Jaak Panksepp propone una teoria delle emozioni inscritta in un modello generale del cervello basato sulle neuroscienze affettive.
Il punto di vista di Panksepp è strettamente imparentato con quello di MacLean, il quale distingueva fra il cervello rettiliano ed il sistema limbico, quest’ultimo avente la funzione di generare le emozioni tipiche dei mammiferi.1
Panksepp individua sette sistemi emotivi fondamentali, a cui sono associate delle strutture anatomiche collocate nelle zone sottocorticali del cervello, ovvero quelle filogeneticamente più ancestrali.
I più antichi fra questi sistemi emotivi sono presenti anche nei rettili. Essi sono la paura, la rabbia, l’eccitazione sessuale ed un livello di attivazione generale dell’organismo che Panksepp chiama RICERCA. Quest’ultimo sarebbe il più basilare di tutti i sistemi emotivi, forse quello da cui tutti gli altri si sono sviluppati. Il sistema emotivo della RICERCA sembra corrispondere a quel fenomeno emotivo che altri studiosi delle emozioni (per esempio Carroll Izard) hanno chiamato interesse. Noi lo abbiamo indicato anche con l’espressione “voglia di fare”2. La Ricerca/Interesse/Voglia di fare si rivela essere un concetto particolarmente adatto alla comprensione di fenomeni quali la depressione e la dipendenza da droghe.
Nei mammiferi (e quindi nell’uomo) si trovano altri tre sistemi emotivi di origine più recente. Questi sono la cura parentale, il gioco, e la pena della solitudine. Queste tre “nuove” emozioni si pongono come la base dei sistemi sociali, cosí diffusi nei mammiferi.
La pena della solitudine può essere messa in corrispondenza con la tristezza, ma bisogna tener presente che Panksepp ne dà un’interpretazione particolare, collegandola a manifestazioni quali il pianto del bambino che rimane solo e gli attacchi di panico nell’uomo adulto.
Nel corso della sua carriera Panksepp ha dedicato un’attenzione particolare al fenomeno del gioco. Quando Panksepp parla di gioco, si riferisce solitamente al tipo di gioco più studiato nel regno animale, ovvero al gioco di lotta. Ne abbiamo facilmente un esempio se pensiamo ai cuccioli che si inseguono fra loro a turni alterni, mettendo in scena degli attacchi simulati che si mantengono ben distinti dalle manifestazioni di aggressività.
Nel corso degli anni ottanta Panksepp ha realizzato alcuni esperimenti importanti nei quali ha osservato che i ratti sottoposti a decorticazione mantengono pressoché inalterati gli schemi comportamentali del gioco. Da questo fatto Panksepp trae l’indicazione che il sistema emotivo del gioco è in grado di generare i propri schemi di comportamento anche senza l’intervento delle strutture cognitive più elevate.
Quello appena menzionato è un punto fondamentale nell’impianto teorico di Panksepp. Le emozioni non sono un prodotto del ragionamento, della corteccia cerebrale, delle attività intellettuali più astratte. Panksepp assegna alle emozioni un ruolo più profondo. Esse sono la vera sorgente della coscienza. Le attività cognitive promosse anzitutto dalla corteccia cerebrale intervengono a modulare e ad arricchire la vita emotiva, non a generarla.
La posizione opposta è espressa da quel gruppo di teorie che Panksepp chiama teorie del tipo read-out. Tali teorie sono caratterizzate dall’idea che la consapevolezza delle emozioni si origina in seguito all’elaborazione cognitiva dello stato fisiologico del corpo, una volta che questo viene “letto” (da cui l’espressione read-out) dalla neocorteccia. Da questo punto di vista i principali bersagli polemici di Panksepp sono Edmund Rolls, Joseph LeDoux, e, in maniera più sfumata3, anche Antonio Damasio.
Fra i teorici delle emozioni, la visione di Panksepp è molto prossima a quella dello psicologo Carrol Izard. Entrambi individuano un numero circoscritto di emozioni di base e considerano le emozioni come un fenomeno continuo anziché come degli episodi circoscritti. Quest’ultimo modo di vedere le emozioni è più prossimo alla visione di Paul Ekman, un altro teorico delle emozioni di base, molto famoso per i suoi studi sulle espressioni facciali delle emozioni.
Un indirizzo teorico distinto da quello delle emozioni di base è dato da quelle teorie che non partono dall’individuazione di un certo numero di emozioni fondamentali, bensì si concentrano sulle modalità con cui l’organismo e l’apparato cognitivo valutano la situazione ambientale. Una valutazione di pericolo incombente, ad esempio, potrebbe avere come conseguenza un’emozione di paura, con tutti gli effetti fisiologici ad essa collegati Questo gruppo di teorie sono chiamate teorie dell’appraisal, e un buon esempio ne è dato dal modello componenziale di Scherer. è importante osservare, come fa lo stesso Scherer, che non vi è un opposizione di principio fra le teorie delle emozioni di base (come quella di Panksepp) e le teorie dell’appraisal. Si tratta di due punti di vista che possono essere conciliati.
Il mio personale incontro con Panksepp è avvenuto nel 2013, quando ho letto il libro “L’archeologia della mente”. A distanza di alcuni anni mi sono reso conto di quanto fosse stato importante quell’incontro, e ho deciso di scrivere un libro divulgativo per promuovere le sue idee. Il libro si intitola “Le emozioni di base secondo Panksepp”. Ciò che avevo di mira nello scrivere quel testo non era il dettaglio biochimico dei neurotrasmettitori (la dopamina o l’adrenalina piuttosto che le endorfine o la serotonina), e neppure l’architettura nervosa e la collocazione anatomica dei sistemi emotivi. Leggere come funzionano i neurotrasmettitori può essere entusiasmante, ma il mio interesse primario risiede nell’esperienza di vita vissuta in prima persona. Il libro che ho scritto è stato dunque pensato come una narrativa il cui significato è garantito da un’indagine scientifica i cui dettagli tecnici rimangono dietro le quinte.
In un mondo dove si riconosce apertamente l’importanza dell’intelligenza emotiva e della regolazione emotiva, il sapere di cui Panksepp si fa portatore assume un’importanza decisiva. Se penso a come posso rendere meglio l’idea di questa importanza, mi viene in mente uno youtuber che per promuovere la pratica della meditazione usa queste parole: “si tratta del singolo cambiamento più importante che una persona possa intraprendere per la propria crescita personale”.
Penso che potremmo adottare lo stesso slogan anche per invitare allo studio delle sette emozioni secondo Panksepp.
BIBLIOGRAFIA
Burghardt, Gordon M. The genesis of animal play: Testing the limits. Mit Press, 2005.
Cappello, Manuel. “Le emozioni di base secondo Panksepp.”
Paul Ekman , Basic Emotions, Capitolo tre in T. Dalgleish and M. Power (Eds.). Handbook of Cognition and Emotion. Sussex, U.K.: John Wiley & Sons, Ltd., 1999.
Izard, Carroll E. “Basic emotions, natural kinds, emotion schemas, and a new paradigm.” Perspectives on psychological science 2.3 (2007): 260-280.
MacLean, Paul D. “Brain evolution relating to family, play, and the separation call.” Archives of general psychiatry 42.4 (1985): 405-417
Panksepp, Jaak, and Lucy Biven. The archaeology of mind: neuroevolutionary origins of human emotions (Norton series on interpersonal neurobiology). WW Norton & Company, 2012.
Klaus R. Scherer (2009a), The dynamic architecture of emotion: Evidence for the component process model, Cognition and Emotion, 23:7, 1307-1351, doi: 10.1080/02699930902928969
Tracy, Jessica L., and Daniel Randles. “Four models of basic emotions: a review of Ekman and Cordaro, Izard, Levenson, and Panksepp and Watt.” Emotion Review 3.4 (2011): 397-405.
1“Gli approcci di MacLean e di Panksepp convergono sostanzialmente, anche se Panksepp ha iniziato a sviluppare il tema delle neuroscienze affettive all’inizio della sua carriera, mentre MacLean è andato avvicinandosi ai modelli animali di neuroscienze alla fine della propria.”
“Entrambi hanno seguito le orme di Cannon e di Darwin, in quanto hanno riconosciuto che il sentimento delle emozioni erano manifestazioni dirette di specifiche attività poste in network cerebrali precisi, piuttosto che feedback periferici o interpretazioni da parte delle parti più recenti del cervello.”
Panksepp Biven 2012, p. 67 (tradotto dall’inglese da noi)
2Riteniamo che questa espressione aiuti a collegare tale sistema emotivo con l’esperienza in prima persona ad esso collegata.
3“…Damasio almeno riconosce che il cervello stesso è capace di generare sensazioni affettive (anche se le chiama “as if” affects, ed ha situato tutti i sentimenti affettivi in zone piuttosto elevate del cervello).”
Panksepp Biven 2012, p. 70
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