La rabbia è una finestra psicologica sull’intimità della persona che si arrabbia. Ci arrabbiamo quando vengono toccate le nostre aspettative, e per difenderci mettiamo in atto una reazione tesa a riaffermare i nostri diritti. Il problema è che dobbiamo stare attenti a non calpestare le aspettative e i diritti altrui. In un certo senso il sentimento della rabbia è una sorta di sentinella della nostra identità.1 Dovremmo imparare a riconoscerne i segnali più lievi ed impercettibili. Così da dare a questo sentimento una forma verbale appropriata, quando ancora si presenta come un’esigenza di cui è lecito chiedere il rispetto.
SUL NOSTRO SITO SONO PRESENTI UNA SERIE DI ARTICOLI SULLA PSICOLOGIA DELLA RABBIA, CHE PRENDONO SPUNTO DALLE NEUROSCIENZE AFFETTIVE DI JAAK PANKSEPP. QUI DI SEGUITO NE POTETE TROVARE UNA BREVE SINTESI.
La rabbia monta con una spirale negativa di ragionamenti che si auto-rinforzano; per calmarci dobbiamo disattivare questo meccanismo. Per farlo ci servono dei compiti con cui tenere occupato il pensiero, delle iniziative che funzionino da distrazione nei confronti della rabbia. Verrà più tardi il momento in cui saremo tranquilli e potremo tornare a riflettere su quanto accaduto, per elaborare una diversa interpretazione dei fatti.
Ci sono molte attività che possono funzionare come distrazione. Potremmo, per esempio, preparare un viaggio, riordinare la stanza, guardare un film o fare esercizio fisico. Una particolare menzione merita la cura: prendersi cura di qualcuno implica un’emotività positiva in grado di bilanciare la negatività della rabbia. Anche l’umorismo può rivelarsi utile, quando allenta la tensione sociale che ha dato luogo alla rabbia.
PER APPROFONDIRE: ATTACCHI DI RABBIA E SCATTI D’IRA
Quando due persone fanno la scelta di stare vicine l’una all’altra, è davvero facile “pestarsi i piedi” e arrabbiarsi. Le manifestazioni di rabbia assumono un ruolo particolare quando avvengono nell’ambito di un rapporto di coppia. Se gestite nel modo sbagliato diventano il punto di attrito su cui sedimentano i sentimenti negativi. Ma, se comprendiamo gli schemi tipici che governano il conflitto fra uomo e donna, allora gli episodi di rabbia possono anche diventare l’occasione per conoscersi meglio. La rabbia, infatti, rivela quanto più ci sta a cuore.
PER APPROFONDIRE: LA RABBIA VERSO IL PARTNER: IL RUOLO DELICATO DEL DESIDERIO.
Si sente parlare spesso della possibilità di “sfogare la rabbia” distruggendo qualcosa. In letteratura sono presenti alcuni articoli che mostrano come tale approccio sia tendenzialmente sbagliato. Vi sono in proposito due punti da tenere ben presenti. Il primo è che la rabbia si disattiva se si disinnesca la rappresentazione dell’offesa che le aveva dato origine, non se si esauriscono le energie fisiche prodotte dalla rabbia. Se mi rendo conto che l’offesa ricevuta non era in realtà diretta verso di me, la mia rabbia e l’alterazione fisica scompaiono in una frazione di secondo, senza bisogno di “buttar fuori” nessuna energia fisica.
Il secondo punto da tenere presente è che, a titolo di esempio, se prendo a pugni un cuscino rimanendo focalizzato sulla persona che mi ha offeso, allora non miglioro di molto il mio stato d’animo. Se invece faccio attività fisica come forma di distrazione, senza pensare a chi mi ha offeso, questo può aiutare.
PER APPROFONDIRE: SFOGARE LA RABBIA?
Il concetto di rabbia repressa implica la difficoltà ad esprimere correttamente la propria rabbia. La soluzione però non dovrebbe essere quella di mostrare agli altri la parte peggiore di noi stessi. La soluzione dovrebbe essere la coltivazione della capacità di comunicare le nostre esigenze. Può sembrare scontato, ma a volte consumiamo un intero discorso senza riuscire a dire in modo chiaro di cosa abbiamo bisogno e cosa ci da fastidio. Se invece riuscissimo a parlare delle cose che per noi sono importanti, gli episodi di arrabbiatura, poi, potrebbero sembrarci meno difficili da affrontare. Perché smetterebbero di diventare il simbolo di un’incapacità sistematica di farsi valere.
Le espressioni di rabbia sono già presenti nei bambini di pochi mesi, ma i veri problemi, per i genitori, iniziano più tardi, quando si allarga la sfera d’azione del bambino. Ciò accade solitamente attorno ai due anni d’età. In questa fase dello sviluppo il bambino non è ancora in grado di modulare la propria emotività, e la rabbia si può manifestare in modo scomposto con azioni distruttive verso oggetti e persone. Padroneggiare le manifestazioni più intense è un’arte difficile. Ci si chiede fino a che punto è giusto lasciar perdere, quando bisogna intervenire, e come si può intervenire. Soprattutto, al di là della difficoltà immediata posta da queste crisi, si desidera comprendere fino a che punto il comportamento del bambino rientra nella normalità, e quando invece è il caso di rivolgersi ad uno specialista. Nell’articolo dedicato alla rabbia nei bambini abbiamo riportato una serie di indicazioni che dovrebbero essere d’aiuto per i genitori desiderosi di approfondire il tema.
Per affrontare il tema della rabbia con i bambini puó essere utile raccontare una storia. Il film Inside Out della Pixar ci offre una buona opportunitá di farlo. Ne parliamo nell’articolo Inside Out e la psicologia della Rabbia.
La rabbia da luogo ad uno stato di attivazione fisiologica che ci rende pronti ad un possibile scontro immediato con il “nemico” responsabile dell’offesa. Se però per qualche motivo lo stato di rabbia diventa un’abitudine mentale, ne risulta una sorta di stato fisiologico di allarme permanente. La conseguenza di questa focalizzazione continua sul pericolo imminente è che vengono sottoposte ad un lavoro eccessivo alcune componenti dell’organismo, come ad esempio il sistema cardiovascolare. Al tempo stesso vengono sottratte risorse a parti dell’organismo che in uno stato di emergenza non risultano prioritarie, come ad esempio l’apparato digestivo. Non è un caso che la rabbia sia associata a problemi cardiovascolari e digestivi.
Il tema dell’allarme permanente riguarda anche la paura e l’ansia, ed è strettamente collegato al fenomeno dello stress. Per un approfondimento consigliamo il nostro articolo sullo stress e sulla depressione.
Il dibattito sulla relazione fra rabbia e depressione attraversa la storia della filosofia. Nel suo famoso articolo del 1917, Mourning and Melancholia, Freud descrisse una distinzione fra una sorta di fondo depressivo generalizzato, e una patologia depressiva specifica e più grave. La differenza era riconducibile ad un atteggiamento aggressivo rivolto verso il sé. Con l’avvento della psicologia cognitiva l’importanza assegnata alla relazione fra rabbia e depressione è calata notevolmente, salvo essere “riscoperta” in anni più recenti. Sono ormai disponibili degli studi, infatti, che mostrano una forte presenza dell’irritabilità e degli attacchi di rabbia fra i soggetti affetti da depressione, ed il tema merita senza dubbio un approfondimento. A questo link puoi trovare il nostro articolo su rabbia e depressione.
Uno scatto di rabbia manifesto, o anche soltanto accennato, è il segno che siamo stati toccati nel vivo, e diventa un’ottima occasione per guardarsi allo specchio. Riflettere su ciò che ci da fastidio sembra un buon modo per scoprire i nostri nodi interiori. L’intenzione è quella di crescere e di diventare persone migliori, capaci di difendere in modo intelligente il sorriso: il nostro sorriso, nonché quello della famiglia e degli amici. Noi crediamo sinceramente in questa trasformazione, ma pensiamo anche che debba avvenire prendendosi del tempo. Per questo è forse opportuno esercitare un pizzico di autoironia: per non pensare di avere trovato troppo presto la soluzione, per concedere alla stratificazione dei contenuti di giungere a maturazione.
I nostri articoli sulla rabbia si inseriscono in un progetto di ricerca più ampio sulle emozioni, ispirato dalle neuroscienze affettive di Jaak Panksepp. Uno psicologo importante con una visione molto prossima a quella delle neuroscienze affettive è Carroll Izard. Sia nel discorso di Panksepp sia nel discorso di Izard le emozioni non sono soltanto dei momenti circoscritti di particolare intensità affettiva. Entrambi questi autori assegnano alle emozioni l’importante ruolo di sorgenti del nostro essere cosciente, sorgenti senza le quali la vita mentale non sarebbe possibile.
Copyright Manuel Cappello 2021
Il contenuto di questo articolo non sostituisce il parere del medico o del terapista abilitato.
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1Confronta: “In both psychodynamic therapy and cognitive constructive therapy, the mobilization of emotions is considered essential for psychotherapeutic change. Anger is needed for individuation.” (il grassetto è nostro) Luutonen – 250