Paul Ekman e le emozioni di base

Paul Ekman è un teorico delle emozioni famoso per i suoi studi sulle espressioni facciali. La sua ricerca ha consentito di individuare alcune espressioni riconosciute da individui appartenenti a culture molto differenti fra loro. Questo fatto suggerisce che tali espressioni siano un fenomeno di origine innata. Ne segue che il processo di sviluppo culturale dell’esperienza emotiva non avviene in libertà completa, ma prende le mosse a partire da una predisposizione di natura biologica predefinita.1 2

Le espressioni facciali delle emozioni di base

Le espressioni facciali delle emozioni di base

Le emozioni collegate alle espressioni facciali innate sono dette “emozioni di base”, formula che sta a indicare lo svolgimento di una funzione vitale fondamentale. Le emozioni di base sono un modo con cui l’organismo affronta situazioni ricorrenti quali ad esempio il pericolo dei predatori, oppure la competizione per il cibo o per il partner. Ciascuna emozione di base si caratterizza per le situazioni specifiche che ne provocano la manifestazione, per il comportamento che ne scaturisce, e per i cambiamenti fisiologici collegati.3 4

La visione teorica di Paul Ekman si distingue proprio per essere incentrata sull’idea delle emozioni di base. Altri due studiosi importanti che partono da questa premessa sono Carroll Izard e Jaak Panksepp. Un approccio alternativo a quello delle emozioni di base si focalizza sul processo con cui l’organismo valuta la situazione ambientale (in tal caso non si assume come ipotesi di lavoro che il ventaglio di tutte le possibili emozioni si possa ricondurre ad un piccolo numero di emozioni di base.) Questo approccio incentrato sul processo di valutazione (appraisal) è ben esemplificato dal modello componenziale di Scherer.

La lista delle emozioni primarie proposta da Ekman si è ampliata nel corso del tempo. Inizialmente comprendeva paura, rabbia, gioia, disgusto, sorpresa e tristezza. Successivamente si è ampliata fino ad includere divertimento, rabbia, disprezzo, contentezza, disgusto, imbarazzo, eccitazione, paura, senso di colpa, orgoglio del risultato, sollievo, tristezza/sofferenza, soddisfazione, piacere sensoriale, vergogna. Tali emozioni, precisa Ekman, sarebbero più precisamente intendibili come famiglie di stati emotivi simili. Da questo elenco Ekman esclude l’interesse, in quanto ritiene si tratti più esattamente di uno stato cognitivo. Vengono esclusi anche l’amore parentale, l’odio, e la gelosia, in quanto si tratterebbe di schemi emozionali durevoli5 nel corso dei quali ci potrebbero essere diverse manifestazioni di emozioni primarie.

Tra parentesi, vale la pena ricordare che le principali emozioni di cui parla Ekman sono anche alla base del noto film della Pixar “Inside Out”, di cui non a caso Ekman è stato consulente scientifico.

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Fra le più significative somiglianze interculturali riscontrate nel corso dei suoi studi, Ekman cita la perdita di una persona significativa, che è in ogni cultura un antecedente tipico della manifestazione di tristezza. Il danno fisico o psicologico è invece un tipico antecedente della paura. Purtroppo è difficile accrescere l’evidenza disponibile in tale campo d’indagine, per via delle ambiguità intrinseche all’impiego interculturale dei questionari. Similmente è difficile impiegare lo strumento dei questionari per stabilire la specificità del vissuto di ciascuna singola emozione.

Sebbene le emozioni possano manifestarsi anche in assenza di altri individui, Ekman ritiene che il loro ruolo sia collegato anzitutto alle situazioni sociali. Secondo Ekman le emozioni hanno un ruolo cruciale nello sviluppo delle relazioni interpersonali (sia nell’infanzia che nel corteggiamento) e nella modulazione dell’aggressione. Egli cita il caso dei malati che a causa di paralisi non sono in grado di assumere espressioni facciali o che non sono in grado di gestire o riconoscere la modulazione del parlato collegata all’emotività: questi individui hanno gravi difficoltà di relazione interpersonale.

Le emozioni informano i nostri conspecifici a riguardo di ciò che sta accadendo, e tale informazione riguarda sia quello che succede dentro la persona, sia ciò che è avvenuto prima, sia le possibili conseguenze. Dall’espressione di disgusto, ad esempio, capiamo il tipo sensazione provata dalla persona che stiamo osservando, capiamo pure che essa ha appena incontrato qualcosa di sgradevole al gusto o all’olfatto, e che probabilmente se ne allontanerà nel minor tempo possibile.

Benché le espressioni facciali e vocali siano manifestazioni delle emozioni, possiamo avere sia il caso di emozioni che non vengono espresse, sia il caso di espressioni simulate che non corrispondono ad emozioni realmente provate. Vi sono comunque differenze tra le espressioni sincere e quelle falsificate, ed è dunque possibile distinguerle, soprattutto nel caso delle espressioni facciali.

Qui vale la pensa aprire una breve parentesi e ricordare che Ekman è l’autore del famoso libro “I volti della menzogna”. In questo libro Ekman si dilunga molto sulle varianti di sorriso che si possono assumere per dissimulare la menzogna. Vi sono molte emozioni che intervengono quando quando non si dice la verità, e vi sono molti modi per dissimularle. Ad esempio, è tipico di chi sta raccontando una menzogna la diminuzione dei gesti illustrativi (che accompagnano e rafforzano i significati) e l’aumento dei gesti incompleti o fuori posto. Frequenti in chi sta mentendo sono anche le tirate oratorie, o le pause improvvise che lasciano intravedere la mancanza di un ricordo reale. Tirando le somme, si può dire che i segni della menzogna sono molteplici, ma anche che sono spesso ambivalenti, possono avere significati diversi, e vanno interpretati sulla base del contesto e della persona particolare con cui si ha a che fare.

Tornando alle emozioni di base, Ekman ritiene che la loro valutazione da parte degli individui possa avvenire secondo due modalità differenti. Ci può essere un riconoscimento automatico, rapido, di tipo inconscio, ed un riconoscimento più lento e cognitivamente mediato. Ekman non è però in grado di individuare le strutture anatomiche esatte che sottostanno a tali processi.

Ekman riconosce che ciascuna emozione di base può essere collegata a specifiche attivazioni del sistema nervoso autonomo, in preparazione a comportamenti determinati quali la fuga e l’attacco. Questo punto di vista è in contrasto con la visione di chi pensa che le emozioni siano esclusivamente un costrutto sociale. Esistono infatti degli studi che mostrano come gli schemi di attivazione del sistema nervoso siano simili anche tra culture differenti.6

Questo breve riassunto della concezione delle emozioni secondo Ekman è proposto come approccio al lavoro più profondo sviluppato dalle neuroscienze affettive di Jaak Panksepp. Se si legge il lavoro di Ekman dopo aver studiato Panksepp, il lavoro di Ekman appare come un primo abbozzo di ciò che si rivelerà essere un affresco più vasto ed organico. Il lavoro di Panksepp, in maniera speculare, appare come una sorta di upgrade del lavoro di Ekman, riuscendo a spiegare diversi nessi causali che nel discorso di Ekman sono soltanto intuiti.

La visione di Panksepp, come quella di Ekman, si sviluppa attorno all’idea che vi siano alcune emozioni di base, ma è molto più approfondita da un punto di vista neuroscientifico e individua un diverso set di emozioni di base, che sono la paura, la rabbia, l’eccitazione sessuale, la cura, la pena della solitudine, il gioco, e la ricerca/voglia di fare. Chi scrive ha pubblicato un libro divulgativo sulle emozioni di base secondo Panksepp, di cui si possono leggere le prime pagine online.

1Il riferimento principale per la stesura di questo articolo è: Paul Ekman , Basic Emotions, Capitolo tre in T. Dalgleish and M. Power (Eds.). Handbook of Cognition and Emotion. Sussex, U.K.: John Wiley & Sons, Ltd., 1999.

2Le espressioni nella fotografia sono state impiegate in questo studio: Ekman, Paul, E. Richard Sorenson, and Wallace V. Friesen. “Pan-cultural elements in facial displays of emotion.” Science 164.3875 (1969): 86-88.

3All’inizio della sua carriera Ekman adottava una concezione secondo cui le emozioni sarebbero descrivibili con due assi basati sui concetti attivo-passivo e piacevole-spiacevole. Successivamente, tale concezione ha lasciato posto all’idea che vi siano alcune emozioni di base qualitativamente ben distinte fra loro.

4 L’espressione “emozioni di base” può anche servire per distinguere le emozioni primarie dalle combinazioni che ne derivano (emozioni secondarie).

5Nota che vi sono teorici, come Izard e Panksepp, secondo i quali le emozioni sono assimilabili ad un processo continuo. Non a caso Panksepp inserisce la cura nel novero delle emozioni di base.

6Va comunque segnalato che non a tutte le emozioni è chiaramente associata una specifica attivazione del sistema nervoso autonomo, come ad esempio nel caso di sorpresa e godimento. Oltre all’attivazione del sistema nervoso autonomo, Ekman ipotizza anche un’attivazione del sistema nervoso centrale, in modo da poter rendere conto delle specificità di ciascuna emozione per quanto riguarda le dinamiche di memoria, immaginazione, e aspettativa.

2 pensieri su “Paul Ekman e le emozioni di base

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