La reificazione e la natura del cervello: dalle neuroscienze alle atmosfere

Stanislas Dehaene è un ricercatore a capo del più importante laboratorio francese di neuroimaging. Nel suo libro Coscienza e Cervello (di cui ho pubblicato una sintesi in un altro articolo) parla della relazione fra coscienza ed inconscio, ed ha modo di mettere a fuoco alcuni aspetti del funzionamento del cervello che sono a mio avviso interessanti dal punto di vista della reificazione.

Il cervello descritto da Dehaene non è un luogo di quiete in attesa dell’arrivo degli stimoli, delle perturbazioni dal mondo esterno. Al contrario è in un continuo stato di attività generata autonomamente. Le risposte generate a seguito dagli stimoli esterni costituiscono solo una parte minima dell’attività del cervello:

Di fatto, un’attività organizzata spontanea è onnipresente nel sistema nervoso. Chiunque abbia mai visto un EEG lo sa: i due emisferi generano costantemente una massiccia quantità di onde elettriche ad alta frequenza, che la persona sia sveglia oppure addormentata. Quest’eccitazione spontanea è talmente intensa da dominare il panorama dell’attività cerebrale. In confronto, l’attivazione evocata da uno stimolo esterno è a malapena rilevabile, e affinché questa possa essere osservata, è necessario un notevole lavoro di calcolo delle medie. L’attività evocata dallo stimolo rende conto soltanto di una piccola parte dell’energia totale consumata dal cervello, probabilmente meno del cinque per cento. Il sistema nervoso agisce, in primo luogo, come un meccanismo che genera i suoi stessi schemi di pensiero.”1

Da questa descrizione del cervello vediamo che i pensieri definiti non emergono come un oggetto disegnato su un foglio bianco. Il punto di partenza non è una tabula rasa, ma una nuvola rumorosa, e per passare da questa indefinitezza iniziale alla definitezza di un pensiero cosciente il temporaneo silenzi amento di alcuni neuroni è almeno tanto importante quanto l’attivazione di altri neuroni. L’oggetto posto in uno spazio originariamente vuoto è una sorta di presupposto del nostro ragionare razionale, ma sembra che la natura profonda del cervello prenda più facilmente le mosse da un ribollire diffuso. Lo stato normale del cervello non è una piattezza su cui lo stimolo risalta. Lo stimolo che ha raggiunto la coscienza può essere pensato meglio come un elemento d’ordine che si è propagato con successo in una foresta di processi, anziché come un suono che accade nel silenzio. Per noi uomini adulti e razionali il foglio bianco è la metafora del punto di partenza, ma la selezione, l’architetto che ha creato la nostra mente, sembra avere gusti diversi dai nostri. Sembra che questo architetto preferisca partire da un brusio cui dare ascolto.

Da quanto detto traiamo l’osservazione che la cosalità non è necessariamente il formato migliore per comprendere le dinamiche dei pensieri. Con la parola cosalità ci riferiamo alle caratteristiche degli oggetti materiali. Gli oggetti materiali si pongono come oggetti densi in uno spazio vuoto, ma si tratta di un modo di pensare che non è dato dalla nascita, bensì è una modalità di pensiero che si instaura nel corso dei primi mesi di vita dell’individuo. Prima si ha una situazione in cui si ripresentano situazioni fra loro riconoscibili, ma non assimilabili ad oggetti permanenti.

Gli oggetti materiali sono personaggi indispensabili sul palcoscenico della nostra vita quotidiana, ma vi è anche molto altro, che appartiene alla dimensione più riflessiva, spirituale, emotiva. Quando invece si tende a ridurre ogni fenomeno del mondo riducendolo alle dinamiche degli oggetti materiali, si perde qualcosa della profondità del mondo. Questa polarizzazione della visione del mondo attorno alla natura dell’oggetto materiale, alla cosalità delle cose, la chiamiamo reificazione, dal latino res che significa, appunto, cosa.

Chi scrive ritiene che la reificazione sia un problema della società contemporanea. Vedere che la natura del pensiero cosciente si discosta dal formato degli oggetti materiali dovrebbe aiutarci a svincolarci dal pregiudizio della necessità pervasiva di interpretare tutto riportandolo al piano degli oggetti materiali, favorendo invece una decostruzione della reificazione e la coltivazione di una sensibilità alle atmosfere, alle proprietà sistemiche, alla dimensione olistica e spirituale.

La struttura della corteccia cerebrale e la psicologia dello sviluppo ci parlano di una processualità composita dal quale gli oggetti emergono. L’indefinitezza si pone così come un piano più originario rispetto a quello dell’oggetto ben formato. Questo sapere di natura scientifica si può coniugare con una meditazione che mira a scalzare il dominio del formato di pensiero di un oggetto materiale troppo solido e sicuro di sé, mostrandone le aperture e arrivando a porlo come una possibilità fra le altre.

1Stanislas Dehaene, Coscienza e cervello. Come i neuroni codificano il pensiero, 2014, Milano, Raffaello Cortina Editore. Titolo originale: Consciousness and the Brain: Deciphering How the Brain Codes Our Thoughts. Traduzione di Pier Luigi Gaspa. pp. 252-253.

“Coscienza e cervello” di Stanislas Dehaene: sintesi dei concetti fondamentali

Nel suo libro Coscienza e Cervello1, Stanislas Dehaene ci parla di come sono organizzati lo spazio cosciente e l’elaborazione inconscia dell’informazione. All’inizio del nostro articolo daremo subito una descrizione concisa di queste strutture e delle cosiddette firme del pensiero cosciente. Parleremo quindi di alcuni fenomeni sperimentali significativi e delle applicazioni cliniche, finalizzate ai pazienti nei quali il normale funzionamento dello stato di veglia è compromesso. Vedremo come questa visione del cervello si interseca con la nostra comprensione dei mondi di vita del bambino, dell’animale e della malattia (più in particolare della schizofrenia). Accenneremo infine al modo in cui la visione “cognitiva” di Dehaene potrebbe incontrare quella delle neuroscienze affettive di Jaak Panksepp.

 

COSCIENZA ED INCONSCIO

Dehaene insegna psicologia cognitiva sperimentale al Collège de France ed è a capo del più avanzato laboratorio francese di neuro-imaging. Il suo cognome si pronuncia Dehan, con l’acca aspirata e l’accento sulla e. Se Jules Verne ha scritto Viaggio al centro della Terra, Dehaene ci racconta il viaggio degli stimoli che dalla periferia degli organi di senso riescono ad attraversare i territori dell’elaborazione inconscia, fino ad accedere alla coscienza centrale. È un viaggio lungo in termini di complessità attraversata, ma dura soltanto alcune frazioni di secondo.

I processi inconsci di elaborazione degli stimoli sono circoscritti in zone specifiche del cervello, come è il caso, ad esempio, della corteccia visiva o di quella uditiva. Questi processi inconsci sono soggetti ad un rapido decadimento, a meno che riescano a coalizzarsi in strutture più estese e a penetrare attraverso regioni successive della corteccia cerebrale. La zona di elaborazione inconscia è popolata da una moltitudine di stimoli che in frazioni di secondo si originano e tentano la via verso la coscienza, la quale si configura come uno spazio di condivisione globale dell’informazione. Solo pochi dei processi inconsci però, riescono a raggiungerla: la maggior parte di essi ricade nell’indifferenziazione da cui si erano sollevati.

Nel corso di una festa per esempio, vi sono molte voci che arrivano all’apparato uditivo e subiscono una prima elaborazione inconscia, ma di queste solo la voce su cui siamo concentrati arriva alla coscienza, oppure la voce di qualcun altro che ha appena pronunciato il nostro nome (il quale viene riconosciuto a livello inconscio). L’elaborazione del contenuto verbale di tutte le altre voci si ferma in qualche stadio di elaborazione inconscia e non entra in coscienza. Qui è evidente come i processi di elaborazione inconscia costituiscano una sorta di pre-selezione del materiale destinato ad essere elaborato dallo spazio cosciente.

Come già accennato, i processi inconsci di elaborazione iniziale degli stimoli sono specifici e fra loro isolati, nel senso che possono accedere soltanto ad altri processi limitrofi, e non sanno ciò che avviene nelle parti lontane del cervello. Lo spazio cosciente invece ha per caratteristica quella di condividere l’informazione proveniente da molte zone diverse del cervello fra loro distanti.2 Le informazioni che entrano a far parte della coscienza possono essere mantenute attive per un intervallo prolungato di tempo, indipendentemente dalle circostanze esterne. Tali informazioni diventano disponibili per le altre regioni del cervello e ne influenzano l’azione. La capacità di produrre espressioni verbali è un tratto caratteristico dello stato di integrazione rappresentato dallo spazio cosciente.3

Da un punto di vista anatomico, la struttura dello spazio cosciente condiviso si fonda su di un sistema di connessioni a lunga distanza (parecchi centimetri). Questa rete è costituita dai neuroni piramidali, caratterizzati da un corpo cellulare di dimensioni notevoli, da assoni molto lunghi per trasmettere i segnali, e da ramificazioni dendritiche con migliaia di spine ricettive.4

La rete di connessione a lunga distanza è caratterizzata dalla reciprocità, per cui se vi sono delle connessioni dal punto A al punto B della corteccia cerebrale, solitamente ve ne sono anche in direzione opposta, dal punto B al punto A. Vi è inoltre la tendenza a formare connessioni triangolari (e quindi a formare dei percorsi ad anello), nel senso che se vi sono connessioni dal punto A al punto B e dal punto A al punto C, allora si avranno facilmente connessioni anche tra il punto B e il punto C. Queste forme di reciprocità connettiva tendono ad avere un effetto auto-stabilizzante.5

Gli stimoli che riescono a compiere solo la parte iniziale del percorso di elaborazione sono chiamati subliminali, e non sono accessibili da parte della coscienza. Gli stimoli denominati precoscienti sono invece quelli che hanno compiuto dei passi ulteriori per accedere allo spazio centrale. Questi stimoli non sono ancora coscienti, ma dirigendo in modo opportuno la nostra attenzione è possibile recuperarli.6

Dehaene prende in esame il modo in cui i frammenti di informazione entrano nel dominio cosciente. Si tratta di un discorso centrato sul processo percettivo, con la possibilità dunque di costruire esperimenti in laboratorio. Gli stimoli sono il punto di partenza esterno chiaramente osservabile, mentre l’osservazione dell’output (lo stato del cervello) può compiersi con i metodi di brain-imaging. Dehaene si occupa meno di ciò che si intende per inconscio quando con questa parola ci si riferisce all’influenza di antiche memorie. In tal caso infatti vi è una sorgente di informazione interna alla mente (le strutture della memoria), più difficile da gestire in una situazione sperimentale.

Dalla nostra lettura di Dehaene sembra plausibile che il modo in cui le memorie entrano in coscienza sia assimilabile al modo in cui entrano in coscienza gli stimoli sensoriali. Ne segue che l’inconscio non si presenterebbe come una sorta di scantinato nel quale si aggira una personalità nascosta che ad un certo punto può saltare fuori. È solo nella sfera cosciente che sussisterebbe una personalità completa, attiva ed integrata. L’inconscio inteso come sedimentazione delle nostre esperienze di vita esisterebbe sì, ma non come un giardino dove i ricordi continuano una loro vita attiva indipendente, bensì piuttosto come un ricco deposito di impronte che tornano vive quando noi vi accediamo deliberatamente (là dove è possibile) o quando vengono risvegliate dall’attivazione di connessioni inconsce.7 8 9

Leggendo Dehaene – La fioritura del pensiero cosciente
Mi piace immaginare il brulicare dei processi inconsci come una schiera di germogli fluidi che si avvicendano tentando l’accesso alla zona cosciente, la quale offre loro la possibilità di integrarsi al resto della vita mentale giungendo a piena fioritura. (Bisognerebbe aggiungere dei fiori già sbocciati ma sbiaditi e nascosti negli anfratti, a simboleggiare le tracce delle memorie di vita che possono essere recuperate a nuova vita)

LA RILEVAZIONE DELLA NOVITÀ ED IL BRUSIO DI FONDO

Nel corso della sua esposizione Dehaene ha modo di richiamare l’attenzione su un paio di modalità di funzionamento tipiche della corteccia cerebrale. La prima di esse è la tendenza…

(… parte omessa nella pubblicazione web. Per avere gratuitamente l’articolo in versione integrale potete contattarmi con Facebook/messenger, o tramite mail…)

LE FIRME DELLA COSCIENZA

Ciò che Dehaene chiama firme della coscienza sono delle proprietà dell’attività neurale che corrispondono non tanto a uno stato continuo di veglia o di vigilanza, quanto all’ingresso nella coscienza di una specifica informazione. Le firme della coscienza non si attivano invece quando l’elaborazione dello stimolo si arresta ad un livello precosciente.

La prima firma della coscienza è costituita semplicemente dall’invasione di molte regioni del lobo parietale e di quello prefrontale da parte del segnale sensoriale. La seconda firma della coscienza è data dalla cosiddetta onda P3. Si tratta di un intenso voltaggio rilevato nella parte superiore della testa. Tale intensità è da intendersi relativamente, trattandosi comunque di pochi microvolt. Quest’onda comincia circa 3 decimi di secondo dopo la presentazione dello stimolo, ma si presenta soltanto se lo stimolo viene riconosciuto a livello cosciente.

La terza firma della coscienza è un aumento notevole dell’attività elettrica del cervello nelle frequenze alte, quelle sopra i 30 Hertz, chiamate onde gamma. La quarta firma è la sincronizzazione di parti del cervello poste a grande distanza fra loro (parecchi centimetri). Questa sincronizzazione avviene alle basse frequenze (alfa e beta), e costituisce un presupposto per la comunicazione reciproca fra tali aree. Anche la terza e la quarta firma emergono con un terzo di secondo di ritardo rispetto alla presentazione dello stimolo.

Il ritardo dell’onda P3 e delle altre firme della coscienza corrisponde al fatto che la nostra rappresentazione del mondo esterno viaggia con un ritardo di almeno tre decimi di secondo rispetto alla realtà circostante. Questo ritardo è compensato in parte dall’esistenza di molti servo-circuiti incoscienti che gestiscono l’esecuzione di azioni automatiche in modo più rapido rispetto all’elaborazione cosciente.10 Per mantenere il coordinamento con la realtà esterna inoltre, il nostro cervello costituisce continuamente un’anticipazione sensomotoria di ciò che sta per accadere.11 Quando si verifica un imprevisto succede dunque che ci troviamo, per un istante, nella posizione di apprezzare una sfasatura fra la realtà corrente e la nostra previsione. Dehaene fa l’esempio del bicchiere di latte che cade perché urtato accidentalmente. Vorremmo prenderlo al volo, ma possiamo solo osservare la lentezza della nostra reazione.

ALCUNI FENOMENI SPERIMENTALI

Dehaene descrive una grande varietà di fenomeni sperimentali, tra i quali particolarmente significativi sono le immagini subliminali, la rivalità binoculare, la cecità disattenzionale, la visione ceca, la valutazione di appropriatezza al contesto.

Le immagini subliminali sono immagini presentate al di sotto (sub-) di un certo tempo limite (limen), che corrisponde a circa 50 millisecondi. A causa del brevissimo tempo di presentazione queste immagini non arrivano alla coscienza, ma riescono comunque ad accedere alle prime zone del cervello dedicate all’elaborazione visiva, lasciando una traccia del loro accesso per un breve periodo di tempo, circa un secondo. Nei cosiddetti esperimenti di priming subliminale la presentazione subliminale di una parola accelera il successivo riconoscimento di quella stessa parola, se la seconda presentazione avviene entro un secondo dalla prima. L’accelerazione è dovuta al fatto che alcuni circuiti nervosi inconsci erano si già sintonizzati su quello stimolo.

La rivalità binoculare si ha quando si presentano all’occhio sinistro e all’occhio destro due immagini fra loro scollegate, ad esempio per mezzo di un sistema di specchi o con degli schermi opportunamente allestiti. Ciò che succede è che la visione oscilla tra un oggetto e l’altro, ad esempio tra un volto e una casa. L’oscillazione avviene a livello inconscio, ed è al di fuori della portata della decisione consapevole di seguire una o l’altra immagine.

Un esperimento interessante che si può fare è presentare il volto e la casa con immagini oscillanti a frequenze diverse, così che poi si possa riscontrare la traccia di una o dell’altra immagine per mezzo di un elettroencefalogramma. Nelle prime fasi dell’elaborazione visiva sono presenti contemporaneamente entrambi gli stimoli (la casa ed il volto), mentre a partire da un certo punto del processo di elaborazione è presente soltanto uno stimolo oppure l’altro, che si alternano nel tempo.

La cecità disattenzionale consiste nel fatto che quando si è concentrati su un determinato aspetto della scena si diventa incapaci di notare i cambiamenti che si svolgono in altre zone dell’ambiente osservato. Questo implica che vi sia una focalizzazione dell’attenzione cosciente sui flussi inconsci che provengono da determinate zone della realtà, e la concentrazione su un determinato contenuto tende ad impedire l’accesso in coscienza di altri contenuti. Un esempio famoso è quell’esperimento dove si chiede ai partecipanti di contare il numero di passaggi in una partita di basket, e intenti nel contare non ci si accorge che un attore vestito da gorilla entra in campo nel mezzo della partita, battendosi le mani sul petto prima di andarsene.12

La visione cieca si ha quando il soggetto non ha una coscienza visiva integra della situazione circostante (a causa di malattie o traumi), ma nonostante questo…

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IN OSPEDALE

All’inizio del capitolo sei Dehaene fornisce una descrizione degli stati principali di coscienza danneggiata. Il caso peggiore è quello della morte cerebrale, che è facilmente identificabile perché i neuroni muoiono, non sono più in grado di attivarsi elettricamente, e le memorie vanno a perdersi definitivamente col dissolvimento della struttura cellulare. Nel caso del coma invece, il paziente non è in grado di risvegliarsi per un periodo prolungato (per più di un’ora), ma le cellule cerebrali sono integre, come si può riscontrare facilmente dall’attività registrata con l’elettroencefalogramma. Molti pazienti in stato di coma si risvegliano tornando ad avere funzioni normali, ma alcuni di loro si risvegliano rimanendo insensibili, recuperano l’alternanza fra sonno e veglia ma non danno segni di consapevolezza: questo è lo stato vegetativo. Il problema è che dietro la maschera esterna dello stato vegetativo si nascondono dei casi in cui i soggetti mantengono la coscienza, e non è facile identificarli.

Nel 2006 si è accidentalmente trovata una paziente in stato vegetativo nel cui cervello si attivavano reti cerebrali distinte a seconda dei pensieri che le venivano richiesti a voce. Con la risonanza magnetica funzionale è possibile osservare che nel cervello si attivano aree diverse a seconda che si stia immaginando di giocare a tennis oppure di muoversi nel proprio appartamento. Nel primo caso il focus è sull’attività motoria, mentre il secondo compito è assimilabile ad un orientamento nello spazio. Nel 2010 è stato organizzato un esperimento in cui ad un altro paziente in stato vegetativo è stato chiesto se aveva dei fratelli. Il paziente doveva pensare di giocare a tennis per dire di sì e di visitare il proprio appartamento per dire di no. Il paziente rispose correttamente a 5 domande su 5.

Il problema è che compiere questo tipo di analisi implica costi molto alti per via dei macchinari necessari. Nel 2008 Dehaene ed alcuni suoi colleghi hanno intrapreso…

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I DINTORNI DELL’UOMO

L’uomo si sviluppa dall’animale nel corso del processo evolutivo, emerge dal bambino nel corso della crescita, e può darsi il caso che nel corso della sua vita incontri la malattia. Dal nostro sapere sulla coscienza ci aspettiamo che vengano suggerimenti su ciò che accomuna e distingue l’uomo adulto da questi mondi vitali ad esso limitrofi: il bambino, l’animale, la malattia.13

I BAMBINI

Come abbiamo visto la coscienza è associata ad uno spazio globale costituito da connessioni tra zone del cervello molto distanti fra loro. Queste connessioni iniziano a formarsi…

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VERSO UNA GRANDE SINTESI

Chiudo l’articolo ricordando un altro importante studioso che recentemente ha proposto un’ampia visione del cervello: Jaak Panksepp. Panksepp propone di considerare il cervello distinto in tre livelli. Il livello primario riguarda le strutture più antiche del cervello, quelle più vicine al tronco cerebrale, e contiene tra l’altro le strutture nervose collegate alle emozioni fondamentali di cui Panksepp si occupa (paura, aggressività, eccitazione sessuale, cura, pena della solitudine, gioco, SEEKING/voglia di fare)14. Il livello secondario riguarda soprattutto i meccanismi di apprendimento e memoria, mentre quello terziario riguarda le funzioni più elevate, che hanno la corteccia cerebrale come organo principale. I processi terziari sono quelli su cui è centrato il discorso di Dehaene.

Dunque, se Dehaene si occupa soprattutto dei processi terziari e Panksepp di quelli primari, l’intuizione suggerisce che si possa creare una visione complessiva che tenga conto di entrambi i discorsi. Avremo dunque uno spazio neuronale globale come manifestazione di una coscienza che ha le sue radici nei sistemi emotivi collocati nel grigio periacqueduttale?15La scienza a volte sembra fatta di molte vallate fra loro isolate, e forse mettendo insieme le chiavi di interpretazione sparse qui e là è già possibile trovare la soluzione. Bisogna tenersi aggiornati: forse qualcuno sta già scrivendo il libro che aspettiamo.

 

1Stanislas Dehaene, Coscienza e cervello. Come i neuroni codificano il pensiero, 2014, Milano, Raffaello Cortina Editore. Titolo originale: Consciousness and the Brain: Deciphering How the Brain Codes Our Thoughts. Traduzione di Pier Luigi Gaspa.

2“…l’informazione non cosciente rimane confinata a un angusto circuito cerebrale, mentre l’informazione percepita coscientemente viene distribuita globalmente su gran parte della corteccia e per un tempo prolungato.” p. 188

3“Negli esseri umani, il formulatore verbale che ci consente di esprimere i contenuti della nostra mente è un elemento essenziale che può essere impiegato soltanto quando siamo coscienti” p. 155

4I neuroni più sviluppati da questo punto di vista si trovano nella corteccia prefrontale.

5Dehaene nota inoltre come “In pratica, tutte le regioni della corteccia direttamente interconnesse condividono a loro volta l’informazione tramite una via parallela d’informazione che passa attraverso un trasmettitore collocato in profondità nel talamo.” p. 233

Nello stesso passo Dehaene fa riferimento anche all’importante ruolo dei gangli basali e dell’ippocampo.

6“Per quanto ci sforziamo di percepirlo, uno stimolo subliminale non diventerà mai cosciente, laddove, invece, uno stimolo preconscio sì, se soltanto troviamo il tempo per occuparcene.”

7Non intendo certo dire che le impronte inconsce della memoria siano assolutamente immodificabili, ma che i processi a cui sono soggette sono qualitativamente differenti da quelli della vita cosciente. Considera in proposito questa affermazione: “Il nostro cervello si comporta come uno statistico esperto, che rileva regolarità significative nascoste in sequenze apparentemente casuali, e tale apprendimento statistico avviene senza sosta, in sottofondo, anche quando stiamo dormendo.” p. 122

8È interessante in proposito la teoria del riconsolidamento delle memorie, che prevede la possibilità di cambiare forma alle memorie una volta richiamate in coscienza. Si veda: Karim Nader and Einar Örn Einarsson, “Memory reconsolidation: an update,” Ann. N.Y. Acad. Sci. 1191, (2010), 27–41 doi: 10.1111/j.1749-6632.2010.05443.x

9C’è un passo a pagina 148 dove Dehaene contrappone la visione di un inconscio in rapido decadimento alla visione di Lacan per cui l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Al di là dell’ipotesi di Lacan, a noi sembra che la posizione espressa in questo passo da Dehaene sia adeguata a descrivere l’inconscio sensoriale, ovvero il destino delle informazioni sensoriali provenienti dall’esterno, ma non l’inconscio biografico, inteso come stratificazione delle memorie che costituiscono la nostra storia di vita.

“Molti esperimenti mostrano che, nel cervello, lo stimolo subliminale va incontro a un decadimento esponenziale. Riassumendo queste scoperte, il mio collega Lionel Naccache ha concluso (contraddicendo lo psicanalista francese Jacques Lacan) che “l’inconscio non è strutturato come un linguaggio, ma come un decadimento esponenziale”. Sforzandoci, noi possiamo mantenere viva per un periodo leggermente più lungo l’informazione subliminale; ma la qualità di questa memoria si degrada a tal punto che il nostro richiamo, dopo pochi secondi d’intervallo, supera a malapena il livello della casualità. Soltanto la coscienza ci permette di coltivare pensieri duraturi.”

10“I nostri occhi e le nostre mani reagiscono spesso adeguatamente proprio perché sono guidati da un’intera gamma di circuiti veloci sensomotori che operano al di fuori della nostra consapevolezza cosciente” p. 177

11“In pratica, tutte le nostre aree sensoriali e motorie contengono meccanismi di apprendimento temporale, che anticipano eventi del mondo esterno.” p. 177

12Il video si trova su Youtube cercando: Daniel Simons Gorilla

Sarebbe interessante considerare questa resistenza della coscienza insediata per mezzo dei concetti di individuazione e metastabilità come sono stati sviluppati da Gilbert Simondon.

13Vi sarebbe almeno una quarta provincia da aggiungere ai dintorni dell’uomo: lo sviluppo di simulazioni software del funzionamento del cervello. Dehaene parla di una simulazione del cervello da lui sviluppata per verificare le dinamiche delle firme della coscienza. Per sviluppare tale simulazione ha preso di riferimento la colonna talamo-corticale come “unità computazionale di base del cervello dei primati”. Cf. p. 246

Inoltre: “In Europa si stanno riunendo forze di ricerca per il Progetto Cervello Umano (Human Brain Project), un epico tentativo di comprensione e di simulazione di reti corticali delle dimensioni di quella umana.”

14Nel campo delle emozioni Dehaene fa riferimento all’amigdala; ricordiamo che secondo Panksepp l’amigdala è meglio interpretabile come un canale di trasmissione, non una sorgente.

15Per approfondire la visione di Panksepp vi suggerisco il libro divulgativo da me pubblicato: “Le emozioni di base secondo Panksepp”.