Il modo in cui viviamo le emozioni fa la differenza fra una vita scialba, una vita squilibrata ed una vita ricca di momenti significativi. Per questo è così importante comprenderne il funzionamento. Ma quali sono le emozioni? Una lista di emozioni molto diffusa include gioia, paura, rabbia, tristezza, sorpresa e disgusto. Questo elenco corrisponde alle emozioni primarie individuate da Paul Ekman nel corso dello studio delle espressioni facciali. Le espressioni facciali delle emozioni primarie sono valide in molte culture diverse. Ciò indica che si tratta di componenti innate della personalità. Cinque di esse sono state impiegate per scrivere la sceneggiatura del film “Inside out”. Non a caso Paul Ekman è stato uno dei consulenti scientifici del noto film della Pixar.
Lo stesso gruppo di emozioni primarie è anche alla base del famoso libro Intelligenza Emotiva di Daniel Goleman, che si concentra in particolare sulla paura (collegata all’ansia), sulla rabbia e sulla tristezza (collegata alla depressione.)1
A partire dalle emozioni primarie è possibile costruire degli schemi geometrici nei quali le emozioni si combinano dando luogo a una molteplicità di stati intermedi. A questo tipo di costruzioni appartengono per esempio lo schema circomplesso ideato da Robert Plutchik. Plutchik individua otto emozioni fondamentali che dispone in cerchio in modo che ogni emozione si trovi in posizione opposta rispetto al suo contrario. Fatto questo, Plutchik aggiunge una serie di emozioni piu intense all’interno, ed una serie di emozioni meno intense all’esterno. É così che si ottiene il modello circomplesso delle emozioni.2
Anche gli autori di Inside Out hanno elaborato uno schema dove si costruiscono le possibili combinazioni a partire dalle emozioni principali.
Tutte queste diverse sfumature emotive possono essere l’occasione per un interessante esercizio di introspezione, ma soltanto alcune di esse hanno dei tratti caratteristici ben distinti dalle altre. Tra queste vi sono naturalmente le sei emozioni fondamentali individuate dagli studi sulle espressioni facciali (rabbia, paura, gioia, disgusto, tristezza, sorpresa) a cui si possono aggiungere vergogna, imbarazzo e, a seguire, colpa, disprezzo, amore, soggezione, dolore, invidia, compassione, orgoglio e gratitudine.3
Gli studi di Ekman sulle espressioni facciali costituiscono un approccio basato sull’osservazione del comportamento esteriore, mentre Robert Plutchik si focalizza su una visione delle emozioni di tipo evoluzionistico. Le neuroscienze affettive di Jaak Panksepp, invece, si focalizzano sull’indagine anatomica e biochimica delle strutture cerebrali in grado di generare l’esperienza emotiva. Le neuroscienze affettive confermano anzitutto che la rabbia e la paura sono emozioni di base. Il fatto che siano emozioni di base significa che esse sono dotate di circuiti nervosi specifici, i quali generano cambiamenti fisiologici e sensazioni interiori tipiche della rabbia e della paura.
Per quanto riguarda la tristezza, le neuroscienze affettive ne evidenziano l’origine sociale, indicando che si tratta di una forma di dolore dovuto alla mancanza dei propri simili. Il comportamento tipico attivato da questa emozione è quello del bambino che scoppia a piangere quando si accorge che la mamma è assente. Gli stessi circuiti nervosi sono attivi anche negli individui adulti, che però hanno sviluppato reazioni più elaborate e controllate rispetto ai bambini.
Le neuroscienze affettive includono nella lista delle emozioni di base anche tre forme di comportamento che conosciamo bene ma che non siamo sempre soliti considerare come emozioni. Questi sono l’eccitazione sessuale, la cura e il gioco. La cura può essere chiamata anche amore materno (benché sia presente sia nelle donne sia negli uomini). La cura è ben esemplificata dalla madre che abbraccia il bambino. Per quanto riguarda il gioco, l’esempio di riferimento é costituito dai bambini che si rincorrono con gioia a ruoli alterni.
L’ultima emozione di base individuata dalle neuroscienze affettive appare più inusuale rispetto alle altre, ma è molto importante. Si tratta di un livello generale di attività e di coinvolgimento nel mondo. In inglese si chiama seeking (ricerca). In italiano possiamo indicarla con l’espressione “voglia di fare“. Quando i circuiti nervosi di questa emozione hanno un’attività cronicamente bassa si parla di depressione. L’instaurarsi della depressione sembra collegato ad un’azione prolungata del dolore della solitudine.
Le neuroscienze affettive non annoverano il disgusto, la sorpresa e la gioia fra le emozioni fondamentali. Il disgusto è considerato come una forma di affettività diversa dalle emozioni, e viene accomunato ad alcuni tipi di dolore ed alle sensazioni gustative ed olfattive. La sorpresa invece è collegata al riflesso dello spavento.
Per quanto riguarda la gioia, le neuroscienze affettive la considerano come una composizione delle quattro emozioni di base a valenza positiva: cura, gioco, voglia di fare ed eccitazione sessuale. Questo naturalmente non va in alcun modo a prevenire l’esperienza della gioia. Al contrario, la comprensione della natura della gioia dovrebbe renderci più facile raggiungerla, ed anche mantenerla. È come se la gioia fosse un accordo emotivo complesso di cui si è finalmente intravista la formula.
Le emozioni positive individuate dalle neuroscienze affettive sembrano un buon punto di partenza per costruire uno stile di vita orientato al benessere e al coinvolgimento nel mondo. Noi crediamo che tale impostazione possa essere anche un approccio efficace contro la depressione.
Scriveva un famoso poeta ligure nel 1925: “Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama.”. A quanto pare, i neuroscienziati del ventunesimo secolo sembrano essere più ottimisti di Eugenio Montale. Sembrano offrirci dei suggerimenti utili a consolidare la felicità. La felicità non apparirebbe più simile ad una cresta sdrucciolevole; prenderebbe invece la forma di un altopiano abitabile.
1Goleman, Daniel. Intelligenza emotiva. Bur, 2011.
2Plutchik, Robert. “The nature of emotions: Human emotions have deep evolutionary roots, a fact that may explain their complexity and provide tools for clinical practice.” American scientist 89.4 (2001): 344-350.
3Ekman, Paul. “What scientists who study emotion agree about.” Perspectives on Psychological Science 11.1 (2016): 31-34.