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Troppi Fiori 049 – I perseguitati dall’amore
Gli equilibristi sul filo non possono sbagliare un passo. I perseguitati dall’amore, ogni giorno, ogni secondo, non possono sbagliare nemmeno un pensiero.
Troppi Fiori 025 – La forma del Cuore
Dopo te il mio cuore ha cambiato forma.
Troppi Fiori 038 – Le Lacrime e il Vento
Finalmente ho capito a cosa serve il vento.
Ad asciugare le lacrime senza rovinarle con le dita.
Troppi Fiori
Variante di copertina. E’ sempre un muro, ma è un altro muro.
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Troppi Fiori
Ispirazioni, metafore e riflessioni sull’amore; e sugli effetti collaterali.
“Finalmente ho capito a cosa serve il vento.
Ad asciugare le lacrime senza rovinarle con le dita.”
In ufficio c’è un Van Gogh coi girasole.
Nel corridoio una ragazza chiede ai petali una risposta.
Il capotreno ha una corona di rose in testa,
il vagabondo ha una viola nel taschino,
e nei tuoi occhi è un tulipano nero.
Ma troppi fiori non va bene.
Troppi fiori non è la verità.
1 – Da quando ti ho incontrato, sul tram mi siedo al primo posto, e non mi volto.
13 – Con te ho trovato quello che non riesco a dire.
25 – Dopo te il mio cuore ha cambiato forma.
38 – E fu così che accese nelle sue stanze la radio e la lasciò accesa per sempre. Per tenere lontano il silenzio.
49 – Gli equilibristi sul filo non possono sbagliare un passo. I perseguitati dall’amore, ogni giorno, ogni secondo, non possono sbagliare nemmeno un pensiero.
68 – Quando un uomo è abituato ad uscire dal nero te ne accorgi. Non nella notte in cui si rotola fra il letto e il posacenere, per venire a capo di una donna. Ma quando nel mattino arriva la prima luce. La differenza sta lì: non bisogna fare una risata rumorosa, ma un sorriso contenuto, mettendosi a lavorare in silenzio.
72 – IL FANTASMA DELL’OPERA. All’opera ci sono tanti personaggi stasera. Alcuni cantanti sono grassi, altre sono belle donne. Alcuni hanno la spada e dichiarano vendetta, altri hanno un fiore e dichiarano amore. La storia comincia, diventa importante e poi finisce. L’orchestra tocca l’apice e il pubblico applaude. Gli attori si tengono per mano e fanno un inchino. Un uomo in platea si alza, si gira, e si mette il cappotto. Il regista e i critici salgono sul palco. Anche qualche giornalista. Si formano gruppi di gente che parla. La tensione della performance è passata. I tecnici vanno a togliere i cavi. Qualche luce si spegne. Il rumore delle chiacchiere scende piano. Una voce da lontano si dà appuntamento al ristorante. Non rimane nessuno. Soltanto il fantasma del principe azzurro è rimasto seduto ad aspettare in mezzo al palco. E quando è sicuro di non essere sentito, lui la chiama, e riprendono a parlare.
79 – Poi ti rendi conto che non serve diventare matti. Di una persona basta capire due o tre cose.
83 – Le persone non cambiano quando sbagliano, ma quando vedono i propri errori.
93 – Quando andavi a scuola c’erano lunghe file di numeri e segni alla lavagna. Dovevi fare tutte le somme senza dimenticarti di nessun pezzo. Si faceva così per trovare il risultato.
Con le emozioni è diverso. Devi cancellare dalla lavagna tutte le parole e tutte le figure. E stare ad aspettare.
98 – Le anime perse esistono. Lo capisci con certezza dopo averne incontrata più d’una. E da quel momento, come puoi non rendere questa ricerca il centro della tua vita? Per poi prendertene cura.
99 – Te ne accorgi da come parlano. Più raramente da come scrivono. Mettono le parole in modo diverso. Hanno dei gesti, delle pose. Hanno un loro dialetto comportamentale da cui vieni influenzato. E loro assorbono ciò che è tipico di te. Sono l’uno percento. Sono persone dotate di uno stile. Quando le incontri ti lasciano un segno.
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HOEPLI
C’era la pianura
C’era la pianura. Era come se ci fosse sempre stata la pianura. Era come se ci dovesse sempre essere la pianura. Niente colline, niente palazzi, nemmeno nuvole, soltanto la noia di fili d’erba tutti uguali. Un vento monotono che non portava nessun rumore. Nessun oggetto che saltava fuori dal paesaggio. Stavolta ho tenuto il vizio fuori dai coglioni. Niente di che, s’intende, parlo solo di bacco e tabacco. L’unica golosia che mi sono concessa è stato un chilo di mele. Quelle non fanno male e mi tengono occupato. Ho voluto tenermi tutta la mia lucidità e guardare fino in fondo questa pianura.
Senza lasciarmi andare. L’ho guardata a lungo, con pazienza, senza irritazione. E poi non so come, dopo una notte, una mattina e mezzo pomeriggio, ho sollevato lo sguardo e mi sono ritrovato di nuovo in una foresta di fiori rossi e frutti arancioni, altissima verso il cielo e ricca dei versi degli animali.
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Un segno: una collana portata al polso
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DUE MOMENTI DI UN DOLORE
UNA FERITA DIVERSA
Sbattevano le onde,
sbattevano da tempo su una roccia
che si sosteneva da sola nel mezzo del mare.
Questa roccia aveva un cuore
che si spezzava spesso,
e aveva il suo bel da fare
a ricomporne i pezzi.
Almeno poteva dire
di avere imparato come farlo:
come ricomporlo,
il proprio cuore.
Ma ora la ferita è più profonda,
non è nel cuore:
è nella testa.
EPPURE…
…eppure il sale delle onde è ancora dolce
a questo pensiero,
che ancora ha voglia
di vento,
di tempesta,
di sussurri.
No, non è ancora il momento della stanchezza.
La voglia di vita è ancora troppa,
e di conseguenza gli errori futuri saranno gli stessi del passato.
Ma sono davvero errori?
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IN MORTE DI UN AMORE
Il ragazzo la guardava intensamente.
Lei: non cercare di capirmi.
Lui: non sto cercando di capirti. Ti sto aspettando.
Si era aperta una finestra.
Ho cercato di tenerla aperta.
Ma lei si è chiusa.
Ho bagnato i vetri di quella finestra che si è chiusa con lacrime viste da lei.
Rimasto da solo le ho fermate, ormai inutili, in attesa di nuovi spiragli.
Come va con la ragazza?
E’ finita.
Cosa è successo?
Non accetto domande.
Può un individuo mettere le pezze a tutti i danni di una cultura perversa? Forse no.
Il dolore acquista un senso soltanto dove ci spinge a cercare le cose che ci fanno bene.
E fu così che accese nelle sue stanze la radio e la lasciò accesa per sempre. Per tener lontano il silenzio.
Io non parlo leggermente del nero perché non so cosa sia, ma perché ne sono uscito.
C’è soltanto una cosa che ci salva dal vortice delle emozioni. Si chiama volontà. Ma funziona soltanto se si sanno le cose giuste.
Ho alzato la mano sinistra ed ho detto: “è come se là in alto a sinistra ci fosse il sole, e qui in basso a destra (nel dirlo mi sono girato con la testa, ho abbassato il tono di voce, ma ho lasciato alzato il braccio sinistro) un vortice scuro.” L’immagine mi è rimasta dentro. Ho continuato ad elaborarla. Ho visto la possibilità che il vortice scuro si gonfiasse di rabbia per ingoiare il sole e ritrarsi lasciandolo spento. Ma ho visto anche la possibilità che il sole si mettesse a giocare col vortice scuro trasformandolo in una fontana giocosa.
Non che sia facile, nessuno questo lo ha mai detto.
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