La Psicologia della Rabbia Repressa

Le persone soggette a rabbia repressa mettono spesso in atto una forma di auto-inganno e di soppressione della rabbia”1, si convincono che “l’evento di rabbia non è importante2, e cercano di dimenticare l’intero incidente”3.

Queste persone hanno frequentemente un problema a dire di no. Possono percepire un senso di impotenza per la difficoltà ad esprimere i propri desideri, e diventano facilmente irritabili. Si infastidiscono così per dei dettagli insignificanti, sui quali forse sarebbe meglio ridere. Ma l’umore arrabbiato impedisce di ridere.3-bis

La rabbia repressa va ad alimentare una sorta di tensione interna, con tutti gli effetti negativi che ne seguono per la nostra vita affettiva e per la salute del corpo. Restare sempre arrabbiati, infatti, può condurre a “malattie croniche del cuore e degli apparati digestivo e immunitario4.

La rabbia ci impedisce di rilassarci, prepara il corpo all’azione, accelera il battito cardiaco ed aumenta la pressione del sangue. Si possono così studiare gli stati di rabbia osservando la pressione del sangue.

Sia le persone che trattengono la rabbia al proprio interno, sia le persone che manifestano la rabbia in modo eccessivo tendono a generare “… un conflitto sociale o intrapsichico ripetitivo”. Non è un caso che su di esse siano stati osservati “i livelli maggiori di pressione del sangue (…), là dove coloro che possiedono uno stile riflessivo di affrontare la rabbia hanno i valori più bassi di pressione del sangue”.5 6


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La ricerca scientifica ha evidenziato anche come “un aumento dell’espressione verbale costruttiva della rabbia (…) fosse associata con una significativa riduzione della pressione sanguigna…”7 8

Un atteggiamento verbale costruttivo si ha quando le persone “… si rivolgono direttamente alla persona con cui sono arrabbiati”, tentano di comprendere il punto di vista dell’altro, trovanoaltre persone con cui discutere della loro rabbia, e si sforzano di raggiungere un nuovo modo di percepire e relazionarsi alla situazione dell’arrabbiatura.”9 10

La rabbia repressa e la rabbia manifestata in modo eccessivo (per esempio alzando la voce, sbattendo la porta o usando un linguaggio volgare11) possono essere due lati della stessa medaglia. Non si tratta necessariamente di due modalità espressive appartenenti a personalità diametralmente opposte.12 Sono entrambi due modi poco costruttivi di gestire la propria emozione. O non le concediamo voce, oppure la lasciamo uscire senza saperla controllare. È nel mezzo fra questi due opposti che dovremmo cercare di collocare il nostro approccio alla rabbia: “…si suppone che gli stili adattativi di espressione della rabbia siano collocati più nel mezzo di un continuum fra aggressione e passività…”.

LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA E LA RABBIA

È possibile suddividere gli stili di comunicazione in passivi, aggressivi e assertivi. Fra questi, lo stile assertivo è stato individuato come “il mezzo di interazione interpersonale più costruttivo.”13 La comunicazione ed il comportamento assertivi sono stati studiati dagli psicologi a partire dalla metà del novecento. L’intento originario era quello di migliorare l’abilità comunicativa ed espressiva nei pazienti in cui tali competenze erano carenti. A tal riguardo, è molto importante tener presente che l’assertività “non è acquisita alla nascita ma assorbita nel tempo con l’esperienza individuale”14. Lo stile comunicativo assertivo si può dunque imparare.

In un breve articolo del 1973, Arnold Lazarus individuava le componenti principali del comportamento assertivo: “l’abilità di dire no; l’abilità di chiedere favori e di fare richieste; l’abilità di esprimere sentimenti positivi e negativi; l’abilità di iniziare, continuare e terminare conversazioni di carattere generale.”15 16

Per comprendere se una persona ha bisogno di migliorarsi in tali competenze è opportuno chiedersi in quali specifiche condizioni essa è incline ad acconsentire a richieste irragionevoli, è incapace di fare richieste ragionevoli, non riesce ad esprimere i propri sentimenti, e si sente socialmente e interpersonalmente inibita oppure non sa cosa dire.”17

Il suggerimento che stiamo tentando di dare in questo articolo è il seguente: l’origine (e la soluzione) della rabbia repressa possono essere cercate nel nostro modo di comunicare.18

Forse, nel nostro passato c’è stato un momento in cui abbiamo deciso di non esprimere i sentimenti di rabbia. E forse in quel momento tale decisione aveva perfettamente senso. Col passare del tempo però, la nostra situazione esistenziale potrebbe essere cambiata, e l’antica decisione potrebbe aver perso la sua ragion d’essere.19

Quando viviamo in società, è inevitabile che si creino delle increspature e degli attriti. Dare voce alle nostre esigenze diventa allora indispensabile al fine di trovare una forma di convivenza sostenibile. Del resto, dare voce alle nostre esigenze non può portarci ad un’aperta manifestazione di rabbia.

Il comportamento verbalmente o fisicamente aggressivo tende ad essere stigmatizzato nella maggior parte o anche in tutte le società”.20 Come conseguenza di questo giudizio morale, noi preferiamo non comportarci come ci consiglia la rabbia. Nondimeno, rimane necessario ascoltare ciò che quest’emozione ha da dirci. Perché la rabbia si attiva precisamente nel punto dove le nostre esigenze non vengono soddisfatte. Ed è qui che interviene la capacità comunicativa: per raccontare agli altri le nostre esigenze, i nostri bisogni, i nostri desideri. Raccontare i propri desideri probabilmente non è abbastanza per esaudirli, ma è il primo passo, importantissimo, per costruire relazioni soddisfacenti. Relazioni in cui gli altri si interessino al nostro benessere.

L’abilità di parlare apertamente dei propri sentimenti e dei propri desideri è il cuore della comunicazione assertiva, ed in assenza di tale attitudine la conversazione rischia di diventare molto “formalizzata”, anche con le persone a noi prossime.21

Fra le abilità riconosciute nell’ambito della comunicazione assertiva troviamo l’accettazione delle critiche, l’accettazione e la formulazione dei complimenti,22 la comprensione dei ruoli sociali esercitati da ciascuna persona23, il mantenimento di un’immagine interna positiva del mondo24, la capacità di contrapporre la propria visione a quella degli altri e di usare il pronome io25, la capacità di esprimersi “senza ironia, sarcasmo o altre forme di attacco verso gli altri”.26

La comunicazione assertiva non è soltanto una via per l’auto-realizzazione.27 Essa si è gradualmente rivelata come una pratica importante per migliorare la performance lavorativa in molti settori, dallo sport all’educazione, dalle professioni indipendenti alle organizzazioni aziendali.28

Ecco la testimonianza di una persona che ha seguito un percorso per migliorare la propria assertività: “Sono in grado di parlare con i miei colleghi con convinzione e confidenza, incluso un capo aggressivo che in passato ha criticato e messo in questione il mio lavoro e mi ha portato alle lacrime. Posso parlare con questo capo in modo fermo e sicuro, ed affermare la mia posizione. Quest’anno, il capo mi ha dato un giudizio eccellente.”29

Diversi autori che si sono dedicati alla comunicazione assertiva hanno anche sottolineato la possibilità di affermare esplicitamente i propri diritti. Alcuni esempi significativi riguardano “il diritto di essere trattato con rispetto”30, “il diritto di cambiare idea”, “il diritto di dire non lo so”, “il diritto di dire non capisco”.31 32

L’ASCOLTO E LA RABBIA

Un tratto davvero importante della comunicazione assertiva, sottolineato da più ricercatori, è la capacità di ascoltare.33

Secondo Graham Bodie, si potrebbe anche sostenere che l’ascolto sia “il comportamento comunicativo interpersonale positivo quintessenziale…”34.

Recenti studi sull’ascolto hanno messo in luce che I buoni ascoltatori possono migliorare la capacità degli altri di affrontare e ricordare gli eventi…”. I buoni ascoltatori piacciono di più, sono valutati come più attraenti (…) e ottengono più fiducia (…) hanno più motivazione accademica e risultati più elevati (…), un miglior sviluppo socio-emozionale (…), ed una maggiore probabilità di mobilità verso l’alto sul posto di lavoro.”35

L’ascolto ci pone in più intimo contatto con la situazione comunicativa, ed in tal modo può anche aiutarci a superare la paura di esporci alla disapprovazione sociale quando esprimiamo il nostro modo di sentire. L’ascolto ci aiuta a sviluppare un’idea più precisa di come potrebbero essere ricevute le nostre parole.36

Coltivare l’ascolto è importante anche perché va direttamente a bilanciare gli effetti cognitivi della rabbia. Infatti, quando la rabbia prende il sopravvento, senza rendercene conto perdiamo la capacità di ascoltare e di valutare le situazioni in modo oggettivo.37 Formuliamo delle accuse perentorie con una sicurezza spropositata in relazione alle premesse, mettendo a rischio l’integrità delle nostre relazioni interpersonali. L’ascolto, al contrario, ci aiuta a mantenerci in contatto con la situazione reale.

Alcuni comportamenti collegati all’attitudine dell’ascolto sono i seguenti: evitare di cambiare argomento e di interrompere l’interlocutore; fornire risposte estese anziché dire soltanto si o no; raccontare sé stessi; trovare punti in comune; evitare di dominare la conversazione; seguire l’andamento del dialogo con cenni del capo posti al momento giusto.38 Il mantenimento del contatto visivo, in particolare, è un fattore importante. Il contatto visivo, infatti, sembra in grado di attivare altri comportamenti collegati all’ascolto.39 È come se guardarsi negli occhi fosse un modo di sintonizzarsi e di favorire quindi la performance dialogica.

La rabbia è una delle sette emozioni fondamentali secondo le neuroscienze affettive di Jaak Panksepp. Insieme a paura, eccitazione sessuale, pena della solitudine, cura, gioco e interesse/ricerca.40 Ciò significa che il sentimento della rabbia scaturisce da una base fisiologica comune a tutti gli esseri umani. La rabbia esiste, dunque.

In ogni individuo adulto l’aspetto fisiologico, comune a tutti gli altri uomini, si fonde con la propria unica esperienza personale. È dalla complessità di tale esperienza personale che emerge il fenomeno della rabbia repressa. Succede allora che quando subiamo un torto non viviamo semplicemente la situazione presente, ma vi proiettiamo inconsciamente un significato molto più stratificato e difficile da gestire.

È come se dentro di noi ci fosse un gomitolo che avesse bisogno di essere sbrogliato. E siccome la rabbia è un’emozione tipicamente sociale, è precisamente nel luogo per eccellenza dove incontriamo gli altri (l’atto comunicativo) che siamo chiamati a lavorare. Per iniziare a invertire la spirale negativa della rabbia e a smantellare i suoi prodotti cognitivi perversi.

Sul nostro sito sono presenti diversi articoli per approfondire il tema della rabbia, ad esempio in relazione alla depressione oppure alle dinamiche di coppia. Una panoramica del materiale che abbiamo pubblicato sulla rabbia si puó trovare nell’articolo guida: La psicologia della rabbia, un’occasione per crescere.

Versione completamente aggiornata il 22 novembre 2021

BIBLIOGRAFIA

Alia-Klein, Nelly, et al. “The feeling of anger: From brain networks to linguistic expressions.” Neuroscience & Biobehavioral Reviews 108 (2020): 480-497.

Bodie, Graham D. “Listening as positive communication.” The positive side of interpersonal communication (2012): 109-125.

Bodie, Graham D., et al. “Listening competence in initial interactions I: Distinguishing between what listening is and what listeners do.” International Journal of Listening 26.1 (2012): 1-28.

Davidson, Karina, et al. “Increasing constructive anger verbal behavior decreases resting blood pressure: A secondary analysis of a randomized controlled hostility intervention.” International Journal of Behavioral Medicine 6.3 (1999): 268-278.

Lazarus, Arnold A. “On assertive behavior: A brief note.” Behavior therapy 4.5 (1973): 697-699.

Linden, Wolfgang, et al. “There is more to anger coping than “in” or “out”.” Emotion 3.1 (2003): 12.

Panksepp, Jaak, and Lucy Biven. The archaeology of mind: neuroevolutionary origins of human emotions (Norton series on interpersonal neurobiology). WW Norton & Company, 2012.

Peneva, Ivelina, and Stoil Mavrodiev. “A historical approach to assertiveness.” (2013).

Solomon, Carol. “Transactional analysis theory: The basics.” Transactional analysis journal 33.1 (2003): 15-22.

Speed, Brittany C., Brandon L. Goldstein, and Marvin R. Goldfried. “Assertiveness training: A forgotten evidence‐based treatment.” Clinical Psychology: Science and Practice 25.1 (2018): e12216.

Van Coillie, Hermina, and Iven Van Mechelen. “A taxonomy of anger-related behaviors in young adults.” Motivation and Emotion 30.1 (2006): 56-73.

Van Doorn, Janne, Marcel Zeelenberg, and Seger M. Breugelmans. “Anger and prosocial behavior.” Emotion Review 6.3 (2014): 261-268.

1La dimensione Anger-in è associata con passività, auto-inganno e soppressione della rabbia e si sovrappone considerevolmente con le definizioni tradizionali di nevroticismo…” Linden et al. 2003, p. 13.

2Linden et al. 2003, p. 22.

3Linden et al. 2003, p. 22.

3-bis Il tono affettivo della risata è giocoso, ed il gioco è un sistema emotivo che può manifestare la propria azione soltanto in un campo rilassato. Quindi non quando è attiva l’influenza della rabbia.

4Alia-Klein et al. 2020, p. 482.

5Linden et al. 2003, p. 13.

6Per una tassonomia dei comportamenti collegati alle dimensioni anger-in ed anger-out si veda Van Coillie e Van Mechelen 2006.

7Linden et al. 2003, p. 13.

8Considera anche: “Alti livelli di rabbia-ostilità e stili estremi di risposta alla rabbia (soppressione e comportamento apertamente aggressivo) sono stati identificati come fattori potenzialmente importanti nel loro contributo all’eziologia ed allo sviluppo delle malattie cardiache…” Linden et al. 2003, p. 12.

9Davidson et al. 1999, p. 272.

10Si consideri anche: “…è stato riscontrato che le persone arrabbiate sono motivate (…) a parlare agli altri (…) e a parlare anzitutto delle loro esperienze di rabbia o paura prima che di tristezza, gioia od amore…” Van Doorn et al. 2014, p. 3.

11Linden et al. 2003, p. 22.

12Linden et al. 2003, p. 13. In modo interessante e contro-intuitivo, la dimensione anger-out non è fortemente e negativamente correlata con la dimensione anger-in, possibilmente perché la dimensione anger-in è un costrutto molto più ampio…”

13Peneva e Mavrodiev 2013, p. 14.

14Peneva e Mavrodiev 2013, p. 14.

15Lazarus 1973, p. 697.

16Lazarus osserva anche che queste capacità sono fra loro indipendenti e che dunque qualcuno può essere bravo in una di esse senza esserlo nelle altre.

17Lazarus 1973, p. 697.

18Sulla possibilità che l’assertività possa essere utile in contesti di rabbia disfunzionale: “…vi sono anche delle evidenze che l’ansia sociale sia positivamente associata con la rabbia e l’ostilità, ad indicare quindi che l’assertività potrebbe essere benefica nel ridurre la rabbia in questi individui…” Speed et al. 2018, p. 4.

19Un life script è un piano di vita inconscio basato su decisioni compiute nella prima infanzia a riguardo di noi stessi, degli altri e delle nostre vite. Queste decisioni erano sensate quando eravamo giovani e spesso ci aiutavano ad adattarci al mondo della nostra infanzia. Non sempre sono sensate quando siamo adulti, ma fino a che noi non scopriamo quali sono state le nostre prime decisioni, noi spesso ripetiamo gli schemi che confermano la validità di quelle prime decisioni.” Solomon 2003, p. 20.

20Linden et al. 2003, p. 26.

21Per l’efficacia delle relazioni interpersonali, era necessaria l’assimilazione di alcune competenze, fra cui la più importante era l’abilità di parlare apertamente dei propri sentimenti e desideri. In assenza di questa disposizione (o nel caso di riluttanza ad esercitarla), le relazioni interpersonali venivano sostanzialmente limitate e la comunicazione con le persone a noi vicine diventava gradualmente formalizzata…” Peneva e Mavrodiev 2013, p. 7

22Peneva e Mavrodiev 2013, p. 10.

23Peneva e Mavrodiev 2013, p.12-13.

24Peneva e Mavrodiev 2013, p.14.

25Peneva e Mavrodiev 2013, p. 5.

26Peneva e Mavrodiev 2013, p.15.

27“Per esempio, l’assertività non assicurava necessariamente l’efficacia delle azioni e il massimo vantaggio personale. Era piuttosto un percorso di auto-realizzazione, un metodo per valutare adeguatamente la propria personalità ed il proprio comportamento.” Peneva e Mavrodiev 20013, p.15.

28A parte gli aspetti già passati in rivista dell’applicazione dell’assertività nei campi dell’educazione, del management, del business, della medicina e dello sport nel XXI secolo, sono state condotte delle ricerche specializzate dedicate ad esplorare il ruolo dell’assertività nella politica, nella religione, nelle relazioni coi consumatori, in famiglia, nell’amicizia e nelle relazioni sessuali, nell’arte, nel fashion e nel turismo ed in altre aree richiedenti un certo livello di competenza sociale.”, Peneva e Mavrodiev 2013, p. 19.

29Speed et al. 2018, p. 12.

30Peneva e Mavrodiev 2013, p. 9.

31Peneva e Mavrodiev 2013, p. 10-11.

32Vi sono naturalmente anche altri modi più decisi di affermare i propri diritti, ma in tal caso è opportuno riflettere sul fatto che anche gli altri hanno i nostri stessi diritti. Inoltre, oltre ai diritti abbiamo anche dei doveri, e va anche considerato come gli altri possano avere idee diverse da noi su quali siano i nostri diritti.

Considera: “Jakubowski e Lange hanno osservato che a volte l’assertività e l’applicazione dei diritti assertivi portavano problemi maggiori anziché vantaggi, il che non era dovuto al contenuto di tali diritti o alla loro applicazione, ma al fatto che gli altri né li accettavano né li capivano.” Peneva e Mavrodiev 2013, p. 10.

33Ad esempio: Le principali responsabilità di una persona assertiva sono state indicate come segue: (…) ascoltare il punto di vista degli altri, i suggerimenti e le opinioni che loro hanno espresso e rispondere loro…” Peneva e Mavrodiev 2013, p. 12.

Ed anche: “Le competenze di base necessarie per il training assertivo proposto da Romek erano la consuetudine di prendere appuntamento e di mantenere una conversazione, l’abilità di ascoltare attivamente…” Peneva e Mavrodiev 2013, p.13.

In riferimento a Sue Bishop Peneva e Mavrodiev osservano inoltre: L’autore ha dedicato una particolare attenzione all’abilità di ascoltare l’interlocutore. L’autore ha definito questa competenza come un’arte. Ascoltare il proprio partner era anche un modo di ridurre i conflitti, poiché molti di questi erano dovuti al fraintendimento del punto di vista dell’altro…” Peneva e Mavrodiev 2013, p.14.

34Bodie 2012 (numero di pagina provvisorio: 2).

35Bodie 2012 (numero di pagina provvisorio: 2/3).

36Al riguardo, considera: Secondo Wolpe, la paura sociale si manifestava in varie forme – come la paura delle critiche, del rifiuto, la paura di apparire in pubblico, dei capi, delle nuove situazioni, la paura di fare richieste o di dare aiuto. L’autore notava che queste paure, in una certa misura, erano presenti nella psiche di ogni persona, mentre nelle persone non assertive queste paure sociali diventavano dominanti, bloccando la loro attività sociale…” Peneva e Mavrodiev 2013, p. 6.

37“…la rabbia restringe l’ambito dell’attenzione (…), spesso compromettendo l’efficienza dell’elaborazione cognitiva e del processo decisionale…” Alia Klein et al. 2020, p. 481.

38Questi comportamenti si trovano citati in Bodie et. al 2012 alle pagine 29, 31, 32 (numeri di pagina provvisori).

39Dunque, sembra che il contatto visivo sia un comportamento chiave relativo all’ascolto, potenzialmente associato con un ventaglio di attributi specifici collegati all’ascolto. Infatti, questi dati suggeriscono che alcuni comportamenti (come il contatto visivo) siano più indicativi della competenza d’ascolto in generale perché quando messi in atto elicitano più attributi subordinati collegati all’ascolto di quello che fanno altri comportamenti.” Bodie et al. 2012, p. 16 (numero di pagina provvisorio).

40Panksepp e Biven 2012.

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