Pontevedra città senz’auto. Un diario di viaggio.

Pontevedra è la città spagnola famosa per aver messo al bando le auto nel centro storico. Io amo l’idea di una città senz’auto, e quest’estate sono andato a visitarla. Qui di seguito trovate il racconto di quello che ho visto.

Arrivato a Pontevedra sono pronto a fotografare tutto, anche le cose inutili, incluso il treno che riparte. Nell’uscire dalla stazione sono pervaso da una leggera ansia di rintracciare subito gli effetti benefici del vivere senz’auto, ma a dire il vero qui di auto ce ne sono molte. Però, inizio a notare con sollievo, sembra che l’andatura sia più lenta che altrove. E appena mi avvicino alle strisce pedonali, subito i veicoli rallentano in segno di rispetto.

Il centro si trova ad alcuni chilometri di distanza dalla stazione, e ci mettiamo in marcia per raggiungerlo. Dopo aver camminato per alcuni minuti troviamo delle strade col limite a 30 all’ora e la carreggiata molto stretta, delimitata da una serie di blocchi di pietra lunghi circa un metro, alternati regolarmente a degli spazi lunghi altrettanto. Questi blocchi di pietra sono piuttosto spigolosi, e fanno passare la voglia di andare veloci alle automobili, che infatti avanzano lentamente. Ai due lati della via ci sono dei marciapiedi molto ampi con alberi e panchine.

Pontevedra – Strada con il limite a 30 Km/h

Procedendo nel nostro cammino raggiungiamo la zona propriamente pedonale. É ricca di luoghi per sedersi, si vede in circolazione un certo numero di carrozzelle per gli anziani e, soprattutto, ci sono tanti passeggini e tanti bambini. Ci troviamo in una zona che onestamente non potremmo considerare turistica. Al contrario, i palazzi sono piuttosto anonimi, eppure le strade sono piene di persone, ed i negozi anche. Mentre camminiamo mi fermo continuamente a fare fotografie cercando gli scorci più interessanti per immortalare lo spirito della città senz’auto, ma Miss Timea mi ricorda che siamo in ritardo per l’appuntamento con la ragazza che ci ospita (abbiamo prenotato una stanza con AIRBNB).

Pontevedra – Persone che camminano nel centro pedonale

Luisa se ne era andata molto tempo fa da Pontevedra per andare a stare a Dublino, ed è tornata qui da poco più di un anno. Quando era più giovane voleva scappare dalla città natale, mentre adesso stare qua le piace. Dice che ci sono tante persone capaci con iniziative interessanti. Questa sera deve uscire per andare a una protesta contro la corrida.

Domenica mattina ho tempo di parlarle meglio. Luisa è contenta della politica pedonale, ma non è allergica all’auto come lo siamo noi. Lei l’auto ce l’ha, solo che per andare in centro non la usa, sia perché in centro non ci sono parcheggi, sia perché la rete dei sensi unici rende difficile (volutamente) raggiungere la meta precisa usando l’automobile. Le chiedo se in città tutti sono contenti di questa situazione di mobilità alternativa. Lei dice che c’è sempre qualcuno che non è contento. Per esempio, i corrieri che devono consegnare la merce ai negozi del centro devono farsi largo lentamente fra i pedoni, perdendo molto tempo (mentre la ascolto mi chiedo se non perderebbero anche più tempo in una città con molto traffico). Poi Luisa mi spiega che qua a Pontevedra i trasporti pubblici sono molto limitati. E se qualcuno deve andare da qualche parte fuori dal centro, deve usare per forza l’auto. Dice che qua le persone i trasporti pubblici non li usano, e nemmeno le biciclette. Noi alcune le abbiamo viste, ma effettivamente erano meno di quel che potevamo aspettarci. Dopo averle parlato per un quarto d’ora, mi perdo a contemplare il paesaggio fuori dalla finestra. Siamo in periferia, e sulla strada che osservo ci sono due lunghe file di auto parcheggiate da entrambi i lati.

Appena Miss Timea è pronta, usciamo per andare a vedere il centro storico. Molti degli edifici che incontriamo sono costruiti con quella pietra granitica che è tipica della Galizia. La stessa che già avevamo visto a Santiago. Ci sono strade, piazze e palazzi interessanti, ma non si può dire che Pontevedra sia una vera e propria città d’arte. Questo a noi interessa molto, perché significa che il modello pedonale può funzionare anche in situazioni “normali”. La città senz’auto non è circoscritta ai borghi medievali con le stradine strette e poco praticabili, oppure ai luoghi artistici con un’elevata qualità estetica delle architetture.

Pontevedra – Uno scorcio del palco montato nella piazza centrale

Qui a Pontevedra non si tratta semplicemente del fatto che qualche strada sia pedonale. È un intera grande area ad essere pedonale, e chi cammina sente di avere la precedenza rispetto alle poche auto che mantengono la possibilità di accedere al centro storico. Si potrebbero fare (e si fanno) molte riflessioni sul modo in cui la presenza delle automobili nello spazio cittadino influenza l’esperienza del vivere le strade. L’immagine chiave che le riassume tutte è quella dei bambini che giocano liberamente per strada. Non è un caso che una delle fonti di ispirazione del governo locale sia stato il libro “La città dei bambini”, scritto da Francesco Tonucci, un italiano che fa parte del CNR (il Consiglio Nazionale delle Ricerche). Il punto fondamentale è che costruendo una città accogliente per i bambini e per gli anziani si ottiene un ambiente più accogliente per tutti.

Pontevedra – Bambini che giocano in strada

La presenza nelle strade di giovani e bambini non è solo un’impressione. La popolazione di Pontevedra è passata da 74.000 abitanti nel 1998 a più di 82.000 nel 20171. Carlos Ferrás, un esperto dell’Università di Santiago de Compostela, sostiene che gli incentivi economici per le nascite si sono rivelati insufficienti allo scopo, e che il punto di partenza per promuovere le nascite è la pianificazione urbana, calibrata per favorire le famiglie che decidono di fare figli. Come è appunto il caso di Pontevedra.

Pontevedra era una città che mostrava segni di declino, ed era soffocata dal traffico automobilistico. Il cambiamento è cominciato nel 1999, promosso dal sindaco Miguel Lores (un medico, dettaglio non secondario). Il principio guida adottato è quello di ostacolare tutto il traffico di auto private che non fosse strettamente necessario alla vita urbana. Si è cosí ritenuto opportuno impedire alle auto di attraversare il centro da parte a parte, e di girare a vuoto in cerca di parcheggio. Questi obiettivi sono stati realizzati con una rete di sensi unici che rende sconveniente l’attraversamento del centro, e (misura fondamentale) rimpiazzando gli spazi dedicati ai parcheggi a raso con degli spazi dedicati al tempo libero e alla vita urbana. I parcheggi sotterranei nel centro sono stati mantenuti, e se ne sono realizzati di nuovi in periferia (gratuiti). In diverse strade vi è stato un approccio graduale con un progressivo allargamento dei marciapiedi fino alla creazione di uno spazio unico dove i marciapiedi non sono più differenziati dalla parte carrabile, e dove i pedoni hanno la precedenza sulle auto.2 La possibilità di accesso al centro è stata mantenuta per chi possiede un garage, per le emergenze, per i disabili e per le consegne (se ho capito bene, c’è la possibilità di soste brevi gratuite per questi impieghi degli automezzi).

Pontevedra, un negozio di cicli “speciali”

Insieme al numero di auto circolanti è calata notevolmente l’emissione di anidride carbonica, e Pontevedra è stata invitata a partecipare alla conferenza sul clima di Parigi del 2015. Questo è solo uno dei numerosi riconoscimenti ricevuti a livello internazionale dalla cittadina spagnola, i cui rappresentanti hanno anche sottoscritto un documento programmatico di Walk21. Walk21 é un associazione internazionale che promuove la mobilitá pedonale, cosa che mi ha incuriosito non poco. Sul sito dedicato si legge che Walk21 “coordina una rete globale di più di 5.000 persone e invita chi è ispirato dal movimento dei camminatori ad entrare in contatto e ad unirsi”. La ventesima conferenza di Walk21 si è appena chiusa a Rotterdam, il 10 ottobre 2019. C’è un video su Youtube che ne parla e porta questa sovrimpressione: “Perché camminare è salutare, alla moda, e per tutti. E contribuisce all’economia.” Ci ho subito messo il like.

Abbiamo provato a chiedere alle persone incontrate in città cosa pensano della situazione delle auto in Pontevedra. L’impiegata del museo dice che è contenta perché c’è una grande accessibilità. La cameriera della birreria dice che le piace camminare, ma forse vorrebbe più posti per parcheggiare. Il proprietario di un piccolo ristorante è contentissimo di camminare, e compra le forniture per la cucina a poca distanza, senza nessun problema.

A Pontevedra la serata della domenica è molto popolata, e per le vie del centro ci sono artisti di strada e gente che fa musica. Alcuni musicisti sono vestiti con abiti folcloristici e suonano anche la zampogna. Un altro gruppetto con gli ottoni e la batteria incalzante è organizzato fuori da un ristorante. Nella piazza centrale è montato un palco e c’è un concerto con un cantante famoso da queste parti.

Pontevedra – La lotteria nel parco di sera

In una zona diversa del centro è organizzata una specie di luna park estivo con le giostre e le bancarelle. Mi attira una grande postazione con tante luci e centinaia di pupazzi e giocattoli. Si possono vincere premi con una specie di lotteria. Per terra c’è uno stuolo di schedine usate, che coprono completamente il suolo. E c’è un uomo col microfono che ha sempre qualcosa da dire per invitare al gioco.

Ma non sono solo i bambini a cadere nelle trappole degli imbonitori. C’è un’altra postazione dove sono esposti, ben illuminati nella notte scura, decine e decine di prosciutti. E anche qui il terreno è coperto di biglietti e schedine. E anche qui c’è un uomo col microfono che incessantemente ripete in una litania i premi che si possono vincere (i prosciutti ed altri insaccati). C’è qualcosa di profondo ed ipnotizzante nella sua voce rauca e rovinata. Direi quasi sciamanico, se non fosse per la prosaicità dei prosciutti.

Lunedì nel tardo pomeriggio abbiamo il treno per Porto, in Portogallo. Dopo aver salutato Luisa usciamo di casa che è quasi mezzogiorno. Vogliamo cercare un posto per mangiare lungo il Rio Gafos, che è un piccolo corso d’acqua nella parte meridionale di Pontevedra. A partire dal punto in cui il Rio Gafos sbocca nell’oceano, lo risaliamo in direzione della stazione, percorrendo il sentiero che lo costeggia. Nell’acqua del piccolo fiume ci sono molti pesci, anatre, e alcuni uccelli strani che assomigliano a dei cigni, ma sono più grassi, hanno alcune piume di color marrone, e il becco di forma diversa. L’area attraversata dal sentiero è ben curata, con prati rasati, grandi alberi frondosi, piccoli ponti graziosi e panchine in abbondanza. Camminando incrociamo un po’ di persone col cane o col passeggino. C’è anche una famiglia che corre, col papà in tuta che tira la volata, i due bimbi che seguono lamentandosi, e la mamma un poco trafelata che prova a correre con la borsa sottobraccio e gli occhiali da sole. Li incrociamo prima in un senso e poi nell’altro, quando tornano indietro. Arrivati in prossimità della stazione troviamo un luogo che ci aveva segnalato Luisa. Si tratta di un terreno dove si può andare a coltivare la terra come passatempo, per conoscere altre persone. È come un grande orto, con alberi da frutto, tante varietà di verdura e qualche fiore colorato.

Pontevedra – L’orto pubblico

La politica dei corsi d’acqua scoperti è impiegata in molti luoghi per la riqualificazione delle aree urbane. Ad Oslo (un altro luogo dove si lavora per lo sviluppo di un modello di città senz’auto; ci vado fra un paio di settimane) hanno in programma di riaprire alcuni canali precedentemente interrati, ma loro sono al freddo e non hanno il problema delle zanzare. A Milano pianificano di riaprire il percorso dei Navigli, e dicono che eviteranno la formazione di zanzare tenendo sempre una velocità minima del flusso d’acqua. Qui a Pontevedra possiamo constatare che di zanzare non ce ne sono. Non saprei se per via del clima oceanico, se per il vento, per l’acqua salata o per le temperature moderate (oggi la massima è di 23 gradi, sulla costa dell’oceano l’estate è fresca).

A Pontevedra ho fatto molte fotografie in questi due giorni, e mentre aspettiamo il treno per Porto le ricontrollo per individuare quelle più significative. Esaminando le immagini mi nascono delle domande. Come si può portare altrove questo esempio di sviluppo sostenibile, questa esperienza di un centro storico senz’auto? Come è possibile estendere questo tipo di mobilitá alternativa ad un area più grande? Come la si può integrare meglio col trasporto pubblico? Come si fa a spiegarla a chi è troppo assuefatto al modello sbagliato di una città costruita per le auto private? Ed in un’ottica più ampia, come si fa a promuovere il passaggio da un capitalismo consumistico, centrato sulle auto, ad un capitalismo delle infrastrutture durevoli?

Per ora non ho la risposta a queste domande, forse capirò qualcosa in più dopo essere stato ad Oslo, che è un tipo di città molto diversa da Pontevedra per dimensione, livello di vita e situazione climatica. Intanto continuo a scorrere le immagini e mi rendo conto di quanto è difficile trovare quella giusta, perché la foto migliore non è altro che la normalità di un uomo che cammina. Nel fare questi pensieri mi torna però alla mente un ricordo. C’era un filosofo, forse Nietzsche, che parlava di come è cambiato il ruolo sociale della caccia col passare dei secoli. Da attività di vitale importanza è diventata un passatempo per i nobili. Ed oggi ha perso anche gran parte di quell’aura di prestigio che la avvolgeva. Ecco, questo esempio mi fa capire cosa voglio augurare all’automobile, soprattutto all’automobile privata. Io auguro all’automobile privata di perdere sia l’apparenza di bene necessario sia il prestigio sociale. Visto però che sono di animo buono, sono anche disposto a fare delle concessioni rispetto a questo mio augurio, forse un poco troppo severo, e non avrò allora obiezioni se i bambini vorranno ancora usare le auto come un gioco.

Pontevedra – Le auto giocattolo

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Per un progresso senz’auto. Alcuni spunti dal caso di Bergamo

 

1https://www.citylab.com/design/2018/11/car-free-pedestrianization-made-pontevedra-spain-kid-friendly/576268/

2Ecco alcuni risultati riportati su un documento diffuso dal governo locale: 81% di bambini che vanno a scuola camminando. 91% di veicoli che non entrano nel centro storico. Nessun morto a causa del traffico da quando è intervenuto il cambiamento. Limite di velocità massima di 30 Km/h esteso a tutta la città. Emissioni di CO2 diminuite del 66% dal 1999 al 2014.

Diario di viaggio a Santiago e Finisterre: Il Pellegrino e Il Mare

(…)

La cattedrale si staglia illuminata contro il buio della sera. Le torri barocche della facciata principale, ricche di decorazioni, si staccano dall’ampia base dell’edificio per svettare verso lo scuro del cielo. Dal lato opposto della piazza c’è un lungo porticato, e nella parte centrale del porticato ci sono alcuni ragazzi che fotografano la cattedrale. Più defilate, sui lati, ci sono un paio di persone che dormono nei sacchi a pelo. Sono sdraiate per terra, sistemate su un semplice telo steso sulla dura pietra del pavimento. Hanno lasciato il bastone appoggiato al muro. Non sono vagabondi, naturalmente, sono pellegrini che hanno fatto il cammino.

Miss Timea il cammino di Santiago l’ha fatto l’anno scorso, e per lei questo luogo ha un significato particolare. Si incanta alla vista dei pellegrini, e le vedo negli occhi i ricordi di quell’esperienza. Mentre io mi siedo sotto il porticato a meditare, lei si perde in giro a camminare nei vicoli illuminati dai lampioni. Ritorna dopo venti minuti ad avvertirmi che il tempo della mia meditazione è finito, e poi si siede per terra con me. E mi dice che per lei questo é il giorno più bello dell’ultimo anno.

Al mattino del giorno dopo torniamo alla cattedrale per visitare l’interno(…)

Santiago, la cattedrale sotto la pioggia. Vista laterale.

Nella zona centrale c’è un folto gruppo di persone, che non capiamo cosa stiano facendo. Noi preferiamo aggirare l’assembramento camminando lungo i muri perimetrali. Miss Timea mi spiega che le persone sono in coda per visitare la cripta coi resti del santo. Lei c’è entrata l’anno prima. Io riesco a confondermi con qualcuno che va e viene da un corridoio e mi infilo nella parte finale della coda. Non c’è solo l’urna da vedere, c’è anche la statua del santo da abbracciare. Santiago è San Giacomo, e più precisamente San Giacomo il Maggiore (uno degli apostoli). Alla statua del santo si accede attraverso una scaletta molto stretta che sale all’interno di un tabernacolo arricchito da colonne dorate ornate da forme vegetali. La statua del santo è più grande di una normale figura umana, e vi si arriva da dietro, all’altezza giusta per abbracciarlo mettendo le braccia sulla mantellina di metallo che ne copre le spalle. Su questa mantellina sono incastonate alcune pietre e vi sono fissate alcune decorazioni metalliche lucidate dagli abbracci dei pellegrini. Ma ho appena il tempo di notarlo, che già il mio turno è terminato.

(…)

Finisterre si chiama anche Finisterra, oppure Fisterra. Il nome viene dal latino finis terrae, che significa fine della terra. Ed infatti si tratta del lembo di terra che, nella spagna del nord, si estende più a Ovest nell’Oceano Atlantico.1 La penisola di Finisterre crea un insenatura protetta dove l’acqua è più calma, ed é da questo lato che si trova il centro abitato, incluso il nostro albergo. Una volta prese le chiavi della stanza e mangiato un kebap, siamo ancora in tempo per raggiungere l’altro lato della penisola dove si puó vedere il tramonto del sole nell’oceano.

Finisterre, onde nella baia

Le onde dell’oceano si fanno sentire a centinaia di metri di distanza. Per raggiungere la spiaggia percorriamo un sentiero costeggiato dai rovi con le more rosse e nere. Ci togliamo le scarpe e i sandali per camminare meglio nella sabbia. Le dune sono cosparse di vegetazione, e stiamo attenti a non calpestare le piante grasse. Gli scogli, in lontananza, sono avvolti da una nebbia sottile. Arrivati sul bagnasciuga ci mettiamo a camminare all’indietro, fotografando le nostre impronte cancellate dall’acqua. Dobbiamo alzare la voce per riuscire a sentirci. Le onde cominciano a fare la cresta molte decine di metri al largo, e quando arrivano a riva sono completamente bianche. Un bambino sta giocando a rincorrere l’acqua che si ritrae nel mare, per poi scappare indietro di fretta quando arrivano le nuove ondate. C’è un uomo che porta il cane a passeggio, e alcune ragazze sedute guardano il tramonto. Del sole rimangono solo alcune strisce arancio appoggiate all’orizzonte, mentre la luna nel cielo si fa più brillante contro il cielo che imbrunisce. Un paio di pescatori hanno piantato la canna nella sabbia, in un punto dove le onde non arrivano. Non vediamo dove si trova la lenza, e per non inciampare risaliamo verso l’entroterra. Il vento continua a soffiare forte, ed é ora di rientrare.

(…)

Vicino al pilastrino del chilometro zero c’è una fila di persone che vogliono farsi la fotografia, e a pochi metri c’è un ragazzo che suona la chitarra. Camminando attorno all’edificio del faro si raggiunge una zona da cui si vedono le onde e gli scogli a strapiombo, da grande altezza. Ci sediamo lì a goderci il sole. Le onde viste da lontano si muovono al rallentatore. Mi perdo a confrontare i movimenti dell’acqua e della schiuma da un punto all’altro della distesa liquida e mobile. Cerco di inseguire il percorso delle onde che si avvicinano, ma quando queste si mescolano al riflusso, non riesco più ad aver presente tutti i movimenti che si intrecciano. All’orizzonte un paio di piccole vele si confondono alla foschia della lontananza, e quando il gabbiano passa a mezza distanza tra noi e le acque posso cogliere appieno la grandezza dei volumi.

L’oceano a vista d’uccello è già una cartolina da ricordare. Ma c’è ancora un percorso ritorto e stretto tra un muro bianco e la ripida discesa del promontorio che ci conduce in un punto da cui si gode una vista privilegiata. L’ultimissimo pezzo di terra dopo il faro scende verso il mare con una pendenza più lieve, in un’alternanza di rocce, chiazze d’erba e sentieri percorribili. Decine di persone se ne stanno sparse nel paesaggio. Ci sono uomini soli che scrutano l’orizzonte e gruppi di amici che scherzano. Alcuni fanno fotografie, altri si siedono a guardare. Ci sono cani al guinzaglio e cani senza guinzaglio, bambini nel passeggino e bambini a spalle di nonni e genitori. È un affresco di umanitá che riempie lo sguardo. Sono persone arrivate qui, alla fine della terra, che giocano curiose col pensiero, chiedendosi cosa ci sia al di là del mare. Una ragazza soprattutto, molto lontana, sta in basso vicino alle onde, in piedi, con le braccia aperte su uno scoglio proteso a sbalzo contro il blu del dell’oceano. La osservo, e con la fantasia mi metto al suo posto.

Finisterre, vista dal faro

Questo post è un estratto del racconto completo.

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1C’é un altro lembo di terra nelle vicinanze che si estende anche piú a ovest, ma tradizionalmente il punto estremo é considerato essere Finisterre.