IL RITRATTO DELL’ISPIRAZIONE E LA FILOSOFIA IN TUTA BLU

Sto leggendo filosofia: “Che cos’è metafisica” di Heidegger[1]. Ho segnato le ispirazioni a margine dello stampato per poi sistemarle in frasi e paragrafi dotati di un capo e di una coda. Ma ho sbagliato: ho salvato solo le sei, sette, o tredici parole che bastano appena a identificare l’idea intravista. Avrei dovuto scendere nelle gallerie da dove il pensiero creativo era venuto, prima che queste tornassero a chiudersi.
Gli appunti delle idee nuove vanno presi in forma compiuta quando si è prossimi alla sorgente dell’ispirazione ancora calda e se ne possono rintracciare le storie retrostanti. L’ispirazione è effimera, e il suo ritratto non va rimandato.
Compreso il da farsi per salvare l’intuizione, eccomi a percorrere al contrario le radici del pensiero, nei corridoi di questo labirinto mobile e misterioso che si concede per poco alla mia vista. Camminando in queste grotte mi accorgo che le parole non sono più dentro di me e scelte da me, ma mi vengono incontro portate da un vecchio carrello del carbone su di un binario in una galleria, come in un film di Indiana Jones o in un libro di Jules Verne. Ma dove sono finito? Forse queste stanze sotterranee sono i reparti dove incontrerò la filosofia in tuta blu, indaffarata nel tentativo di mettere in moto la metafisica?[2]
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  1. [1]Heidegger, “Segnavia”, Biblioteca Filosofica, Adelphi 1987, a cura di Franco Volpi, Friedrich-Wilhelm von Herrmann . Pagg. 59-77
  2. [2]Cfr. Heidegger: “Ciò che noi chiamiamo filosofia non è che il mettere in moto la metafisica, attraverso la quale la filosofia giunge a sé stessa e ai suoi compiti espliciti.” Nell’opera in oggetto a pagina 77.

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