Panksepp ha voglia di giocare

Il libro di Panksepp non vale tant’oro quanto pesa. Di più. Molto spesso utilizza i dati scientifici di base per delle considerazioni su come affrontare i principali “malfunzionamenti” mentali dell’uomo, come depressione, rabbia e mancata felicità in genere. L’importanza di queste considerazioni non sta nella loro novità assoluta, ma nel fatto che sono fondate sulla conoscenza della struttura fisica del cervello che si è andata accumulando nelle ultime decine di anni. Non sono soltanto “valide impressioni”, ma punti di riferimento consolidati. Traduco qui l’ultimo spunto interessante che ho trovato:

“Come vedremo nel prossimo capitolo, la giocosità, che è la sorgente di uno dei più positivi sentimenti sociali-affettivi che la nostra mente possa generare, non è ancora sistematicamente o adeguatamente impiegata nei contesti psicoterapeutici. Ci sono sicuramente dei modi per rendere questo robusto affetto positivo un aspetto comune delle interazioni psicoterapeutiche. Dovremmo ricordarci la famosa idea di Norman Cousin’s (1983): che la risata potrebbe essere una delle nostre migliori medicine.”

Ma gli angeli giocosi, per essere tali, non dovranno prima imparare ad usare i coltelli contro i cani arrabbiati?

Testo originale in inglese:
“As we will see in the next chapter, playfulness, which is the source of one of the most positive social-affective feelings our brain can generate, is not yet systematically or well used in psychotherapeutic contexts. There are surely ways to make this robust positive affect a more common aspect of therapeutic intereaction. We may be wise to remember Norman Cousin’s famous idea: Laughter may be one of our best medicines.”

Da: The Archaeology of mind – Neuroevolutionary Origins of Human Emotions.
Jaak Panksepp e Lucy Biven

Panksepp e i figli dell’indifferenza

Secondo Jaak Panksepp, sono due le influenze che nel corso del novecento hanno contribuito a tenere lontano il pensiero dominante dall’elaborazione di un’adeguata riflessione sulla struttura emotiva dell’uomo. Prima il comportamentismo, che rifiutava di prendere in considerazione il contenuto del pensiero in quanto non misurabile oggettivamente, con il risultato di favorire lo studio del comportamento e di tutto ciò che vi è di più materiale nella vita dell’uomo. Successivamente la strada alla comprensione della dimensione emotiva è stata bloccata dalla visione cosiddetta cognitiva dell’uomo, formatasi utilizzando il computer come metafora e privilegiando le funzioni linguistico-razionali superiori a scapito delle radici emotive sottostanti.

A proposito del comportamentismo, Panksepp scrive un passo che trovo molto interessante per capire fino a che punto un sapere sbagliato possa rovinare la vita dell’uomo. Ho pensato quindi di tradurlo (il libro è in inglese) e di riportarlo in italiano.

“… i comportamentisti credevano che i bambini non avrebbero avuto ragione di legarsi ai loro custodi se questi non avessero provveduto ai loro bisogni fisici. Non c’era l’idea che i bambini o i giovani animali avessero un intrinseco bisogno di attaccamento sociale al di là della soddisfazione dei bisogni fisici. Alcuni dei più notevoli consigli furono dati da John Watson, il padre del comportamentismo, che allevò i propri figli con poco affetto. Il suo pezzo più famoso riguardante un’appropriata educazione dei figli fu di “mai abbracciarli e baciarli, mai lasciarli sedere in grembo. Se dovete, baciateli una volta sulla fronte quando gli date la buona notte. Stringetegli la mano al mattino. Dategli un tocco sulla testa se hanno compiuto un lavoro straordinariamente buono o un compito difficile” (dal suo Cura Psicologica dell’Infante e del BambinoPsychological Care of Infant and Child, 1928, che vendette più di 100.000 copie nei primi mesi dopo la pubblicazione). Tutti i suoi figli ebbero gravi problemi emozionali, forse a causa di indifferenza parentale, inclusa una figlia che tentò più volte il suicidio e un figlio che riuscì a togliersi la vita.”

Pensate forse che si tratti di cose lontante dalla nostra realtà? Quante persone emotivamente equilibrate e consapevoli credete che ci siano fra i guerrafondai che oggi spingono per bombardare la Siria?

Il pezzo è tratto da The Archaeology of Mind – Neuroevolutionary Origins of Human Emotions, di Jaak Panksepp e Lucy Biven, 2012

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