Sfogare la rabbia?

Sfogare la rabbia può sembrare un modo legittimo di esprimere il proprio sentimento, ma rischia di diventare una trappola emotiva. Appoggiandoci alla visione offerta dalle neuroscienze affettive, in questo articolo cercheremo dei modi alternativi per gestire questa emozione, così importante per l’equilibrio affettivo e la crescita personale.

La rabbia si manifesta con una forte propensione all’azione. Il cuore batte più forte, la pressione sale, il respiro accelera e i muscoli vanno in tensione. Le sensazioni provate in tale situazione possono essere immaginate come l’effetto di un fluido in pressione dentro di noi. È cosí che spesso “Un aumento graduale della rabbia è descritto come un crescere della pressione o come un raggiungimento del punto di ebollizione dello stato interno”1. Con tali premesse, l’idea di sfogare la rabbia sembrerebbe un buon modo di riequilibrare le nostre sensazioni. Se lasciamo uscire la pressione all’esterno, cosí ci dice l’intuito, allora si abbasserà la pressione all’interno. Purtroppo questo “modello idraulico della rabbia”2 (che risale almeno alla psicoanalisi di Freud3 ed è ipotizzato anche da Konrad Lorenz4) è parzialmente ingannevole, e non ci aiuta ad agire nel modo più corretto.

Negli anni cinquanta venne condotto un esperimento per verificare se si potesse sfogare la rabbia piantando chiodi con un martello. Come risultato, “le persone che avevano martellato i chiodi erano più (anziché meno) ostili nei confronti della controparte…”5

Nel 2001 venne svolto un esperimento simile ma più raffinato.6 L’esperimento coinvolse alcune centinaia di studenti universitari ai quali venne data una votazione ingiusta.Gli studenti cosí irritati vennero divisi in tre gruppi. Sia gli studenti del primo gruppo sia quelli del secondo gruppo presero a pugni un sacco da pugilato, ma i primi lo fecero mentre guardavano un’immagine dell’esaminatore, mentre i secondi lo fecero guardando il corpo perfetto di un atleta. Gli studenti del gruppo 3, invece, rimasero semplicemente ad aspettare mentre uno dei ricercatori lavorava al computer.

Alla fine dell’esperimento, gli studenti del gruppo 1 erano quelli con i livelli di rabbia più elevati.7 Colpire il sacco da pugilato pensando all’istigatore della rabbia non aveva disperso gli istinti aggressivi.8

Tale risultato dipende probabilmente dal modo in cui la rabbia altera il nostro modo di ragionare. La rabbia, infatti, non ha solo degli effetti fisiologici. La rabbia possiede “un’abilità inusualmente forte di catturare l’attenzione.”9 Le persone “non sono cognitivamente competenti quando si arrabbiano”, e una persona arrabbiata “non è ottimamente vigile, ponderata, empatica, prudente”.10 La persona arrabbiata tende a ripetere in modo ciclico i pensieri che hanno alterato il suo sentimento. La ruminazione intellettuale, riproponendo incessantemente il proprio punto di vista, non aiuta a calmare la rabbia, piuttosto l’amplifica. “Sfogando” la rabbia con azioni distruttive rischiamo di prolungare il pensiero accusatorio, e di trovarci più arrabbiati di prima.

Quali sono dunque le alternative che abbiamo a disposizione?

La rabbia nasce nelle situazioni in cui ci incontriamo-scontriamo con gli altri. “La rabbia è un’emozione molto interpersonale. Essa non può essere pienamente compresa separatamente dal contesto in cui accade…”11 Tipicamente ci arrabbiamo quando qualcuno ci manca intenzionalmente di rispetto.12 Ciò può succedere nei modi più diversi; può accadere, ad esempio, di venir tenuti all’oscuro di qualcosa, di non ricevere la dovuta attenzione, o di veder danneggiato un oggetto a cui teniamo particolarmente.

Prendiamo in considerazione un esempio piuttosto banale, ma significativo: se ci arrabbiamo con una persona perché ci ha insultato e all’improvviso ci rendiamo conto che non stava parlando con noi, la nostra rabbia diminuirà notevolmente, forse addirittura sfumando del tutto. E questo non perché “la pressione della rabbia” sia stata scaricata all’esterno, bensì perché si è disattivata la sorgente che generava il sentimento della rabbia.

L’intenzione della controparte13 e il mancato rispetto sono solitamente la sorgente della rabbia, ed è lì che conviene intervenire. Se per sfogarmi distruggo un oggetto inanimato, è come se in un certo senso tentassi di ingannare la mia emotività. Ma la mia emotività non è stupida, per così dire, e si rende conto che il vero problema non è stato affrontato distruggendo un piatto, dando un pugno ad un cuscino, oppure urlando da soli in una stanza.

Il problema nel comprendere la rabbia è che quando ci pensiamo ci arrabbiamo. Per capire la rabbia dovremmo andare a guardare proprio nel punto esatto dove essa nasce, ma al tempo stesso vorremmo precisamente distoglierne lo sguardo per non restarne coinvolti. Può allora essere d’aiuto immaginare l’episodio dell’arrabbiatura come se fosse, letteralmente, la scena di un film, come se noi fossimo un regista che osserva noi stessi dall’esterno e che riavvolge con pazienza la pellicola per ri-esaminare cosa è successo nel punto incriminato. Osservandoci in questo modo, come se fossimo il regista di noi stessi, potremo staccarci più facilmente dal nostro punto di vista personale, e raggiungere cosí uno stato emotivo più equilibrato.

Non è per nulla facile convincere la nostra parte arrabbiata che la sua accusa non è davvero cosí sicura come sembra. È come se ci fosse dentro di noi una creatura sorda che non vuole ascoltare, e quando essa prende il controllo delle nostre fantasie si creano soltanto dei problemi. Siamo chiamati a fare tutto il possibile per impedire alla rabbia di prendere il controllo delle nostre fantasie, perché quando ciò accade vengono generati motivi di risentimento e piani di vendetta irrealizzabili, i quali non possono che nuocere alla salute delle nostre relazioni. Noi non dovremmo perdere il nostro tempo e la nostra energia ad immaginare la distruzione del nemico, dovremmo invece “usare il cervello” per comprendere cosa questi voglia davvero. E allora forse ci accorgeremmo che col nostro supposto nemico si può anche, volendo, trasformare un conflitto in un’alleanza, o forse ritrovare la strada per l’intimità, se il nemico identificato dalla rabbia è il nostro partner.

La rabbia dovrebbe essere un segnale che ci chiama ad un confronto attento con la realtà concreta, e non ad una fuga in avanti verso le fantasie di vendetta. La rabbia ha un messaggio da darci, perché dove ci arrabbiamo c’è qualcosa che va risistemato. È un messaggio da ascoltare con attenzione, ma non per fare quello che dice la rabbia, bensí per tenerne conto nel prendere la decisione giusta, e quindi passare oltre.


Le situazioni che danno origine alla rabbia sono quelle in cui si definiscono e si aggiustano i confini fra noi e gli altri. Per questo la rabbia è importante e merita di essere studiata. Perché come tutte le emozioni essa dà forma al nostro ragionamento, e se noi non capiamo come funziona, succede che rimaniamo intrappolati nei suoi meccanismi ricorrenti. Sul nostro sito si trovano alcuni articoli che fanno parte della nostra ricerca sulla rabbia. Se ne trova una sintesi a questo link: La psicologia della rabbia, un’occasione per crescere.

APPENDICE
1) Nel caso specifico in cui una persona non si sente in grado di manifestare la rabbia, allora alcuni momenti di sfogo della rabbia potrebbero funzionare da catalizzatore per promuovere l’autocomprensione e la crescita personale. L’idea è che “restare con il sentimento”14 ci possa aiutare a capire da dove il sentimento prenda le mosse e quali ne siano le conseguenze. Si tratta però di esperienze delicate, che probabilmente necessitano dell’aiuto di un terapista professionista.

2) Come ogni emozione, anche la rabbia da luogo a una molteplicità di situazioni molto complesse, diverse da persona a persona. Vi potrebbero dunque essere delle circostanze particolari in cui qualcuno prova una soddisfazione momentanea nello sfogo di rabbia, ma rimane il fatto che la rabbia accade tipicamente nell’ambito delle relazioni sociali durevoli,15 e sembra molto difficile che tali relazioni possano diventare più piacevoli permanendo in un’atmosfera di rabbia. Abbiamo approfondito questo tema nel nostro articolo sulla rabbia verso il partner.


Il contenuto di questo articolo non sostituisce il parere del medico o del professionista abilitato.


BIBLIOGRAFIA

Alia-Klein, Nelly, et al. “The feeling of anger: From brain networks to linguistic expressions.” Neuroscience & Biobehavioral Reviews (2019) p. 492.

Archer, John. “The nature of human aggression.” International journal of law and psychiatry 32.4 (2009): 202-208.

Busch, Fredric N. “Anger and depression.” Advances in Psychiatric Treatment 15.4 (2009): 271-278.

Bushman, Brad J. “Does venting anger feed or extinguish the flame? Catharsis, rumination, distraction, anger, and aggressive responding.” Personality and social psychology bulletin 28.6 (2002): 724-731.

Eibl‐Eibesfeldt, Iraneus. “Evolution of destructive aggression.” Aggressive Behavior 3.2 (1977): 127-144.

Frodi, Ann. “Effects of varying explanations given for a provocation on subsequent hostility.” Psychological reports 38.2 (1976): 659-669.

Mackay, Hannah C., Michael Barkham, and William B. Stiles. “Staying with the feeling: An anger event in psychodynamic–interpersonal therapy.” Journal of Counseling Psychology 45.3 (1998): 279.

Novaco, R. W. (2016). Anger. Stress: Concepts, Cognition, Emotion, and Behavior, 285–292. doi:10.1016/b978-0-12-800951-2.00035-2


1Alia-Klein et al. 2019, p. 492.

2Bushman 2002, p. 725.

3“Le idee terapeutiche di Freud a riguardo della catarsi emozionale formano la base del modello idraulico della rabbia.” Bushman 2002, p. 725.

4“Il modello idraulico per le tendenze al comportamento aggressivo postulato da Lorenz (1966) trae validità da fatti fisiologici.” Citato in Eibl-Eibesfeldt 1977, p. 138. Sempre sull’impostazione di Lorenz, considera anche: “Questo è il motivo per cui generalmente ha senso, da un punto di vista funzionale, che un sistema motivazionale dell’aggressività sia basato su un principio generato dall’avversione piuttosto che da un appetito (…), come una volta fu suggerito da Lorenz…” Archer 2009, p. 207. Ciò significherebbe che non vi è un appetito per l’azione aggressiva il quale lentamente si accresce, indipendentemente della situazione in cui ci troviamo. Al contrario, in assenza di situazioni avverse, il sentimento della rabbia semplicemente non si presenterebbe.

5Bushman 2002, p. 725.

6Bushman 2002.

7Il grado di rabbia è stato valutato con dei questionari e con un metodo sperimentale che può essere curioso riportare: i partecipanti venivano posti in una situazione competitiva in coppia con un altra persona. Ad entrambi veniva fatto ascoltare un suono improvviso. Il primo che rispondeva premendo un bottone aveva il diritto di infliggere alla controparte un rumore di volume elevato di durata a piacere. La durata di questo rumore veniva determinata tenendo premuto un bottone. Il livello di arrabbiatura corrispovande alla durata media del rumore inflitto all’avversario.

8I livelli inferiori di rabbia furono riportati dal terzo gruppo.

9Lerner e Tiedens 2006, p. 116.

10Le due citazioni sono tratte da Novaco 2016, p. 286. Sul medesimo tema vedi anche Alia-Klein, Nelly, et al. 2019.

11Averill 1983, p. 1149.

12Cosí si esprime R.W. Novaco sulla rabbia: “Prototipicamente, essa è innescata o provocata da eventi che sono percepiti costituire un deliberato danneggiamento da parte di un istigatore verso qualcuno o verso coloro a cui qualcuno è affettivamente legato (endeared).” Novaco 2016, p. 285.

13“Heider (1958) sottolineava che l’attribuzione di intenzione é un fattore importante che influenza l’assegnazione di una causa e dei suoi effetti. Le reazioni di una vittima ad una provocazione, infatti, sembrano essere notevolmente influenzate dalla sua comprensione delle intenzioni sottostanti. Similmente, Kelley (1971) argomentava che spesso é l’intenzione ostile ad essere reciprocata, e non l’ammontare del danno o del dolore ricevuti nel corso di un’interazione aggressiva. Rule, Dick e McAra hanno riscontrato che gli studenti delle scuole superiori giudicavano un atto aggressivo motivato da ragioni personali come più sbagliato e meritevole di punizione rispetto ad un aggressione motivata da ragioni non personali o non egoistiche.” Frodi 1976, p. 660. “In breve, la rabbia é una risposta ad un qualche misfatto percepito” Averill 1983, p. 1150.

14Mackay 1998, p. 280.

15Si veda la tabella 2 a pagina 1150 di Averill 1983. Soltanto nel 13% dei casi gli episodi di rabbia erano diretti verso uno sconosciuto. Nel 29% dei casi riguardavano la persona amata. Nel 24% dei casi una persona ben conosciuta e oggetto di apprezzamento.

REV 24 luglio 2021 – rivisto primo paragrafo il giorno 1 settembre

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