La depressione può svilupparsi indipendentemente dal sentimento della rabbia, e solitamente nasce da situazioni di perdita ed abbandono. È possibile però che le manifestazioni di rabbia si innestino in modo perverso sulla depressione, dando luogo ai casi più severi e tenaci. Questo può succedere, ad esempio, quando la rabbia si presenta come rabbia verso sé stessi.
Uno studio molto interessante del 2008, pubblicato da Belden e colleghi, rintraccia un collegamento fra la depressione e la rabbia verso se stessi già nei bambini in età prescolare: “I comportamenti autolesionistici nel corso delle crisi di rabbia sono stati raramente riscontrati nei bambini in età prescolare con l’eccezione dei soggetti con depressione maggiore.”1 (I comportamenti autolesionistici possono ad esempio includere: sbattere la testa, trattenere il respiro, colpirsi, mordersi).
La rabbia diretta verso se stessi potrebbe essere all’origine di un fenomeno riscontrato di frequente nella sindrome depressiva: la svalutazione del sé. Tale punto di vista era già presente nel famoso scritto di Freud del 1917, Lutto e Melanconia. Lutto e melanconia erano i termini impiegati da Freud per descrivere degli stati mentali che al giorno d’oggi chiameremmo depressivi. Nella visione di Freud, la melanconia rappresentava una forma più grave del lutto ed era contraddistinta da una forma di aggressività verso il sé che si aggiungeva al mancato interesse verso il mondo (la mancanza di interesse verso il mondo è a tutt’oggi considerata un tratto caratteristico della depressione), provocando cosí un calo dell’autostima. 2 3 4 5 6 7
Per approfondire il tema dell’interesse come emozione fondamentale, leggi anche: Carroll Izard e le emozioni
La distinzione fra le due differenti forme depressive di cui parlava Freud è successivamente passata in secondo piano. In particolare “…il ruolo primario dell’aggressività è stato più tardi messo in dubbio (…) specialmente dai proponenti della teoria cognitiva.”8 A tutt’oggi, nel DSM 5 (il più importante manuale di riferimento per i disturbi mentali), nella sezione dedicata alla depressione maggiore negli adulti, il termine irritabilità è impiegato soltanto a livello descrittivo, e non figura fra i criteri diagnostici veri e propri.9 La maggior parte degli operatori ritiene comunque che nel trattamento della depressione sia rilevante affrontare anche il tema della rabbia, ed esistono degli studi che mostrano statisticamente l’associazione fra rabbia e depressione.10
“La ricerca più recente suggerisce che oltre il 50% dei pazienti con depressione maggiore (MDD) fa esperienza di irritabilità e rabbia manifeste…”. Ed inoltre: “La frequenza degli attacchi di rabbia nella MDD (depressione maggiore) varia dal 33% (…) al 44%…”. Questa notevole diffusione delle manifestazioni di rabbia nell’ambito della patologia depressiva si associa ad “…una maggiore severità della depressione, livelli di ansia più elevati, e una maggiore probabilità di avere un disturbo della personalità…” 11 12 13 14
La distinzione fra irritabilità, sentimento della rabbia e crisi di rabbia disegna una sorta di scala di intensità emotiva delle manifestazioni della rabbia. Accanto a tale scala di intensità emotiva troviamo anche il tentativo, da parte della ricerca, di individuare la parte cognitiva collegata a questi stati emotivi. Si può allora parlare, con alcune leggere differenze, di ostilità, o di interpretazione ostile.15 16 In generale, è possibile affermare che l’interpretazione ostile sia facilitata dagli stati depressivi, cosí che situazioni ambigue e non apertamente avverse vengano giudicate in modo inadeguato con l’attribuzione di intenzioni ostili.17
Vi sono alcune modalità di interazione con la rabbia che si trovano di frequente fra i pazienti depressi.18 Una di queste è la negazione, con la quale ci si rifiuta di prendere atto del proprio sentimento ostile e quindi non si vanno ad indagare ne tanto meno a risolvere le radici che hanno originato il sentimento di ostilità.19 La negazione della rabbia può essere a volte “controbilanciata da uno sforzo accresciuto di aiutare gli altri. Le questioni intrapsichiche e interpersonali che hanno dato origine alla rabbia, comunque, rimangono irrisolte, continuando ad alimentare i sentimenti e le fantasie di ostilità.”20 Nel caso della proiezione invece, succede che “la rabbia verso gli altri viene negata e vista come se fosse espressa dagli altri verso sé stessi.”21 L’aggressività passiva è un altro modo non costruttivo di esprimere la rabbia. Si parla di aggressività passiva quando si adottano dei comportamenti di ostilità mascherata evitando il confronto chiaro e diretto. Esempi ne sono il far finta di non capire, evitare ripetutamente un incontro con delle scuse, fingere che il rispetto sia stato mantenuto, dimenticarsi di fare qualcosa o farlo al di sotto delle proprie capacità. I comportamenti di aggressività passiva, oltre a non risolvere il problema di partenza, rischiano di suscitare il fastidio delle persone che ci stanno intorno.22
È comunemente accettato che la depressione si origini da un’esperienza di perdita di un “oggetto” (molto spesso una persona, come ad esempio un partner, un parente o un amico, ma anche un lavoro, una situazione o un ideale23) al quale si era molto legati. La perdita di tale oggetto carico di affettività implica una fase di rielaborazione dei propri “investimenti emotivi” nel mondo. La fase di rielaborazione può farsi più difficoltosa se il nostro rapporto con l’oggetto che abbiamo perso era complicato da istinti di natura aggressiva. Secondo lo psicoanalista americano Leo Stone, “È molto più difficile rinunciare ad un oggetto amato ed indispensabile che desideriamo punire od uccidere, senza poterlo fare, piuttosto che ad un oggetto che è stato genuinamente e largamente amato.”24
Sempre secondo Leo Stone, “Quello che è certamente vero da un punto di vista clinico, nel mio personale campo di osservazione è che i pazienti depressi mostrano sia un ideale dell’ego (il super-ego) con delle richieste molto esigenti, sia una rimarcabile incapacità di rinunciare o a cambiare radicalmente gli obiettivi stabiliti su tale base”25. Questa forma di narcisismo è la base per un’insoddisfazione per sé stessi e quindi per un giudizio e una critica molto aggressivi nei confronti di alcuni aspetti di sé: “Non vorrei dare l’impressione che tutti gli individui che diventano depressi siano ‘personalità narcisistiche’ (…). Credo comunque che alcuni tratti narcisistici giochino usualmente un ruolo decisivo nella genesi delle forme più severe e tenaci di depressione.” 26
Stone considera valida la distinzione introdotta da Freud e accetta l’idea che vi sia una sorta di fondo depressivo (mancanza di interesse verso il mondo) innescato da una forma di abbandono o di perdita. È su tale fondo che poi si possono innestare delle dinamiche peggiorative, in cui la rabbia ha un ruolo rilevante. Secondo alcuni psicoanalisti, incluso il medesimo Stone, l’indirizzamento dell’aggressività verso il sé può essere mediato dall’identificazione con una persona desiderata verso la quale nutriamo anche dei sentimenti di forte critica. “Ciò che ho osservato quasi invariabilmente è una lampante identificazione con l’oggetto, ambivalentemente perpetuato, deludente o svalutato, per lo più in una modalità auto-punitiva. Raramente queste identificazioni portano con sé gli aspetti positivi…” 27
Nell’ambito della teoria psicoanalitica (che, ricordiamolo per chiarezza, fa capo a Freud e si distingue dall’indirizzo cognitivo per una maggiore enfasi sull’inconscio, sul passato, sugli eventi accaduti nell’infanzia e su un lungo processo di interpretazione) i sensi di colpa nella patologia depressiva sono spesso associati a delle forme di aggressività verso sé stessi.28 Le neuroscienze affettive contemporanee danno alla pena della solitudine il ruolo di emozione fondamentale dell’uomo, e nel fare ciò offrono la possibilità di una differente interpretazione dei sensi di colpa, che forse possiamo pensare come parallela a quella suggerita dalla tradizione psicoanalitica.
I sensi di colpa provengono da comportamenti socialmente inadeguati, fra cui per esempio una manifestazione eccessiva di rabbia. I sensi di colpa possono provocare sia dei fenomeni di evitamento (per timore del giudizio degli altri) sia la sensazione di distanza dal gruppo di appartenenza, come se fossimo soggetti ad una sorta di rifiuto. Da questo può seguire anche un contributo emotivo negativo sotto forma di sentimento di abbandono e solitudine. Si tratta naturalmente di dinamiche complesse che variano da caso a caso, ma appaiono molto importanti se ci ricordiamo che la depressione tende ad originarsi proprio da situazioni di abbandono, di solitudine, di perdita della persona o dell’oggetto amato. 29
Per approfondire il legame fra la depressione e l’abbandono, leggi anche: La depressione e il pianto
Vi è anche un altro modo, più generale, con cui la rabbia provoca un peggioramento del tono affettivo. Nel corso di un’arrabbiatura si può provare una forma di soddisfazione o di liberazione, in particolare nel momento in cui si da sfogo al proprio sentimento. Nel suo complesso però, l’esperienza della rabbia è spiacevole, e le persone sempre arrabbiate non sono felici. Le manifestazioni della rabbia spostano l’equilibrio delle nostre atmosfere emotive verso il lato negativo. In particolare, la rabbia focalizza la nostra attenzione sul torto subito e sull’azione da compiere contro il supposto “nemico”. La rabbia stabilisce una sorta di stato di emergenza concentrando le risorse sul problema immediato da risolvere, e questo accade a scapito della sensibilità per tutto il resto della situazione in cui ci troviamo. In tal senso, è come se la rabbia ci impedisse di goderci i paesaggi che attraversiamo nel corso delle nostre giornate. Ciò è particolarmente significativo se pensiamo che la natura più intima della depressione sta nell’incapacità di provare piacere per le cose che ci accadono e per le attività che compiamo.
Un approfondimento sullo “stato di emergenza” indotto dalla rabbia si trova in questo articolo: Lo Stress e la Depressione
Nei pazienti depressi manca spesso un’adeguata competenza a gestire gli stati emotivi della rabbia: “Una bassa autostima, colpa e paura della punizione spesso li conducono a cedere agli altri in modi che esasperano ulteriormente la loro bassa auto-stima. Questo tipo di persone manca di pratica nell’esprimere la propria rabbia e quando lo fanno, possono esprimerla in modo passivo o in una maniera apertamente aggressiva. (…) i pazienti temono che l’espressione della loro rabbia possa danneggiare le relazioni importanti.” 30
A partire da tali presupposti si rivela opportuno un lavoro per accrescere la consapevolezza del proprio stato emotivo, osservandone le manifestazioni fisiologiche, riconoscendone i motivi scatenanti, ricollegando la propria esperienza a quella visibile nelle altre persone, nonché sviluppando un vocabolario appropriato per descrivere le dinamiche e i risvolti del sentimento della rabbia. Si rende importante anche il miglioramento della capacità di comunicare in modo adeguato le proprie esigenze; cosí che si possano approcciare i conflitti in anticipo, quando ancora sono gestibili.31 32 33
Sul nostro sito abbiamo già pubblicato alcuni articoli che consentono di approfondire temi quale la rabbia repressa, la rabbia verso il partner, la gestione degli scatti d’ira e lo sfogo della rabbia. (a questo link pubblicheremo a breve una guida riassuntiva di tali articoli: la psicologia della rabbia). Qui ci limitiamo ad aggiungere un’osservazione che si ricollega al nesso fra rabbia e narcisismo.
In generale, la rabbia nasce da un mancato rispetto dei nostri desideri e delle nostre aspettative su come dovrebbero andare le cose nel mondo. Nel caso del narcisismo le aspettative sul proprio ruolo sono molto elevate e vengono facilmente sconfessate quando ci si incontra con la realtà. Una stima esagerata di sé stessi è il presupposto per essere feriti facilmente e per arrabbiarsi contro gli altri oppure contro noi stessi (per non essere stati all’altezza dell’ideale di riferimento). In un caso del genere, potrebbe essere d’aiuto esercitare un piccolo atto di coraggio riconoscendo ciò che veramente siamo e accettando i nostri limiti. Con l’avvertenza che accettare i nostri limiti non è veramente un atto di rinuncia, quanto piuttosto la condizione di possibilità perché un percorso di trasformazione personale possa davvero avvenire. In un certo senso, è come se dovessimo anzitutto andare a prendere noi stessi nel luogo dove ci troviamo. Soltanto in un secondo momento, dopo aver scoperto dove siamo, potremo (finalmente) incamminarci verso un altrove.
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Il contenuto di questo articolo non sostituisce il parere del medico e del professionista abilitato.
BIBLIOGRAFIA
Belden, Andy C., Nicole Renick Thomson, and Joan L. Luby. “Temper tantrums in healthy versus depressed and disruptive preschoolers: Defining tantrum behaviors associated with clinical problems.” The Journal of pediatrics 152.1 (2008): 117-122.
Busch, Fredric N. “Anger and depression.” Advances in Psychiatric Treatment 15.4 (2009): 271-278.
Carhart-Harris, Robin L., et al. “Mourning and melancholia revisited: correspondences between principles of Freudian metapsychology and empirical findings in neuropsychiatry.” Annals of General Psychiatry 7.1 (2008): 9.
Cassiello‐Robbins, Clair, and David H. Barlow. “Anger: The unrecognized emotion in emotional disorders.” Clinical Psychology: Science and Practice 23.1 (2016): 66-85.
Luutonen, Sinikka. “Anger and depression—Theoretical and clinical considerations.” Nordic Journal of Psychiatry 61.4 (2007): 246-251.
Pasquini, M., et al. “Relevance of anger and irritability in outpatients with major depressive disorder.” Psychopathology 37.4 (2004): 155-160.
Smith, Hillary L., et al. “Hostile interpretation bias in depression.” Journal of affective disorders 203 (2016): 9-13.
Stone, Leo. “Psychoanalytic observations on the pathology of depressive illness: selected spheres of ambiguity or disagreement.” Journal of the American Psychoanalytic Association 34.2 (1986): 329-362.
Winkler, Dietmar, Edda Pjrek, and Siegfried Kasper. “Gender-specific symptoms of depression and anger attacks.” Journal of Men’s Health and Gender 3.1 (2006): 19-24.
1Belden 2008, p. 121.
2“Per riassumere i processi chiave coinvolti nella depressione cosí come sono stati descritti da Freud: la malattia è innescata dalla perdita di un oggetto imbevuto da un livello particolarmente intenso di catessi libidinale, si verificano un ritiro forzato della catessi, una regressione della libido nell’ego, un giudizio critico dell’ego basato sul suo fallimento di essere all’altezza degli ideali, e un simultaneo attacco dell’ego da parte di emozioni represse provate verso l’oggetto perduto.”
Carhart-Harris et al. 2008, p. 9.
3“La melanconia ci mostra l’ego diviso, spezzato in due parti, delle quali una si accanisce contro la seconda. Questa seconda parte è quella che è stata alterata dall’introiezione e che contiene l’oggetto perduto. Ma nemmeno la parte che si comporta cosí crudelmente ci è sconosciuta. Essa comprende la coscienza, un agente critico all’interno dell’ego, che anche in tempi normali assume un’attitudine critica verso l’ego, benché mai in modo cosí incessante e cosí ingiustificabile”
Carhart-Harris et al. 2008, p. 9. (tutto questo passo è una citazione di Freud)
4“Nel suo classico Lutto e Melanconia, Freud presentò la sua concettualizzazione della depressione, in base alla quale la perdita di un oggetto attuale primario è trasformata in una perdita dell’ego e l’odio verso l’oggetto primario è ritirato e diretto verso il sé.”
Luutonen 2007, p. 247.
5“Per rapportarsi alla perdita, il paziente internalizza un aspetto di quell’individuo. La rabbia verso quella persona tuttavia, diviene ora direzionata verso la parte del sé identificata con quell’individuo, conducendo ad autocritica, rimprovero e depressione”
Busch 2009, p. 272. (descrivendo la posizione di Freud)
6Leo Stone riprende la distinzione di Freud, e cosí si esprime (Stone nel 1986 usa il termine ‘depressione’ là dove nel 1917 Freud scriveva ‘melanconia’): “La depressione è uno stato affettivo complesso, che nasce sulla base del mourning….” Stone 1986, p. 339.
7Dopo aver osservato che il cuore dei vari fenomeni depressivi sono dei “vari gradi di perdita di interesse e di efficacia nel mondo…”, Stone osserva che i sensi di colpa e il calo di autostima non sono intrinseci a questa base depressiva, ma vi si possono aggiungere: “Mentre la colpa o una ridotta autostima possono contaminare questi fenomeni, essi non sono intrinseci al mourning in quanto tale.” Stone 1986, p. 337.
8Luutonen 2007, p. 246. E la citazione così continua: “Uno dei punti di partenza di Beck nel formulare la sua teoria cognitiva della depressione fu il rigetto (..) di tale associazione”.
9“Nel DSM 5 (…) Descrittivamente, l’irritabilitá è impiegata nel descrivere le caratteristiche diagnostiche della depressione, benché non sia un criterio diagnostico.”
Cassiello Robbins 2016.
10“In pratica, molti terapisti, indipendentemente dal loro orientamento terapeutico, sembrano pensare che la rabbia abbia un qualche ruolo nelle dinamiche della depressione.” Luutonen 2007, p. 246.
11Per tutte e tre le citazioni vedi Cassiello-Robbins e Barlow 2016 (numero di pagina assente).
Nota che una maggiore severità dei sintomi a causa della comorbiditá con rabbia elevata si osserva anche in PTSD, GAD, OCD.
12Considera anche: “L’esperienza degli attacchi di rabbia è più comune nelle fasi depresse del disturbo bipolare rispetto alla depressione maggiore.” Cassiello Robbins e Barlow 2016 (numero di pagina assente).
13Sembra che i momenti di irritabilità non varino in frequenza fra uomini e donne, mentre gli attacchi di rabbia sono più frequenti negli uomini: “Nel nostro campione di 151 pazienti depressi circa tre quarti soffriva di irritabilità accresciuta durante l’episodio depressivo, ma non c’erano differenze significative tra uomini e donne nella frequenza dell’irritabilità. Gli uomini comunque, soffrivano due volte più spesso delle donne di attacchi di rabbia. Inoltre, la frequenza di questi attacchi era circa tre volte più alta negli uomini.” Winkler et al. 2006, p. 20.
14Sull’importanza della rabbia per la depressione si veda anche: “Abbiamo ottenuto una soluzione di tre fattori che rende conto del 47,4% della varianza totale. I fattori sono stati interpretati come ‘rabbia/irritabilità’, ‘depressione’, e ‘ansietà’, rispettivamente. La dimensione della rabbia/irritabilità era clinicamente rilevante nel 23% dei pazienti. La rabbia/aggressività era molto frequente (21,6%), là dove l’attivazione psicomotoria era infrequente (0.9%).”
Pasquini et al. 2004, p. 155.
15“L’ostilità è considerata una componente cognitiva della rabbia che, ad alti livelli, è teorizzata essere la causa del sospetto abituale verso gli altri e del comportamento difensivo o aggressivo verso gli altri dovuto a minacce percepite – spesso erroneamente…” Smith et al. 2016, p. 3.
“Il bias da interpretazione ostile è un bias di processazione dell’informazione che riflette la tendenza dell’individuo ad assumere un intento ostile oppure aggressivo nelle azioni degli altri. Anche se questo costrutto si sovrappone intrinsecamente con la componente cognitiva dell’ostilità, il bias da interpretazione ostile non misura la disposizione aggressiva.” Smith et al. 2016, p. 4.
In un senso l’ostilità dovrebbe essere cognitiva, in quanto “componente cognitivo della rabbia”, ma in un altro senso, nel venire contrapposta all’interpretazione ostile sembra vestirsi di una componente emotiva (per comprendere meglio la questione sarebbe meglio andare a vedersi esattamente il contenuto dei questionari impiegati per effettuare le misurazioni di queste variabili.)
In linea generale mi sembra probabile che tra cognitivo ed emotivo vi sia (anche a seguito di una lunga interazione avvenuta nel corso dello sviluppo) una sorta di continuum. E allora diventa difficile distinguere dove una supposta irritazione possa essere riconducibile ad una maggiore attività dei circuiti più profondi del sistema emotivo della rabbia, e dove invece l’origine dell’irritazione sia collocabile nei mini-carichi emotivi naturalmente portati da ciascun componente della rete cognitiva.
16“Complessivamente, i risultati suggeriscono che il bias da interpretazione ostile possa giocare un ruolo unico nella depressione e possa essere una caratteristica trattabile dei meccanismi interpersonali che mantengono la MDD.” Smith et al. 2016, p. 2.
17“In una recente revisione della letteratura esistente, una sbagliata percezione delle interazioni sociali era mediatrice nella relazione fra depressione e difficoltà interpersonali…” Smith et al. 2016, p. 3.
18“I meccanismi di difesa trovati nelle osservazioni cliniche e negli studi di ricerca su persone con depressione includono la negazione, la proiezione, l’aggressività passiva, la formazione reattiva e l’identificazione…” Busch 2009, p. 273.
19“La negazione mantiene la rabbia dell’individuo e altri sentimenti conflittuali fuori dalla coscienza.” Busch 2009, p. 273.
20Busch 2009, p. 273.
21Busch 2009, p. 273.
22“Nell’aggressione passiva, la rabbia è espressa indirettamente attraverso comportamenti trattenuti. Questi comportamenti tipicamente inaspriscono i problemi interpersonali, in quanto gli altri si arrabbiano nei confronti dell’individuo.” Busch 2009, p. 273.
23Cf. Stone 1986 a pagina 333-334
24Stone 1986, p. 351.
25Stone 1986, p. 341.
26Stone 1986, p. 357.
27Stone 1986, p. 356.
28“Insieme alla tristezza e all’impossibilità di essere amati, il disappunto e il rifiuto spesso innescano le reazioni arrabbiate verso le persone viste come sorgente di queste esperienze dolorose. Come descritto sopra, questa rabbia innesca sentimenti di colpa e meccanismi di difesa intesi a proteggere gli altri di cui si ha bisogno. La rabbia diviene diretta a se stessi, abbassando ulteriormente l’autostima, creando un circolo di vulnerabilità narcisistica e rabbia…” Busch 2009, p. 273.
29Stone 1986 fa riferimento ai sensi di colpa nella depressione a pagina 337. Ne riconosce l’importanza senza però concedere loro il ruolo di sintomo caratteristico (patognomonico) della depressione.
30Busch 2009, p. 275.
31“Sembra che una gestione esplicita della rabbia possa essere presente o meno nel trattamento. In ogni caso, è molto spesso implicitamente presente sotto forma di incoraggiamento all’assertività.” Luutonen 2007, p. 249.
32“In conclusione, sia elicitare la consapevolezza dell’esperienza della rabbia da un lato e allenare a non agire ciecamente in base ad essa dall’altro, sembrano essere importanti nel trattamento dei pazienti con depressione.” Luutonen 2007, p. 250.
“Potrebbe essere una questione di equilibro tra l’esperire la rabbia e la capacità di esprimerla adattivamente.” Luutonen 2007, p. 250.
33“Gli approcci cognitivo-comportamentali non concepiscono la rabbia come un fattore determinante della depressione, e la gestione della rabbia non è considerata centrale al trattamento.” Busch 2009, p. 271.
“Molti medici, comunque, continuano a vedere la rabbia come un fattore clinico significativo nel trattamento dei loro pazienti.” Busch 2009, p. 271.
“Più in generale, quindi, molti pazienti con depressione hanno difficoltà con la modulazione e la gestione dei sentimenti e delle fantasie della rabbia.” Busch 2009, p. 271
“Aiutare i pazienti a modulare e controllare i contrasti interpersonali e l’impatto negativo della loro rabbia è una parte importante del loro trattamento.” Busch 2009, p. 271.
“Ricerche sul legame tra rabbia e depressione hanno indicato o un accrescimento nella rabbia diretta verso l’esterno, oppure un maggior grado di rabbia repressa nei pazienti con depressione (Luutonen 2007)…” Busch 2009, p. 271.