La regolazione emotiva: Tre orientamenti

Una panoramica delle tecniche per gestire le emozioni

Regolare le emozioni è come essere un giardiniere. È come prendersi cura delle piante e dei fiori. Lo sviluppo della regolazione emotiva non ci fa “vivere di meno” e diventare, per cosí dire, più grigi e più scialbi. Le persone con una migliore autoregolazione emotiva hanno una vita interiore ricca di sfumature.1 Il nostro scopo ultimo non è quello di impedire all’emotività di manifestarsi, quanto quello di incanalarla in forme proporzionate e godibili.

Quando siamo presi dalla rabbia, dalla paura o dalla tristezza, questo dipende dalla nostra sensibilità emotiva, che è una parte della nostra personalità relativamente stabile nel corso del tempo. Come poi gestiamo la rabbia, la paura o la tristezza, questo invece fa parte della regolazione emotiva, ed è un arte che col tempo si può apprendere ed affinare. La sensibilità emotiva riguarda l’inizio di un evento emotivo, là dove la regolazione emotiva è l’insieme dei processi che si attuano successivamente, per gestire le dinamiche emotive in corso. 2

Sander Koole3 è l’autore di una rassegna sulle più diffuse tecniche per la regolazione delle emozioni, pubblicata nel 2009. In questo post ripercorriamo l’esposizione di Koole, in cerca dei suggerimenti più adatti per gestire la emozioni in base al nostro stile di vita.

Si possono individuare molteplici strategie di regolazione emotiva di varia natura. Si va dal rilassamento muscolare alla reinterpretazione cognitiva, dalla scrittura espressiva alla meditazione, passando per il controllo del respiro, la soppressione delle emozioni, lo sfogo della rabbia, l’esagerazione dell’espressione e diverse altre. Non è facile organizzare questo materiale teorico in modo sistematico.

Un primo approccio descritto da Koole consiste nell’ordinare queste tecniche in base al sistema su cui intervengono, considerato nell’ambito dell’organizzazione psichica della persona. Si hanno cosí le tecniche per controllare le emozioni che si focalizzano sul contenuto dell’attenzione (come quando ci concentriamo su un compito impegnativo per distrarci da un pensiero sgradito), quelle che agiscono sulla dimensione cognitiva del sapere-che (come quando reinterpretiamo uno sgarbo e ci rendiamo conto che non era diretto a noi), e quelle che agiscono sulla dimensione corporea (come quando cerchiamo di dissimulare un espressione di disappunto).

Tre orientamenti della regolazione emotiva.

Regolazione Emotiva: Tre orientamenti

Il secondo approccio descritto da Koole si concentra non tanto sui “mezzi” (attenzione corrente, sfera della conoscenza, azione fisica), quanto sugli scopi della gestione emotiva. Si hanno cosí tre grandi famiglie: le tecniche dirette ad ottenere un benessere emotivo immediato (tecniche edonistiche),4 quelle dirette al raggiungimento di un obiettivo, e quelle che mirano a stabilire un equilibrio generale della persona.

Questi approcci non danno luogo ad una classificazione esatta, completa e definitiva; sono piuttosto delle mappe utili per orientarsi nelle varie possibilità della regolazione emotiva.

L’Orientamento al benessere immediato

Le persone in cui prevale questo orientamento tendono ad evitare gli stimoli negativi, per esempio distogliendo facilmente lo sguardo da un volto ostile o da una circostanza sgradita. Quando però gli stimoli negativi si fanno più pressanti, e non è possibile evitare di prenderli in considerazione, allora si ricorre a fantasie emotivamente positive per bilanciare il sentimento negativo.

Da un punto di vista cognitivo, questa tendenza “edonistica” si può accompagnare ad una serie di pregiudizi difensivi fra cui la banalizzazione, il criticismo la dimenticanza selettiva delle informazioni che in qualche modo ci danno fastidio, come anche il commento dispregiativo verso gli altri. Un ruolo cognitivo difensivo è riscontrabile anche nei confronti verso il basso e nella creazione di un’immagine importante di sé stessi in un ambito non raggiungibile dalle minacce attuali.5

Da un punto di vista corporeo, la focalizzazione sui bisogni edonistici immediati può far si che il consumo eccessivo di cibo venga impiegato come forma di regolazione/compensazione emotiva, e meccanismi simili possono coinvolgere l’alcol o il tabacco. Anche l’esercizio fisico e la ricerca di vicinanza fisica (soprattutto nelle donne) possono essere interpretati in questo modo.

Ciò che accomuna le tecniche di questa famiglia è la focalizzazione sul qui ed ora e sul benessere emotivo nel breve termine, il che di per sé non è un problema, ed in una certa misura è anche necessario. Il punto dirimente è che un’eccessiva concentrazione su questo tema avviene a spese del benessere di lungo periodo.

L’Orientamento agli obiettivi e ai risultati

Questo orientamento della regolazione emotiva si distingue per la focalizzazione su obiettivi, risultati o compiti ben specificati e descrivibili in parole. Una tecnica tipica in questo ambito è impiegare completamente la propria attenzione nello svolgimento di un compito che richiede un grande impegno, col risultato di distrarsi dai pensieri che alimentavano l’emozione indesiderata. Se mi concentro su un progetto lavorativo, potrò evitare di pensare troppo ai problemi situati nell’ambito della mia relazione. Se invece mi dedico alla costruzione di una casetta nel bosco, potrò evitare di pensare ai problemi di lavoro. Vale la pena ricordare che la negazione diretta dei pensieri sgraditi, al contrario della distrazione, non è molto efficace, e risulta spesso nell’effetto opposto di promuoverli.

L’orientamento agli obiettivi si fonda su di una organizzazione verbale esplicita dei propri intenti e dei propri giudizi di valore sull’ambiente circostante. Questa impostazione si accorda bene con una rielaborazione cognitiva delle situazioni basata su una verbalizzazione esplicita.

Per quanto riguarda il controllo emotivo attraverso il corpo, la focalizzazione su obiettivi e risultati si associa ad un tentativo di moderare l’espressività corporea in modo più o meno consistente. Questo può accadere, ad esempio, nel corso di una trattativa con un cliente, piuttosto che durante un esame universitario. Tale forma di soppressione dell’espressione corporea delle emozioni, però, non è molto funzionale a diminuire le sensazioni emotive provate interiormente. Un paio di alternative possono essere un’espressione esagerata dello stato emotivo, oppure lo sfogo. Nemmeno queste strategie basate sul corpo, però, sembrano essere molto efficaci.6

Nel caso dell’orientamento ad obiettivi e risultati precisi, sembra che la via migliore non sia controllare le emozioni attraverso il corpo, bensì mediante la sfera cognitiva.

L’orientamento alla persona

L’orientamento alla persona prende in considerazione la persona nella sua interezza, lavorando per integrare diversi aspetti della personalità che spesso sono considerati come poli opposti: il corpo e l’anima, le emozioni negative e quelle positive, il controllo e l’ascolto.

Tra le attività che promuovo questa forma di integrazione vi è la meditazione, e nell’ambito delle pratiche meditative Koole cita in particolare la mindfulness. Nel corso di una sessione di mindfulness le persone sono invitate a prendere atto in modo oggettivo, non giudicante, delle proprie esperienze interne ed esterne.

Il processo di integrazione può prendere la forma di una riflessione che inserisce le emozioni in una prospettiva più ampia. Abbiamo cosí la possibilità di impiegare la scrittura espressiva per promuovere la formazione di una narrativa ordinata degli eventi accaduti. Il raccontare inserisce in una cornice di riferimento gli episodi che prima di essere raccontati erano disposti in formazione sparsa.

Similmente, l’elaborazione di una buona memoria autobiografica crea un contesto di ampio respiro dentro il quale si possono collocare gli eventi emotivi, attribuendo loro un significato sullo sfondo del nostro percorso di vita.

Stati emotivi distinti sono associati a schemi di respirazione distinti, motivo per cui la respirazione controllata è un metodo valido per la regolazione emotiva, in particolare per alleviare lo stress emotivo. Negli esercizi di respirazione si esercita sia un controllo sul corpo (imponendo un certo ritmo alla respirazione) sia un ascolto delle sensazioni fisiologiche collegate al respiro. Questo intreccio di azione sul corpo e di ascolto del corpo è un esempio di integrazione che ben si coordina con l’attitudine olistica dell’orientamento alla persona.

Un simile schema di interazioni controllo-ascolto si trova anche nelle pratiche di rilassamento muscolare. Queste consistono nell’alternare brevi momenti di tensione e di rilassamento muscolare, e la loro efficacia per la diminuzione di ansia e stress è migliore quando manteniamo l’attenzione concentrata sulle sensazioni muscolari.

Regolazione emotiva ed intelligenza emotiva

L'Arte della Regolazione Emotiva

L’Arte della Regolazione Emotiva

La regolazione delle emozioni è strettamente imparentata con la regolazione dell’umore, la gestione dello stress e l’intelligenza emotiva. Non è un caso che i vantaggi attribuiti alla regolazione emotiva siano simili a quelli attribuiti all’intelligenza emotiva: miglioramento della salute mentale, soddisfazione nelle relazioni, buona riuscita sul lavoro. Rispetto alla regolazione emotiva l’intelligenza emotiva include esplicitamente la capacità di riconoscere le emozioni, non soltanto di influenzarne il corso. Soprattutto, l’intelligenza emotiva riguarda anche la capacità di interagire con le emozioni degli altri.7 Chi vuole approfondire il tema dell’intelligenza emotiva può leggere il nostro articolo: “Intelligenza emotiva di Daniel Goleman. Una sintesi ed alcune idee nuove.”

Le emozioni fondamentali secondo le neuroscienze affettive

Alla luce della rassegna di Koole, potremmo dire che la nostra personale preferenza va ad un orientamento alla persona capace di promuovere l’autoregolazione emotiva mediante un’integrazione di tipo olistico. Tale azione di coordinamento dovrebbe includere nella propria regia anche la mediazione fra la ricerca del benessere immediato e la focalizzazione sui risultati da raggiungere nel futuro. Perché questa integrazione abbia luogo, un’articolata consapevolezza dei propri stati emotivi può essere d’aiuto.8 In quest’ottica riteniamo utile una riflessione a riguardo di quali siano le emozioni fondamentali dell’uomo. Koole, nel corso della sua rassegna, fa riferimento al modello teorico di Russell, secondo il quale le emozioni sarebbero identificate da un livello di attivazione e da una valenza che assume valori da piacevole a spiacevole. Noi pensiamo che tale visione sia posta ad un livello di astrazione troppo elevato,9 e preferiamo prendere come riferimento il punto di vista delle neuroscienze affettive, le quali individuano sette emozioni fondamentali di origine biologica: paura, rabbia, eccitazione sessuale, cura, gioco, pena della solitudine, ricerca/voglia-di-fare.10 Questa visione (che può anche essere posta in continuità con il modello componenziale di Scherer), può essere approfondita leggendo il nostro testo divulgativo “Le emozioni di base secondo Panksepp”.

Qui di seguito puoi trovare altri articoli sulla regolazione emotiva:

Regolazione Emotiva: Distrazione e Reinterpretazione

Gli effetti della regolazione emotiva su ansia e depressione

1“È dunque verosimile che la vita emotiva delle persone divenga più ricca nel momento in cui le persone apprendono nuove e più potenti metodi per regolare le proprie emozioni.” Koole 2009, pagina 31. (vedi nota 2)

2Questa descrizione della distinzione fra sensibilità emotiva e regolazione emotiva rappresenta il punto di vista di Koole, ma si può notare che un lavoro sufficientemente profondo di regolazione delle emozioni implica anche uno sviluppo dell’identità personale, la quale a sua volta può influire sulla nostra sensibilità emotiva. Per esempio, la rabbia spesso si scatena quando qualcuno ci manca di rispetto, là dove la mancanza di rispetto dipende dalle nostre aspettative, e dal nostro senso di identità, ovvero da quale è di volta in volta il “territorio da difendere”. Per esempio, se ci appassioniamo alla progettazione di un viaggio e lo consideriamo come se fosse una cosa esclusivamente nostra, potremmo anche risentirci nel caso in cui i nostri compagni di viaggio dovessero tardare a prepararsi al mattino, rendendo impossibile realizzare l’intero percorso che ci eravamo immaginati. Una persona che ha sviluppato un buon livello di consapevolezza emotiva dovrebbe invece ricordarsi che non può permettersi di considerare il viaggio come cosa propria, senza tener conto delle aspettative e dei bisogni delle altre persone. Se si impara a tener distinta la passione dal senso di possesso, cosí facendo si cambiano le frontiere della propria sensibilità emotiva.

Vediamo dunque che la distinzione tra sensibilità emotiva e regolazione emotiva sembra giustificata nel breve periodo, ma tende a sfumare quando si considera un intervallo di tempo più esteso e quando si dà un senso più ampio e profondo al concetto di regolazione emotiva, andando ad includere l’intero processo di crescita personale.

3Sander L. Koole (2009): The psychology of emotion regulation: An integrative review, Cognition & Emotion, 23:1, 4-41. DOI: 10.1080/02699930802619031

4“Le strategie orientate ai bisogni (need-oriented) regolano le risposte emozionali per promuovere la soddisfazione di bisogni edonistici” Koole 2009, pagina 21

5A riguardo di questi fenomeni si potrebbe anche parlare di distorsione della realtà, ma bisogna tener presente che tale espressione implica l’esistenza di un’idea oggettiva a riguardo di cosa sia la realtà, e non è cosí scontato che su questo tema sia sempre possibile trovare un completo accordo.

6“Anche se lo sfogo è ampiamente pubblicizzato, la ricerca indica che dare sfogo alla rabbia accresce la rabbia e l’aggressività (…). Presumibilmente, lo sfogo della rabbia mette benzina sul fuoco innalzando l’attivazione dei pensieri di rabbia e le tendenze all’azione (…), che a loro volta promuovono l’emozione della rabbia ed il relativo comportamento.” Koole 2009, pagina 25.

7Vale la pena osservare che calarsi in una rete di relazioni può essere considerato come un modo di creare attorno a sé un ambiente che favorisca la propria regolazione emotiva. In tal senso anche il concetto di regolazione emotiva finisce per assumere una connotazione sociale.

8“Una volta che la conoscenza rilevante alle emozioni è stata acquisita, questa conoscenza può essere d’aiuto nei successivi sforzi di regolazione emotiva. Specificamente, quando la conoscenza delle emozioni diventa più vasta e differenziata, nuove esperienze emozionali possono essere incorporate più facilmente negli schemi cognitivi esistenti.” Koole 2009, pagina 27.

9Scherer critica il concetto di ‘core affect’ sviluppato da Russell e Barrett, il quale individua le emozioni come dei punti in uno spazio bidimensionale determinato da attivazione e valenza. Secondo Scherer questo modello corrisponde ad una forma di elaborazione cognitiva a posteriori delle emozioni, ma non vi sono indicazioni che il piano bidimensionale di valenza e attivazione sia in qualche modo più primitivo di altre rappresentazioni delle emozioni. Riporto in proposito alcune citazioni di Scherer:

“Un problema centrale con la nozione di ‘core affect’ proposta da Russell (…) e Barrett (…) è che vi è soltanto un tentativo minimo di descrivere il meccanismo mediante il quale il ‘core affect’ è prodotto.”

“Secondo, entrambi Russell e Barrett dichiarano che il ‘core affect’, un punto in un semplice spazio valenza-attivazione, è la “primitiva” psicologica centrale per il sentimento degli affetti, ed è la base per tutta la successiva elaborazione, ovvero per la costruzione di una categoria emotiva. Questa affermazione non è né giustificata teoricamente né dimostrata empiricamente.”

“Questo non significa che la proiezione a due dimensioni sia ‘core’ nel senso di essere logicamente prioritaria o più originaria o più primitiva per quanto riguarda la ‘quantità’ di elaborazione subita. Al contrario, una proiezione a poche dimensioni è più verosimilmente un prodotto molto elaborato.”

Le citazioni sono tratte dalle pagine 1335-1336 di questo articolo:

Klaus R. Scherer (2009) The dynamic architecture of emotion: Evidence for the component process model, Cognition and Emotion, 23:7, 1307-1351, DOI: 10.1080/02699930902928969

10Jaak Panksepp and Lucy Biven, The Archaeology of Mind, Neuroevolutionary Origins of Human Emotions (New York: W.W. Norton & Company, 2012).

Manuel Cappello, Le emozioni di base secondo Panksepp, (Brescia, 2017)

Gli effetti della regolazione emotiva su ansia e depressione

Quali sono le strategie migliori per tenere un equilibrio nella nostra vita emotiva? In questo post descriviamo il risultato di uno studio1 effettuato sugli adolescenti, i cui risultati ci appaiono interessanti anche da un punto di vista più generale.

Nel bambino da 1 a 2 anni la regolazione emotiva dipende essenzialmente dall’influenza esterna dei genitori, mentre durante l’età compresa fra 3 e 5 anni aumenta l’importanza dei processi interiori, che naturalmente si intrecciano con fattori sociali, culturali e interpersonali. Negli anni fra 6 e 12 si sviluppano le competenze esecutive (per esempio attenzione, inibizione, memoria, pianificazione), che si accompagnano ad una maggiore consapevolezza delle emozioni e ad una migliore capacità di gestirle. Queste competenze continuano a svilupparsi nel corso dell’adolescenza (dai 13 ai 18 anni), con la messa a punto di processi cognitivi sofisticati quali l’assunzione delle prospettive altrui,2 il pensiero astratto e il processo decisionale. Aumenta cosí l’abilità dei ragazzi di impiegare le strategie di regolazione emotiva in modo efficace.

Da un’analisi della letteratura è possibile individuare almeno sei strategie di regolazione emotiva. Tra di esse, quelle che hanno un effetto tendenzialmente positivo sulla salute mentale sono:

  • la reinterpretazione dei fatti che hanno dato origine all’episodio emotivo (questa è una strategia nota almeno fin dai tempi di Aristotele)

  • l’accettazione che le proprie reazioni si svolgano senza opporre nessuna resistenza (su questo punto, in particolare, torneremo più avanti).

  • il problem solving, inteso come attività volta ad appianare gli ostacoli e a cambiare le situazioni sfavorevoli

Le strategie tendenzialmente negative per la salute mentale sono invece:

  • l’evitamento degli stimoli e delle situazioni che producono esiti emotivi indesiderati (questo può funzionare nel breve periodo, ma alla lunga gli effetti negativi, per esempio l’ansiosità, prevalgono.)

  • la soppressione della sensazione emotiva e della sua espressione nel comportamento.

  • La ruminazione mentale, intesa come forma di riflessione ripetitiva e sterile su cause e conseguenze dell’esperienza emotiva corrente.

Strategie di regolazione emotiva

Lo studio a cui facciamo riferimento si occupa di verificare il legame fra queste sei strategie di regolazione emotiva e i sintomi di ansia e depressione negli adolescenti fra i 13 ed i 18 anni. Schäfer e colleghi hanno realizzato una meta-analisi in cui sono stati analizzati statisticamente i risultati di 35 studi realizzati fra il 1990 ed il 2015. I risultati della meta-analisi confermano quanto ci si aspettava dalle premesse: i soggetti che prediligono la ruminazione, l’evitamento e la soppressione sono più coinvolti nei fenomeni di ansia e depressione, mentre i soggetti che favoriscono le strategie di rielaborazione, il problem solving e l’accettazione sono meno coinvolti.3

Quanto detto finora riguarda il dato oggettivo messo in luce dai risultati sperimentali. È chiaro che questi risultati supportano l’accettazione delle emozioni in senso lato, nonché lo sviluppo delle capacità di problem solving e di rielaborazione. E sconsigliano la soppressione delle emozioni, l’evitamento e la ruminazione. Bisogna però tenere presente che questi dati rappresentano la media di molte situazioni personali qualitativamente disparate, e non vanno presi come regole definitive, bensì come una base per lo sviluppo di approcci teorici di più ampio respiro, nonché di soluzioni personalizzate in base alle situazioni specifiche delle persone coinvolte. A tal proposito vorremmo aggiungere al dato oggettivo un nostro commento personale.

Il valore dato all’accettazione richiama l’attenzione sulla necessità di scegliere interpretazioni culturali che sappiano incanalare i nostri istinti emotivi dando loro soddisfazione. Questo non significa però che dobbiamo farci star bene qualsiasi sviluppo emotivo spontaneo, perché non ci siamo solo noi, ci sono anche gli altri, e noi scegliamo una visione culturale nella quale prendersi cura degli altri è importante. Sia benvenuta dunque l’accettazione, ma intesa come proprietà generale di una comprensione profonda, di una visione culturale ampia che sappia anche porre un limite al libero corso delle emozioni. Tanto per capirci, quando siamo arrabbiati sarebbe disastroso accettare l’istinto di dare un pugno ad un amico. Sembra meglio sopprimere questo istinto sul momento, e poi tornare a discutere dell’episodio in un secondo momento, per giungere ad una comprensione condivisa che ci consenta, a quel punto sì, di trovare un sentimento di accettazione verso il nostro stato emotivo. Vediamo dunque che la soppressione è in determinati casi funzionale ad uno sviluppo positivo delle relazioni sociali. Quello che si può sconsigliare è piuttosto la soppressione reiterata ed abituale dell’esperienza emotiva.

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Regolazione Emotiva: Distrazione e Reinterpretazione

La regolazione emotiva: Tre orientamenti

1Schäfer, Johanna Özlem, et al. “Emotion regulation strategies in depressive and anxiety symptoms in youth: A meta-analytic review.” Journal of youth and adolescence 46.2 (2017): 261-276.

2“Perspective taking” in inglese.

3La ruminazione e l’evitamento hanno una correlazione positiva medio-grande coi sintomi di ansia e depressione. La soppressione ha una correlazione positiva piccola. La rielaborazione e le capacità di problem solving hanno una correlazione negativa medio-piccola. L’accettazione ha una correlazione negativa medio-grande.

La differenza dell’effetto di queste strategie fra depressione e ansia è limitata. Segnaliamo che l’accettazione è più efficace contro la depressione, e che l’evitamento favorisce maggiormente la depressione. Per quanto riguarda le differenze di età, nel corso dello studio non si sono rilevati effetti statistici significativi.

Regolazione Emotiva: Distrazione e Reinterpretazione

Le emozioni nascono da come percepiamo le situazioni in cui ci troviamo. Da ciò seguono due possibilità fondamentali di regolare l’emotività: possiamo intervenire sulla situazione materiale, oppure sul nostro modo di interpretarla.

Per intervenire sulla situazione possiamo decidere quali sono i luoghi ed i contesti sociali che vogliamo frequentare, oppure possiamo agire fisicamente per cambiare la situazione corrente. Per intervenire sull’interpretazione possiamo distogliere l’attenzione da ciò che ci dà più fastidio, oppure fare uno sforzo di re-interpretazione, ad esempio cercando di capire le ragioni di chi ci ha fatto arrabbiare. Un’altra possibilità è quella di modificare il comportamento che segue alla percezione di una certa emozione, per esempio dissimulando la rabbia anziché manifestarla.

Nel suo articolo sulla regolazione delle emozioni,1 James Gross si dilunga molto sulle possibilità di modellizzare questi aspetti. Da un punto di vista concreto mi pare che vi siano almeno un paio di indicazioni interessanti da riportare. La prima è che la soppressione delle emozioni negative (rabbia, ansia, paura) non è generalmente una strategia valida. La seconda è che la reinterpretazione della situazione non funziona bene quando l’emozione che si vorrebbe ridurre è intensa, là dove invece ciò che funziona bene è la distrazione. Il suggerimento di Gross è dunque quello di approcciare le situazioni che generano emozioni negative intense con una fase di distrazione seguita da una successiva reinterpretazione.

A questa indicazione di Gross vorrei aggiungere alcune osservazioni. Per distrarsi dal pensiero di un evento che ci ha fatto arrabbiare, la strategia più valida non è il rifiuto esplicito di pensarlo, quanto piuttosto lo spostamento dell’attenzione su un’alternativa nella quale coinvolgersi.2 Dovendo dunque scegliere un’alternativa, mi sembra logico scegliere di focalizzarsi su una forma di esperienza che abbia radici profonde e robuste nella nostra organizzazione psichica. Ad esempio, possiamo concentrarci su un’emozione fondamentale alternativa alla rabbia, quale è il prendersi cura di qualcuno (il prendersi cura è un’emozione fondamentale secondo le neuroscienze affettive di Jaak Panksepp).

Quando poi viene il momento di reinterpretare un evento che ci ha fatto arrabbiare, una strategia premiante è, come già accennato, cercare di capire le ragioni di chi ci ha fatto arrabbiare. Questa strategia però non è sempre semplice da attuare. Può allora essere d’aiuto se per un momento accettiamo di vestire i panni di Socrate e ci rendiamo conto di non sapere. Se noi pensiamo di aver capito già tutto di quella persona che ci ha fatto arrabbiare, allora non ci sarà spazio per la reinterpretazione. Dobbiamo prima riconoscere di non sapere i motivi esatti che la spingono ad agire. Solo così potremo attivare la curiosità (la curiosità è legata all’emozione della ricerca/voglia di fare, che rappresenta un’altra emozione fondamentale nell’ambito delle già citate neuroscienze affettive) ed assumere uno sguardo alternativo a quello della rabbia.

Riassumendo: quando ci prendiamo cura di una persona a noi cara ne riceviamo una gratificazione ed un significato profondo, il quale funziona bene come punto di ripartenza per staccarsi dal vissuto negativo che vogliamo lasciarci alle spalle. Quando poi torniamo a riflettere su tale vissuto, può essere utile richiamarsi alla formula socratica del sapere di non sapere. Questa favorisce la curiosità e una reinterpretazione efficace della situazione, non eccessivamente centrata su sé stessi.

POST SCRIPTUM: IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE RELAZIONALE

Credo opportuno soffermarsi anche su di un altro aspetto. Abbiamo già accennato al fatto che quando si cercano alternative robuste alla ruminazione sulle emozioni negative sarebbe meglio sintonizzarsi su dimensioni del vivere profondamente radicate nella nostra interiorità. Per questo ha senso praticare il prendersi cura di qualcuno, in quanto si tratta di un’emozione fondamentale (al pari di quelle negative che si vogliono contrastare), anziché imbarcarsi in una lunga razionalizzazione che rischia di alimentare la ruminazione negativa.

A questo va aggiunto che tipicamente le emozioni emergono da una situazione sociale, e che l’essere in situazione sociale è un tratto profondo della nostra esperienza di vita, ad esempio più dei concetti astratti e della razionalità, i quali arrivano nella nostra vita molto tempo dopo la predisposizione a cogliere la presenza degli altri individui. Non solo, la predisposizione alla relazione è anche indipendente dal sistema degli oggetti materiali, ai quali a volte diamo troppa importanza (creando i presupposti di conflitti che generano emozioni negative).

Quanto appena detto può essere scontato per qualcuno, ma non per tutti. A tal riguardo vale la pena ricordare che il bambino piccolo può sviluppare una comprensione adeguata degli oggetti materiali solo dopo che ha imparato ad afferrarli e ad osservare le conseguenze delle sue manipolazioni.3 Per quanto riguarda invece la predisposizione a polarizzare l’esperienza attorno agli altri individui, è dimostrato che il neonato sviluppa un’attenzione preferenziale alla forma del volto ancora prima della nascita.4 L’importanza della relazione con le altre persone non è costruita sul mondo materiale, bensì una radice indipendente del vivere.5 6 Credo che questo sia un aspetto importante da comprendere per chi vuol venire a capo della propria emotività senza lasciare fuori qualche pezzo troppo importante.

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La teoria delle emozioni di Klaus Scherer: il modello componenziale

1James J. Gross (2015) Emotion Regulation: Current Status and Future Prospects, Psychological Inquiry, 26:1, 1-26, DOI: 10.1080/1047840X.2014.940781

2Mann, T., de Ridder, D., & Fujita, K. (2013). Self-regulation of health behavior: Social psychological approaches to goal setting and goal striving. Health Psychology, 32(5), 487-498. http://dx.doi.org/10.1037/a0028533

In questo articolo gli autori notano che “Specificare cosa non fare sembra avere un effetto contrario, perché dà risalto alla tentazione, rendendola più desiderabile e più difficile da controllare” e “Poiché gli obiettivi di raggiungimento tendono ad essere più efficaci degli obiettivi di evitamento, una strategia di intervento potrebbe essere di riformulare gli obiettivi di evitamento in obiettivi di raggiungimento”

Il contesto non è quello della regolazione delle emozioni negative, ma si tratta comunque di evitare il coinvolgimento in una concatenazione di pensieri che tendono ad instaurarsi ma che preferiremmo evitare.

3Larry Fenson & Robert E. Schell (1985) The origins of exploratory play, Early Child Development and Care, 19:1-2, 3-24, DOI: 10.1080/0300443850190102

4Vincent M. Reid, Kirsty Dunn, Robert J. Young, Johnson Amu, Tim Donovan, Nadja Reissland, The Human Fetus Preferentially Engages with Face-like Visual Stimuli, Current Biology, Volume 27, Issue 12, 2017, Pages 1825-1828.e3, https://doi.org/10.1016/j.cub.2017.05.044.

5Confronta: “Dunque, la teoria dell’attaccamento riflette uno stacco dalla teoria della dipendenza e degli istinti collegata ai bisogni fisiologici, in direzione di una teoria di risposte istintuali primarie che funzionano per promuovere l’interazione sociale, comparativamente indipendente dai bisogni fisiologici”

Victoria A. Fitton (2012) Attachment Theory: History, Research, and Practice, Psychoanalytic Social Work, 19:1-2, 121-143, DOI: 10.1080/15228878.2012.666491. Pagina 122.

6Per una visione filosofica centrata su questo primato della dimensione sociale si può fare riferimento all’idea del volto così come è espresso nella filosofia di Emmanuel Lévinas, ad esempio nel libro Totalità ed Infinito.