sharing, nell’incontro vero con le persone, nell’empatia attraverso la voce e i volti.
Io vivo a Szeged, in Ungheria, dove di auto ce ne sono meno che in Italia. I miei vecchi amici ed i parenti si trovano a Bergamo e a Brescia, e tutte le volte che torno a trovarli mi trovo a disagio per il traffico eccessivo a cui non sono più abituato. Sento di trovarmi in luoghi che non sono stati progettati per accogliere le persone, ma per accogliere le automobili. E non capisco come ciò sia possibile.
Di recente ho saputo del grande parcheggio che stanno costruendo sulle mura venete che circondano città alta, che sarebbe il centro storico e artistico della città di Bergamo. La mia fantasia politica mi ha spinto a scrivere il testo di un ipotetico volantino contro questo parcheggio. Tale testo è stato poi postato sul gruppo facebook noparkingfara, e lo ripropongo qui di seguito, perché mi pare che le idee esposte valgano in generale, non soltanto per il caso di Bergamo.
Lettera ai Bergamaschi, sul parcheggio in città alta.
Febbraio 2019
Io non sono Bergamasco, e vivo in Ungheria, ma vengo spesso a Bergamo per incontrare degli amici importanti. Volando frequentemente mi è molto chiara l’importanza dell’aeroporto di Orio al Serio. Questa struttura avvicina Bergamo all’Europa, con effetti benefici sull’anima dei viaggiatori e sulle tasche degli imprenditori. Purtroppo però, non tutte le ciambelle riescono col buco, e vi sono anche scelte politiche che allontanano Bergamo dai migliori modelli di progresso sostenibile.
Nella città ungherese dove vivo, Szeged, non ci sono molte auto, e questo mi rende un camminatore felice. Quando arrivo a Bergamo invece, ho sempre una reazione di rigetto per tutte queste auto che mi passano vicino. All’improvviso non posso più credere che le strade siano un luogo amico, e paradossalmente mi sento più straniero qui a Bergamo che in Ungheria. Detto questo, qualcuno potrebbe anche osservare che si tratta di un problema circoscritto alla mia personale sensibilità, ma ci sono alcune parole che vorrei spendere al riguardo.
Se qualcuno di voi che legge questo volantino è leghista, allora mi permetto di ricordargli che le radici spirituali di questo movimento stanno nel considerare la città come il principio organizzatore della vita politica. Era Cattaneo che lo diceva, facendone una caratteristica tipica dell’essere italiano. E allora la propria città uno la deve amare, ed amarla significa camminarci dentro andando a curiosare in ogni vicolo stretto. Non significa impermeabilizzarsi dentro una scatola di latta semovente. Non significa costruire strade che appartengono alle automobili. Chi ama una città le vuole stare vicino, non se ne vuole separare. E quel parcheggio là in città alta è un incredibile segno che qualcosa funziona storto nel nostro modo di amare la città.
Se poi qualcuno di voi che legge questo volantino è cattolico, vorrei ricordargli che la fede non può fiorire se l’anima appassisce. E se portate in giro l’anima con la scatola di latta semovente, è come mettere una pianta viva in un armadio. Le foglie si fanno tristi verso il basso, lo stelo dei fiori si incurva, e qualche macchia scura nasce a rovinare il verde che respira. Perché le manca il sole.
Se poi ancora qualcuno di voi che legge questo volantino è di sinistra, allora forse servirà a qualcosa osservare che una città dove lo standard è l’automobile esclude chi non ha i soldi per comprarla (o lo spinge a indebitarsi per averne una). Senza contare che si crea un ambiente dove le persone sono più separate e deboli. Io immagino una città destinata anzitutto ai camminatori, non alle scatole di latta semoventi. Queste riacquistano dignità solo grazie allo sharing, al servizio pubblico, all’assistenza dei disabili, e alle località isolate.
Se qualcuno di voi ha problemi di salute, probabilmente avrà anche un dottore, ed è con lui che deve parlarne. Ma vorrà anche sapere che le istituzioni più importanti raccomandano l’attività fisica per prevenire una serie di patologie, fra cui quelle cardiovascolari e la depressione. Camminare è una delle attività fisiche che si possono fare per questa prevenzione (oltre ad essere una gioia per chi lo vuol capire). La scatola di latta semovente invece, non è un attività fisica. Che sia scassata col logo dei poveri, o superlucida col nome importante, non fa differenza.
Se qualcuno di voi che legge questo volantino ha tanti soldi e pensa che il parcheggio in città alta sia un buon affare, forse si è dimenticato di considerare che di affari ce ne sono tanti, e andarsi a scegliere quello che rimane indifferente alle persone non paga. Non sarebbe più intelligente scegliere dei progetti un po’ più avanti, di cui potersi vantare di fronte ai propri concittadini, anziché nascondersi nel dirlo?
Viviamo in un un mondo che si muove. Viviamo in un mondo di mille città, dal Brasile all’India agli stati del Nord Europa. E queste mille città si guardano l’un altra per capire chi fa le scelte giuste. È questo il vero mercato su cui dobbiamo immaginarci. È qui che dobbiamo venderci. Ma come si fa a presentarsi in questo contesto di livello internazionale, se rimaniamo attaccati a un’idea così farlocca come un parcheggio per le auto in città alta? Da chi vogliamo farci ridere dietro?
Se poi qualcuno di voi pensa che tanto ormai il parcheggio lo stanno costruendo, allora non avete capito che la città delle auto è un errore del novecento. L’automobile personale ha segnato il novecento, ovvero il secolo scorso, ma ora non siamo più nel novecento. E abbiamo imparato quanto la scatola di latta semovente faccia male alle sorgenti dell’essere uomo, rendendolo una creatura separata. E se il parcheggio lo apriranno, io mi metterò a fare meditazione, desiderando per il futuro una giunta comunale all’altezza della città dei mille, che metta pressione sul parcheggio con tutti i provvedimenti legalmente possibili. Proponendo già da ieri la riconversione a progetti alternativi. E facendo pubblicità ai posti dove vivono meglio perché hanno capito che la città delle auto è un errore del novecento.
Manuel Cappello
Post Scriptum
Dopo aver scritto questo testo ho iniziato a cercare informazioni sulle città in cui si stanno facendo passi concreti per creare un contesto urbano finalizzato ai camminatori, anziché alle scatole di latta semoventi. Per esempio Oslo in Norvegia piuttosto che Pontevedra in Spagna. Ho anche comprato i biglietti aerei per andare a visitare queste due città nei prossimi mesi, e mi riprometto di scrivere un post per descrivere quello che vi troverò.
***
Post Post Scriptum
Questo è l’articolo dove puoi trovare descritta la mia esperienza a Pontevedra:
Pontevedra città senz’auto. Un diario di viaggio.