C’era la pianura

C’era la pianura. Era come se ci fosse sempre stata la pianura. Era come se ci dovesse sempre essere la pianura. Niente colline, niente palazzi, nemmeno nuvole, soltanto la noia di fili d’erba tutti uguali. Un vento monotono che non portava nessun rumore. Nessun oggetto che saltava fuori dal paesaggio. Stavolta ho tenuto il vizio fuori dai coglioni. Niente di che, s’intende, parlo solo di bacco e tabacco. L’unica golosia che mi sono concessa è stato un chilo di mele. Quelle non fanno male e mi tengono occupato. Ho voluto tenermi tutta la mia lucidità e guardare fino in fondo questa pianura.
Senza lasciarmi andare. L’ho guardata a lungo, con pazienza, senza irritazione. E poi non so come, dopo una notte, una mattina e mezzo pomeriggio, ho sollevato lo sguardo e mi sono ritrovato di nuovo in una foresta di fiori rossi e frutti arancioni, altissima verso il cielo e ricca dei versi degli animali.

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SULLA CREATIVITA’

Tempo fa mi era capitato di riflettere sull’atteggiamento mentale migliore per facilitare la creatività. Avevo notato una cosa importante. A volte ci viene un’ispirazione, ci succede all’improvviso di intuire qualcosa di bello. E allora ci viene voglia di fare tante cose, e pensiamo che quell’ispirazione potrebbe essere l’inizio di un percorso entusiasmante. Ma c’è un errore in questo. L’ispirazione è di per se la bellezza, è di per se la gioia, e deve essere considerata come un obiettivo, non come un mezzo. Nella mente le cose non capitano a caso. Anche se noi non le vediamo, ci sono tante concatenazioni e tanti sentieri che si stendono con continuità. Ogni scena che si verifica nel pensiero ha i suoi precursori. Ha le sue cause. Se l’ispirazione ci è capitata, allora vuol dire che prima di essa ci sono stati dei fatti, dei ricordi, delle fantasie o delle emozioni che l’hanno provocata. Se noi quando arriva l’ispirazione ci lasciamo cogliere dall’entusiasmo e ci buttiamo a correre in avanti a fare tante cose, ci togliamo la possibilità di osservare i suoi precursori. Dove ci lasciamo spingere dall’ispirazione a progettare il futuro, con ciò stiamo dimenticando il passato dell’ispirazione. Ma esattamente nel momento in cui si verifica l’ispirazione, l’intuizione, proprio in quel momento è disponibile il passato che l’ha provocata. Se nell’istante in cui arriva l’ispirazione ci blocchiamo letteralmente e stiamo attenti a tutti gli echi presenti ancora nei pensieri, allora forse riusciremo a vedere ciò che ha dato luogo a quell’ispirazione. In questo modo si acquisisce consapevolezza sulle modalità con cui la creatività ha luogo nella mente.

C’erano due frammenti nel libro che ho scritto, Aforismi di un futuro, che sintetizzavano queste riflessioni:

1383 – Se l’intuizione non è usata come base di partenza, se da essa lo
sguardo si volge all’indietro, subito, per non perder le tracce lasciate
nelle sabbie. Allora forse un metodo avremo per conoscere i semi
buoni che avevamo seminato.

1384 – Il treno dell’ispirazione all’incontrario deve andare; dal suo primo
amore non al successivo, ma ai preparativi per gustarlo gran finale.

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SCRIVERE PAROLE PER TROVARE IMMAGINI – LE VIE CONTORTE DELL’ISPIRAZIONE E IL DISEGNO CREATIVO

Il mio cliente vuole un’illustrazione per un articolo. Dev’essere chiara ma senza cadere nel banale; non la trovo. L’articolo parla di bambini in un contesto di genitori separati, ed io sto collezionando bambini tristi e piangenti, illuminati o nella penombra, seduti da soli o strattonati dai genitori… Il foglio ed il pensiero si riempiono di immagini che sgomitano per un posto senza portarmi oltre. Le mie “creazioni” diventano una piccola folla che mi assedia col fastidio. Mi trovo incastrato fra la necessità di un’ispirazione e l’impossibilità di allungare la mano per prenderla. Più cerco di afferrarla e più lei mi sfugge.

Parlando dei suoi animali Konrad Lorenz faceva notare che il gioco può avvenire in situazioni in cui il pericolo è assente e la pancia è piena: quando non ci sono questioni importanti ed immediate da risolvere. Ma l’appuntamento con il mio acquirente è esattamente questo, e sembra impedire le condizioni del gioco creativo che esso stesso richiede.
È chiaro che l’accanimento sull’obiettivo non favorisce la nascita dell’immagine, ma nemmeno posso starmene a braccia incrociate a farmi prendere in giro da uno stupido orologio. Quale lavoro posso compiere per avvicinarmi all’ispirazione sotto vento, senza farla scappare? L’immagine buona sembra arrivare quando ne ha voglia lei, ma ci dev’essere nel retroscena dei pensieri una situazione favorevole alla sua nascita. Dev’esserci da qualche parte fra conscio ed inconscio un’idea della struttura che devo illustrare, che fornisca materia prima alla magia dei neuroni per potersi incamminare verso il punto G della creatività.

Dunque smetto di disegnare i bambini, e inizio a scrivere da dove sono venuti e dove andranno, dimenticandomi il loro aspetto. Lascio che si cancellino tutte le immagini che prima avevo collezionato, perché avevano assorbito il sudore dello sforzo con cui erano state concepite, e l’odore non era buono. Intervisto il soggetto dei miei quadri e ne racconto in parole il passato e il futuro, saltando di palo in frasca o scendendo nei dettagli che non finiscono mai, inventando di sana pianta oppure mescolando le mie esperienze alla fantasia. In questo modo posso dare sfogo alla tensione con un lavoro che mi avvicina al risultato. I nessi causali delle storie sedimentano in qualche luogo nascosto del pensiero, popolandolo di semi dai quali attendo un germoglio, in occasione del quale tornerò dal mondo delle parole a quello delle immagini.

Quando insistevo a cercare direttamente l’ispirazione nel campo delle immagini, le creazioni che funzionavano male[1] mi chiedevano aiuto perché io trovassi il guasto e le rendessi valide. Così ogni figura che non fosse quella giusta mi appesantiva e finiva per essere un danno. Adesso che mi sono spostato nel campo delle parole tutto ciò che costruisco non è nulla e non mi appesantisce, scivola via senza rimpianto perché non è quello che cerco.[2]
Ma in realtà questo flusso di parole non è soltanto un nulla, esso è anche la cura di qualcosa che io ancora non vedo; come c’è una danza per la pioggia ce n’è una per le immagini, e le parole sono le gocce per dimenticarle e poi ritrovarle.

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  1. [1]Tutte tranne l’ultima: quella buona che interrompe la ricerca.
  2. [2]Ovviamente la differenza tra la dinamica delle immagini e delle parole non è dovuta alla loro natura intrinseca, ma al fatto che le prime costituiscono il campo di destinazione finale, mentre le seconde costituiscono un campo intermedio.